giovedì 7 febbraio 2019

Vietato avere fretta

Un paio di settimane fa ho scritto la prima recensione su questo blog (se te la sei persa e vuoi leggerla, la trovi qui). In breve, notavo come la fretta di pubblicare dell'autrice sia stata alla base dei numerosi problemi che ho riscontrato in quel romanzo: errori di battitura e di grammatica, una trama poco coerente, personaggi piatti e in alcuni casi niente più che semplici meccanismi narrativi per far progredire la storia e spiegare dettagli importanti al lettore, un'ambientazione che lascia aperti troppi dubbi, con particolari dell'ambiente e dei personaggi che talvolta vengono dimenticati o persi per strada. Essenzialmente, tutti i problemi che ritrovo nei miei primi racconti.

La questione è questa: il primo romanzo, specialmente se scritto in adolescenza, risentirà inevitabilmente dell'inesperienza dell'autore. Della sua tendenza a inserire dettagli autobiografici, a forzare una morale nella storia e a identificarsi nel protagonista. E di quella strana convinzione che, una volta scritta la storia, la parte più lunga e difficile sia finita, e che tutto ciò che resta da fare sia correggere qualche errore che può essere sfuggito. Niente di più sbagliato. La revisione, o editing che dir si voglia, è la parte più lunga e più laboriosa dell'intera faccenda. O almeno, dovrebbe esserlo.

È nel corso della revisione che si scrive davvero la storia. Molto può cambiare, interi capitoli possono essere riscritti o addirittura eliminati. Perché una volta che hai tutto, dall'inizio alla fine, e che te sei separato per un po' di tempo, puoi riprenderla in mano e leggerla come se l'avesse scritta un estraneo, e cercare di capire che cosa ha senso e che cosa no. Capire che cosa funziona e che cosa, pur essendo "fico", no. Capire dove puoi aggiungere un dettaglio che anticipa la soluzione di un problema, in modo che questa non giunga all'improvviso, come calata dal cielo. Non lo sapevi, mentre scrivevi il romanzo, che ti sarebbe servito; ma avendone una visione d'insieme, tutto cambia. Capire che hai trascurato le conseguenze di una scelta di un personaggio, e inserirle laddove serve. Capire che alcuni dettagli di ambientazione, o la battuta di un personaggio che avevi inserito solo perché ti piacevano o per un capriccio, hanno effettivamente un senso se riveli più tardi la connessione tra loro, invece di lasciarli così come sono, fili strappati di una trama ancora grezza.

Lo so che in quest'epoca di comunicazioni istantanee e di viaggi sempre più rapidi, abituati come siamo ad avere tutto ciò che desideriamo al più presto possibile, si è perso un po' il gusto della lentezza, del fare con metodo e pazienza. Ma la verità è questa: scrivere un romanzo, e scriverlo bene, richiede tempo. Richiede più passaggi, più riletture e più correzioni di quante ne puoi immaginare all'inizio. Perciò spendici tutto il tempo che serve, non avere fretta. Sarà tempo speso bene, se puoi assicurarti di non mandare in giro per il mondo una storia grezza con il tuo nome sopra. Hai solo una possibilità di fare una prima buona impressione. Certo, puoi correggerlo in seguito, o scriverne un altro che sia più maturo, migliore. Ma quei primi lettori che non hai conquistato, difficilmente torneranno indietro. Quindi non avere fretta.

A meno che... a meno che tu non sia come me. A meno che tu non ci stia lavorando ormai da troppi anni, con una limatura di seguito all'altra, mai contento, mai soddisfatto. In questo caso, il consiglio che ti do e che mi do è un altro: finisci il dannato romanzo. Finiscilo. Deciditi una buona volta su dove vuoi mettere quell'ultima virgola, e su quale sinonimo usare per quell'ultima parola, e scrivi la parola fine. Non saprai mai se qualcuno amerà la tua storia, e non avrai mai il tempo di scriverne un'altra, se non ti sbrighi a finire il tuo primo romanzo.

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