giovedì 9 aprile 2020

Gli unicorni non esistono


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– Gli unicorni non esistono – era solita ripetere Merry a tutti gli adulti che la interrogavano sull'argomento. Avevo notato quella stranezza perché Merry era disposta ad ammettere, seppure con qualche dubbio, l'esistenza di fate, sirene, draghi, folletti, o persino di cose spaventose come fantasmi e lupi mannari. – Forse, da qualche parte, ci sono – diceva lei, – ma io non li ho mai visti.
Il che rendeva ancora più interessante la sua assoluta certezza sugli unicorni.
Un altro dettaglio che cozzava con la sua affermazione era il suo cane, che Merry amava alla follia e che si portava sempre appresso. Estate o inverno, non lo avevo mai visto privo di una tutina candida, con tanto di cappuccio da cui spuntava un cornino dorato. Mi era sembrato bizzarro che Merry lo avesse chiamato Nuvola Rosa e che insistesse nel farlo vestire così, dato che non credeva agli unicorni. Ma quando glielo avevo chiesto, lei si era limitata a farmi un sorriso furbetto e a rispondere: – Appunto, non è un travestimento perfetto?
Avevo archiviato la questione sotto l'etichetta "logica da bambini" e per un po' avevo lasciato perdere l'incoerenza di Merry, considerando che quella fosse solo una fase e che le sarebbe passato. Poi io mi ero trasferito e la vita mi aveva portato altrove, e non avevo più pensato a Merry che non credeva agli unicorni e al suo cane travestito come uno di loro.

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Fu solo quando tornai al mio vecchio appartamento per mostrarlo a una coppia di affittuari, anni più tardi, che scorsi Merry uscire di casa accompagnata dal suo cagnolino. Lei si era fatta grande, era diventata una ragazzina ormai, e io non l'avrei riconosciuta se non fosse stato per Nuvola Rosa, sempre avvolto in quel ridicolo completino, proprio come lo ricordavo.
Lei non mi vide nemmeno.
Volevo salutarla, così la seguii, ma Merry camminava svelta e poi s'infilò in un dedalo di vicoli, dalla parte della città vecchia, e lì la persi. Stavo per rinunciare, quando sentii uno scalpitare di zoccoli sul selciato, e la sua voce sussurrante, dolce, frammista alle risate. Allora lasciai che la sua voce mi guidasse, e quando svoltai in un vicolo cieco la vidi di spalle, che tendeva la mano verso il muso di quello che pareva un maestoso cavallo bianco, solo che era più snello di un cavallo, più grazioso, e la coda e la criniera erano rosa, e sulla sua fronte svettava un corno ritorto e dorato.
La creatura nitrì e Merry si voltò e spalancò occhi e bocca in un'espressione spaventata, poi allargò le braccia, con fare protettivo, tra me e quella cosa.
Io... non ero del tutto certo di quello che avevo visto. Perché quando mi strofinai gli occhi, incredulo, e li riaprii, dietro Merry c'era solo un cagnetto in un completino da unicorno. Anche se mi sentivo sciocco, lo indicai e provai a chiedere lo stesso.
– Quello era... quello era... un vero unicorno, giusto?
– Ma certo che no – rispose prontamente Merry, incrociando le braccia. – Gli unicorni non esistono!
Non provai a insistere, tanto ero sicuro che non sarei riuscito a farglielo ammettere. La salutai, che in fondo era il motivo per cui l'avevo seguita, ma nel guardarla andar via con il cagnolino che le trotterellava appresso, mi tornò in mente la sua frase di tanti anni prima, e non potei fare a meno di pensare che sì, Merry aveva ragione: un cane con addosso quel buffo costume era il travestimento perfetto per un unicorno.

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