giovedì 7 maggio 2020

La più segreta tra le società segrete


Immagine ritagliata, originale liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Andrea Piacquadio from Pexels


Gli appunti del vecchio erano confusi. Aveva desiderato per tutta la vita entrare in quella che lui chiamava "i giochi", la più antica e la più segreta tra le società segrete. E un giorno era sparito, lasciandosi dietro solo una marea di carte disordinate e vaneggianti. Verso la fine, almeno secondo la mia ricostruzione, scriveva di aver scoperto che per accedere ai giochi era necessaria "una parola d'ordine senza parola, un codice cifrato senza cifre": per quanto mi sforzassi, quello era un enigma che non sapevo risolvere. Nel suo taccuino non rintracciai alcun indizio, se non una parola ripetuta più volte, collegata da frecce a ogni menzione della parola d'ordine: "dentro".
Non che volessi seguire il suo esempio, e rincorrere per il resto dei miei giorni un'improbabile società occulta la cui esistenza mi lasciava scettico. Volevo solo scoprire che fine avesse fatto il vecchio, se era ancora vivo oppure no.
Ebbi la mia risposta in una notte di tempesta in cui mi ero attardato più del solito a cercare di decifrare i suoi appunti alla luce delle candele, sprofondato nel vortice dei suoi deliri massonici e complottisti. Un lampo, e nel rettangolo di luce sul pavimento si allungò un'ombra. Alzai gli occhi e lo vidi, pallido e grinzoso, contro lo sfondo scuro delle nubi temporalesche. Non feci in tempo a chiedergli dove fosse stato, che il vecchio avanzò, ma non camminando: appariva e spariva, come l'immagine proiettata da una lanterna magica, sempre più vicino. Quando mi fu dinnanzi, mi strappò di mano il taccuino rilegato in pelle, e mi disse solo questo, in tono imperioso: "Non cercare!"
Dopodiché svanì, e riapparì nel giro di qualche istante vicino alla finestra, con il taccuino in mano e un dito davanti alle labbra, e quella fu l'ultima volta che lo vidi.
Quando la voce del mio incontro con il vecchio si sparse, la gente iniziò a mormorare che fosse morto, che io avevo visto il suo fantasma, e che lo spettro ancora infestasse la sua casa. Ma io non lo credo. Io penso, piuttosto, che abbia trovato quello che cercava, e che i suoi appunti non esagerassero circa i poteri misteriosi di quella gente. Quella "parola d'ordine senza parola, codice cifrato senza cifre" mi restò piantato nella mente ma ormai, senza i suoi appunti, non avevo modo di scoprirne il significato.
Fu solo negli anni cinquanta, quando due giovani americani svelarono la struttura fondamentale della vita, che arrivai a formulare una mia teoria su quale fosse il codice che consentiva l'accesso ai "giochi". Il vecchio aveva scritto che vi si partecipava prevalentemente per diritto di nascita, e dunque il dna, o un particolare gene o un gruppo di essi, era un ottimo candidato per identificare senza errore i membri. Una parola d'ordine che non poteva essere scoperta né utilizzata da una spia. Quanto agli esterni che qualche volta, di rado, venivano accettati, non faticavo a immaginare che gli appartenenti a quella società segreta disponessero di un mezzo, un mezzo scientifico, che imponesse agli aspiranti quel necessario mutamento, che inoltre poteva spiegare i poteri straordinari che il vecchio descriveva nei suoi appunti, e che avevo visto all'opera nel suo continuo andirivieni dalla realtà del visibile a quella dell'invisibile. Un dono degno della più segreta tra le società segrete.
Il vecchio era stato accettato, o era stato punito per averli cercati. Le sue ultime parole, dunque, assumevano un significato diverso a seconda di quale conclusione scegliessi di credere. In un caso, erano una minaccia. Nell'altro, un avvertimento.
Non avevo intenzione di sprecare la mia vita a indagare più a fondo, perciò in entrambi i casi erano superflue. Suppongo che quale sia stato il suo destino, io non lo saprò mai.

Nessun commento:

Posta un commento