giovedì 21 maggio 2020

Troppo bello


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C'era un blocchetto per gli appunti che Nina non aveva mai usato. Era diverso dai quadernetti a righe da due soldi che Nina sottraeva alle sue scorte di materiale scolastico, quando aveva bisogno di fogli per scrivere le sue poesie. Questo aveva una vera copertina di cartone spesso, come gli album delle foto o come i libri antichi, e una spirale di metallo a tenere insieme le pagine. La carta dei suoi fogli era spessa, liscia e con un lieve riflesso, non del tutto bianca ma di una sfumatura lavanda, e i bordi erano decorati da una filigrana floreale, la stessa che abbracciava l'immagine dipinta sulla copertina. La madre glielo aveva regalato con il suo primo stipendio del laboratorio, ma mentre lo sfogliava con reverenza sul rozzo tavolo di legno della cucina, Nina scuoteva leggermente la testa e ripeteva che era "demasiado lindo", troppo bello, per poter essere usato.
– Perché no?
Aveva insistito la madre, e a quel punto Nina aveva dovuto spiegarle che non voleva macchiarlo, e che spesso buttava giù delle idee per non dimenticarle, e in seguito le correggeva, cancellava, scarabocchiava, o addirittura strappava via la pagina quando sentiva di non riuscire a dare la forma giusta al suo pensiero.
– È perfetto. A scriverci sopra, rischierei solo di rovinarlo.
E così quel regalo, che Dora aveva pensato sarebbe stato molto utile data la passione della figlia, trovò spazio sulla libreria in camera della ragazzina, e da lì non si mosse più.
Per anni. Fino all'incidente, e all'incendio.
La casa di Nina era fuori dal perimetro di sicurezza, perciò fu una delle poche risparmiate, e dopo che la squadra di decontaminazione ebbe dato il via libera, Nina e il padre, come i loro vicini, poterono tornare nelle rispettive dimore, e provare a far finta che nulla, nel quartiere spagnolo, fosse cambiato.
A parte il fatto che Dora non sarebbe mai più rientrata.
Nina si chiuse in camera quella notte, e cercò il blocchetto per gli appunti che sua madre le aveva regalato. Il dono più prezioso, conservato intatto, per non rovinarlo. Ma anche quello non era come lei lo ricordava.
Le pagine color lavanda erano ingiallite dal tempo, la carta spessa si era fatta ondulata e la filigrana floreale non era più l'unico segno su quei fogli intonsi: puntini scuri d'umidità e di muffa si allargavano qua e là, trapassando le pagine e sbiadendo nelle successive.
Nina non lo aveva mai usato, ma il blocchetto per gli appunti troppo bello e costoso per contenere le sue poesie da adolescente emotiva era ormai irrimediabilmente rovinato.

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