sabato 15 giugno 2024

Whist

Whist s. ingl. inv.; in it. s.m. (solo sing.) Gioco di carte simile al bridge.

Etimologia: voce di origine inglese, di etimo incerto, forse derivata da un incrocio tra il verbo whisk, "spazzare, spolverare", ma anche "guizzare via", e l'espressione whist!, "zitto!", che si riferisce al silenzio obbligatorio per i giocatori.



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Foto di Rusanthan Harish da Pexels


Gileann era sotto di ventitré punti e non aveva più carte di draghi da giocare. Non era il caso di regalare ai suoi avversari la regina di fate, perciò la scelta era tra scartare un misero tre di ondine o cercare di prendere il cavaliere di draghi con uno dei suoi elfi, che per quella mano erano i vincenti. Per quanto poco valesse un cavaliere, erano pur sempre punti, ma Gileann doveva considerare anche i tre assi che non erano stati giocati.
– Che ti succede, occidentale? Non c’è magia in questa mano? – lo sbeffeggiò il giocatore alla sua destra. – O forse dovrei dire: in queste carte?
Non era raro che i giocatori si sfottessero durante una partita di whist, come in tutti i giochi in cui la concentrazione era necessaria; ma il modo lento con cui erano state pronunciate le ultime parole indussero Gileann a dare all’uomo una seconda occhiata. Era un tizio pallido, con baffi sottili, un pizzetto deformato dal ghigno e la testa rasata sotto a un basco grigio. La tunica di lana grezza dalle cuciture allentate era in parte fuori dalle brache, ma la cintura in pelle di teraptide era chiusa da un’elaborata fibbia d’argento e le sue unghie erano curate e pulite. Quando staccò la destra dal ventaglio di carte per farla scivolare verso una sacchetta in seta di Varelya appesa alla cinta, Gileann mollò le carte, si alzò in piedi, gli torse il braccio dietro la schiena e gli sbatté la testa sul tavolo.
– Un dannato baro – biascicò agli altri due. Bastò a farli rilassare e a impedire che si intromettessero: l’ometto stava vincendo e non aveva amici a quel tavolo. Gileann si abbassò per sussurrargli all’orecchio: – So riconoscere un travestimento quando ne vedo uno. E il tuo è pessimo, mago.
Alzò gli occhi dal viso furibondo per assicurarsi che non avesse un compare in sala, pronto a intervenire con qualche abracadabra; poi proseguì: – Ascoltami bene e vedi di riferirlo anche al tuo arcimago o a chi ti ha mandato: io ho bruciato il mazzo di carte Symbolon di mio padre. Non mi andava di essere perseguitato per tutta la vita da voialtri per qualcosa che comunque non avrei saputo come usare, è chiaro? E ora vattene prima che ti dimostri che la mia mano è più veloce della tua mente.
Gileann lo lasciò andare via e si sedette. Erano rimasti in tre e non si poteva giocare in tre a whist. Ma ben presto un uomo dai capelli scuri si avvicinò a loro.
– Serve un quarto? Mi hanno appena cacciato dal tavolo dei dadi, oggi madama Fortuna è con me! – esclamò. Quando si fu seduto, mentre le carte venivano rimescolate, bisbigliò a Gileann: – Ho visto ciò che hai fatto. Ci vuole fegato a minacciare un mago. Se qui non stai vincendo e ti servono soldi, potrei avere proprio il lavoro che fa per te.

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