venerdì 28 giugno 2024

Yak

Yak voce tibetana; in it. s.m. inv., pr. adatt. Grosso ruminante dal pelame lungo, folto e ondulato, di colore scuro, con lunghe corna, allevato sugli altipiani del Tibet.

Etimologia: voce di origine tibetana, dalla parola gyag, "yak".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero


Alcyone mi tirò per la manica e mi indicò un manifesto appeso a una bacheca di legno.
La assecondai e mi fermai a leggere. – Cercasi Bue Longicorna per il viaggio della Gran Sacerdotessa Amaveradora di Oire.
La pergamena era corredata dal disegno di un bovino con un paio di corna esagerate, cavalcato da una bellissima fanciulla circonfusa di luce. Stando a quanto c’era scritto, il tempio si serviva da anni dallo stesso allevatore per i pellegrinaggi della sacerdotessa. Tuttavia, pochi mesi prima, quel tizio aveva ceduto l’intera mandria a un mercante per darsi alla coltivazione di legumi, lasciando letteralmente a piedi la sacerdotessa.
Fischiai. – Tutta la mandria? Quello sì che ci sa fare col commercio. Se avessi la metà del suo talento, a quest’ora non ci troveremmo a dover lavare i piatti per guadagnarci un pasto. A tal proposito, forse è meglio se cerchiamo una taverna a corto di personale…
– No, no, Trevis! Guarda! – Alcyone staccò un manifesto che copriva la sommità del primo e lesse la scritta a lettere cubitali: – Ricompensa: 2000 ducati.
Ecco, ora quel pezzo di pergamena aveva la mia totale attenzione. – Dobbiamo procurarci un Bue Longicorna. Subito!
Alcyone assunse quello sguardo Quello che voleva dire che da lì a poco le cose si sarebbero messe molto male per noi, ed esclamò: – Io sono stata uno yak, una volta!
Sospirai. Le mie conversazioni con lei tendevano a ruotare attorno a quel genere particolare di logica che la gente normale avrebbe definito follia. Dal mio punto di vista, però, ero più matto io che le andavo dietro e che ormai non mi chiedevo più se quello che mi diceva fosse vero o falso.
– Ma questo qui non è uno yak. È un Bue Longicorna. E scusa, devo ricordarti quello che è successo l’ultima volta che abbiamo tentato una cosa del genere?
Alcyone già non mi ascoltava più. Si legò il nastrino rosso al polso e iniziò a cantilenare la formula magica fatta di sillabe incomprensibili, sbrilluccichii vaganti e cose del genere.
– Oh, dei del cielo, lo sta facendo di nuovo! – Mi girai. Non volevo vederlo.
Non appena Alcyone si fu trasformata nella bestia del manifesto, si avvicinò a noi una vecchina con un sacchetto. – Buon uomo, mi vu-vuoi vendere la tua mu-mucca? – mi chiese, incespicando un po’ nelle parole. – In cambio ti po-posso dare non tre, non cinque, ma un sa-sacchetto pieno di fagioli ma-magici…
– No! Non vendo niente. Via, sciò! – sbottai, esasperato. – Non è possibile. Da quando quel Jack si è messo a raccontare la sua storiella, ogni contadino della zona si sente in dovere di tentare di fregare chiunque giri accompagnato da un capo di bestiame!

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