lunedì 13 gennaio 2020

La scettica e la sognatrice


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Ivan Oboleninov da Pexels


Eravamo identiche. Avevamo gli stessi capelli, gli stessi occhi, gli stessi vestiti. Avevamo persino, entrambe, quel piccolo neo a lato del naso, e lo stesso tatuaggio sul lato inferiore del polso.
Eppure, nel profondo, lei non era come me. Non era affatto come me.
Fin da quando eravamo bambine, lei aveva sempre fatto il contrario di ciò che facevo io. Se io andavo a destra, lei andava a sinistra. Se io allungavo una mano per toccarla, lei mi respingeva con l'altra. E se io le voltavo le spalle, continuavo a sentirmi comunque addosso il suo sguardo critico e sprezzante.
Sua era la voce che mi frenava ogni volta. A ogni mio slancio, a ogni idea, a ogni pindarico volo di fantasia lei rispondeva con una pacata logica che mi era impossibile confutare. Contrapponeva ai miei "potrei" i suoi "non puoi", e ostacolava i miei "vorrei" con un'intricata selva di "non hai tempo, non sai come si fa, non sei capace".
Non riuscivo più a sopportarla, ma neanche ad allontanarmi da lei, o a smettere di ascoltarla. In fondo, tutto ciò che le chiedevo era di poter sognare in pace, e di essere lasciata libera di realizzare i miei sogni. Come potevo farlo, con la sua voce che mi ricordava ogni volta la distanza tra la mia vita e i miei desideri?
È per questo che l'ho uccisa.
Lei era la mia ombra, il mio riflesso nello specchio, la mia gemella.

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