lunedì 27 gennaio 2020

Messaggio al cioccolato


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Prima che scadesse il tempo, Sharona prese la sac à poche e scrisse il mio nome sulla glassa al cioccolato, ancora tiepida e lucida. Voltai lo sguardo inorridito dalla torta a forma di cuore al suo volto, alle sue labbra tirate in un insolito, lieve sorriso. Non aveva mai dato segno di provare per me nient'altro che uno sdegno malamente represso. E allora mi chiesi se per tutto quel tempo non mi fossi sbagliata.
***
La mia famiglia insisteva a dire che mi serviva un hobby, che non potevo pensare solo allo studio e languire in casa tra un esame e l'altro. Per quello, senza neanche chiedere il mio parere, mi avevano iscritto al corso di pasticceria tenuto dalla cognata di mio zio.
Non sapevano che io un hobby già ce l'avevo, e che avevo perfino frequentato lezioni di scherma medievale per diventare più brava nel gioco di duelli segreto in cui mi aveva coinvolto il mio ex compagno di corso ed ex coinquilino. Lui se n'era andato dalla mia vita ma Vérys la Saetta Azzurra, il mio personaggio nel gioco, era rimasta.
Io preferivo il combattimento al pastrocchiare con codine di zucchero e glassa colorata però, dato che non potevo rivelare ai miei parenti quanto mi appassionasse quel gioco (la compagnia che lo gestiva aveva più regole e accordi di segretezza di una società di Massoni), non avevo scuse per non andare a un corso che era stato già pagato per intero.
Mi rassegnai, e lo stesso feci quando la cognata di mio zio mi mise a lavorare in coppia con la più antipatica e spocchiosa delle donne che frequentavano il corso, un'aspirante chef di nome Sharona.
Avrei preferito di gran lunga la nonnina chiacchierona, o la mamma un po' in carne che non la smetteva di fare battute e assaggiare l'impasto in ogni fase della preparazione.
Loro mi avrebbero reso più sopportabile quell'ordalia fatta di fruste e coltelli e panna montata. Sharona, invece, non faceva che darmi ordini e rimproverarmi e ricordarmi che io ero lì per passare il tempo, lei per imparare un mestiere.
Come se non bastasse all'ultima lezione, tenuta in prossimità di San Valentino, la cognata di mio zio ci chiese di creare una ricetta originale per una torta a forma di cuore, da decorare poi come preferivamo. Per me, già era difficile seguire alla lettera una ricetta, figuriamoci inventarla. Lasciai fare a Sharona, che come al solito sembrava nel suo elemento, e mi limitai a eseguire i suoi ordini.
Sharona aveva scelto un impasto al cioccolato con un ripieno di fragole e panna, ricoperto da una marmellata di frutti rossi e racchiuso in una glassa al cioccolato, che solidificandosi sarebbe diventata croccante. La forma a cuore della torta doveva essere rifinita solo da una ghirlanda di glassa rossa lungo il bordo, ma all'ultimo Sharona ci aveva ripensato e aveva scritto il mio nome. Dal suo sorriso, indovinai il messaggio che voleva trasmettermi. Fui sollevata che quella fosse l'ultima lezione del corso, perché Sharona aveva equivocato e io non ero quel genere di donna.
Non pensavo l'avrei più rivista. Mi sbagliavo, su di lei e su di me.
L'incrociai per caso alla fine dell'anno. Dopo i soliti convenevoli, Sharona mi invitò a prendere insieme una fetta di torta al cioccolato, e io accettai. Sapevamo entrambe qual era il messaggio celato in quello specifico invito.
Iniziammo a frequentarci, e dopo la mia laurea Sharona mi propose di andare a vivere assieme.

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