giovedì 27 febbraio 2020

Fragole e supereroi


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Aphiwat chuangchoem da Pexels


– Fragole... sul serio?
Scoppiai a ridere, la schiena appoggiata al tronco della quercia e la spalla a contatto del calore della pelle di Mirto. Una parte di me era altrove, in profondità, intrecciata alle radici dell'albero assieme alla familiare essenza del mio compagno di gite nei boschi, come sempre quando appoggiavamo alla terra le mani o i piedi nudi. Ma ero ancora abbastanza presente nel mio corpo umano da riuscire a seguire la conversazione.
Mirto rise con me, poi riprese a raccontarmi della prima volta in cui aveva usato i suoi poteri di driade. – Che ci posso fare, mi piacevano. Ed ero stanco di aspettare che maturassero una alla volta. Così... non so nemmeno perché l'ho fatto. Istinto, forse. – Mirto si strinse nelle spalle e sollevò una mano a strofinarsi il mento, sporcandosi di terra. – Ho infilato le dita in uno dei vasi nella serra dietro casa. Ed è stato allora che l'ho sentito... mi sono sentito risucchiare in quella minuscola pianta, e sapevo cosa fare, sapevo come gonfiare quelle fragole, come renderle rosse, piene e bellissime. – Nel ricordare, la sua voce si accese d'entusiasmo, e io sorrisi. Poi mi rammaricai di non avere alcun ricordo della prima volta che avevo usato i miei poteri da condividere con lui... almeno finché non rammentai che una prima volta io l'avevo, e che l'avevamo vissuta insieme, quando lui mi aveva insegnato a gestire il mio dono.
– Il sapore, naturalmente, non era dei migliori, ma ho imparato. – proseguì Mirto. – Provando e riprovando, ed ero diventato talmente bravo da dare vita a nuove varietà, fragole dal sapore di caramella o di zucchero filato. Mia madre ha pensato di essere diventata all'improvviso una brava giardiniera. Non sapeva di avere una driade in casa. E nemmeno io lo sapevo.
Mirto s'interruppe e sospirò. Sotto i nostri corpi umani, nella terra, afferrai la sua essenza e la portai con me a risalire il tronco della quercia, fino a moltiplicare la nostra consapevolezza in decine di rami, e in centinaia di foglie, rinvigoriti dalla luce. A livello del suolo, lui mi afferrò la mano, s'inarcò all'indietro e chiuse gli occhi.
–  Per tanti anni ho pensato di essere un superoe, un mutante, come quelli dei fumetti – mormorò con voce roca. Aprì gli occhi e si girò a ricambiare il mio sguardo. – Certo, come potere non era granché, ma era comunque un potere in più rispetto a quelli che avevano i miei normali coetanei. Ma questo... – Mirto lasciò la mia mano e accarezzò con le dita il simbolo delle tre rose impresso sul dorso della sinistra, le cui linee in quel momento rifulgevano di luce. – Questo era un problema. Era comparso giorni prima che scoprissi il mio superpotere, una mattina, dopo una notte passata a tirare tardi con certi amici. Avevamo tutti bevuto, e non mi ricordavo niente, e lì per lì pensai che mi avessero convinto loro a farmi quel tatuaggio niente affatto virile. Insomma, fiori... per un maschio?
Mirto sbuffò e rise, tutto insieme. – I ragazzi a quell'età sanno essere crudeli. Dei veri bastardi, sai. E non hanno pietà per chi avvertono come diverso. Anche se non sapevano esattamente quanto lo fossi, col mio potere sulle piante. Fantasticai più volte sull'imparare a usarlo in modo molto più aggressivo che non far crescere le fragole, ma alla fine, non lo feci mai.
Mirto tacque, e io gli accarezzai la spalla con una mano. – È per questo che hai scelto di aiutare i bambini e i ragazzi con il tuo lavoro?
Mirto annuì. – E che ho imparato a usare i guanti per nasconderlo, questo piccolo segno rivelatore.
Mirto appoggiò la testa al tronco, e per qualche tempo ci perdemmo nell'intrico di radici e rami, di steli e di fiori che sbocciavano al nostro tocco. Ero ancora altrove a metà quando lui riprese a parlare, e non lo capii finché non mi staccai da un gruppetto di betulle e ripresi conoscenza nel mio corpo.
– ...non mi ricordo in che paesino eravamo finiti, ma che eravamo in gita con la scuola, questo sì. Dalle parti di Edimburgo, probabilmente. C'era questa libreria, e la signora che la gestiva sosteneva di saper abbinare a ogni persona il giusto libro, la lettura che gli avrebbe cambiato la vita. Molti dei miei compagni non furono contenti della sua scelta, tanti non finirono o nemmeno cominciarono il libro acquistato da lei, ma io...
Mirto mi fissò, e di nuovo mi afferrò la mano, e io ebbi un brivido quando disse. – Lo hai già visto, il libro che lei diede a me.
Sorrisi. Era quel Dryads are Alive che Mirto aveva preso dallo scaffale per spiegarmi cos'ero. Lui scrollò le spalle. – Forse ha sentito i miei compagni chiamarmi per nome, ha visto i miei guanti, e ha fatto due più due. Forse era anche lei una di noi. Non lo so, allora non ho pensato di guardare le sue mani. Quel che è certo è che quel libro davvero mi ha cambiato la vita. L'ha divisa in due. – Mirto chinò la testa, poi si allungò a recuperare le scarpe. Era tempo per noi di tornare. – Quando ho saputo la verità, avrei voluto ritirarmi nei boschi, vivere nella terra e negli alberi, fare solo questo per tutto il resto della mia esistenza. Ma dovevo ancora studiare, e lavorare, e avere contatti con il resto del mondo. E così, proprio come un supereroe, ho creato la mia identità segreta.
Annuii, mentre un'espressione cupa si faceva strada sul mio volto. Quando lo avevo conosciuto, Mirto usava solo il suo secondo nome, Saverio, e non aveva rivelato nemmeno a me quel segreto. Mi aveva fatto da mentore fingendo di essere solo un umano che ne sapeva più di altri. Quando avevo scoperto ciò che mi aveva tenuto nascosto, mi ero arrabbiata moltissimo.
Per fortuna, quello era un passato che avevamo superato assieme.

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