giovedì 13 febbraio 2020

Un nuovo nome


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Quando riemergo infrangendo la pelle del fiume e inghiotto finalmente una boccata d'aria, so che la parte più facile è compiuta. Ho lasciato il mio vecchio nome al fiume, e l'acqua che scorre se lo è portato via, e adesso sono indifeso, solo, e inconsistente come il cielo al di là del vento, al di sopra delle nuvole, oltre la luce abbagliante del sole e i frammenti sfavillanti in cui si frantuma nella notte.
Nessuno può chiamarmi. Nessuno può toccarmi. Non appartengo più al clan, e nemmeno a me stesso.
La corrente mi ostacola, cerca di trascinarmi via come ha fatto col mio nome. Sulla riva, Due montagne mi attende. Lui è la guida che ho scelto per riportarmi a casa, per tracciare la strada affinché non mi perda. Gli anziani hanno cercato di farmi cambiare idea quando ho indicato lui, l'estraneo, il bambino che ha camminato da solo, il senza clan. Ma la guida deve essere qualcuno di cui fidarsi, e io non ho molchst, non ho fratelli. Ho solo lui.
E, per il nome che ho deciso di prendere, la guida che nessun altro avrebbe scelto è perfetta.
Lo raggiungo tra gli spruzzi. Due montagne indietreggia: non mi può toccare, non deve, nemmeno la sua ombra può sfiorarmi la pelle. Quando esco dall'acqua mi affiancano le due cacciatrici che si sono offerte di proteggermi. Sono molchst loro, nate assieme, anche se non potrebbero essere più diverse. Acqua che scorre è più minuta, morbida e delicata nei lineamenti, gli occhi di un blu intenso e la chioma bruna trattenuta da un legaccio appesantito per evitare che il vento la sollevi e la intralci nel suo ruolo di guardiana. Lei mi piace e sono stato felice quando si è offerta volontaria per scortarmi lungo la strada del ritorno.
Coraggio della sabbia è più alta, silenziosa e attenta, i tratti più marcati, gli occhi viola e i capelli neri come i miei. Sono legati più in alto, con le punte che le frustano le spalle e la schiena. È severa con me, e a volte quando mi tocca sento tutta la sua disapprovazione, ma ricordo bene quando ha combattuto per respingere un rekrt, e aveva quasi la stessa età di me oggi. Non c'è nessun altro nel clan che potrebbe proteggermi meglio, se le cose andassero male.
Cammino lentamente, con le braccia protese in avanti e le dita allargate a respirare il sole, e nel frattempo l'aria che mi entra e mi esce dalla bocca fa uno strano rumore, un soffio più forte del vento che mi fischia nelle orecchie. Due montagne, Acqua che scorre e Coraggio della sabbia non mi guardano, ma finché lo sentiranno, sapranno che sono ancora vivo e che va tutto bene. Tengono il passo nella lenta, lentissima marcia che mi pare infinita.
Il clan mi attende appena fuori dalla caverna che conduce a casa, alle grotte e ai ponti tesi tra le due pareti del canyon. Aspettano lì fuori perché non posso immergermi nell'ombra del tunnel senza un nome, e io sono felice di poter accorciare un po' la strada. Quando mi fermo di fronte agli anziani, la mia guida e le due guardiane si separano da me e si riuniscono al clan. Due montagne è in mezzo a loro, non più ai margini dove è relegato di solito in quanto estraneo. Vorrei toccarlo e trasmettergli tutta la mia gioia, ma ancora non posso. Ne è valsa la pena, anche solo per questo.
Ora è tempo di parlare. Quando gli anziani mi chiedono chi sono, io rispondo: – Kaad Ntroem. Giovane ribelle, è questo il mio nome.
Il nome che ho scelto è una sfida. Ma è anche un'affermazione: io sono così. Io sono diverso, non seguo le regole, e non cambierò.
La prima che mi si avvicina è Lavren, Migliore nella caccia. Mi sfiora in viso e un senso di calore e di accettazione m'invade, scorrendo sottopelle da lei a me, e da me a lei.
– Giovane ribelle – pronuncia Migliore nella caccia. – Sei proprio tu.
Poi Due montagne, e Acqua che scorre, e Coraggio della sabbia, e man mano tutti gli altri si fanno avanti per toccarmi e darmi il loro benvenuto al suono del mio nuovo nome.

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