sabato 8 febbraio 2020

Lirico

Lirico [lì-ri-co] agg., s. (pl.m. -ci, f. -che) 1. agg. In epoca classica, destinato a essere recitato con l'accompagnamento della lira. 2. agg. Caratterizzato dall'espressione dell'interiorità del poeta o dell'artista; che presceglie la lirica come forma di espressione. 3. agg. estens. Che manifesta una sensibilità soggettiva, toni affettivi e sentimentali. 4. agg. Che riguarda il melodramma. 5. s.m. (f. -ca) Poeta lirico.

Etimologia: il termine proviene dal latino lyrĭcus, attraverso il greco lyrikós, derivato di lýra, "lira".


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Quand'ero bambino, nessuno aveva mai pensato che io potessi diventare un lirico. Nessuno, nemmeno io, aveva mai creduto che potessi essere qualcosa di più di ciò che già ero fin dal momento della mia nascita: uno schiavo, un siaht, proprietà dei sovrani che avevano conquistato il regno di mia madre. I bracciali del serpente non potevano essere tolti dalle mie braccia: sarebbero cresciuti con me, mai troppo stretti, né larghi abbastanza da poterli sfilare.
Quando divenni abbastanza grande da poter servire a qualcosa, avrei potuto essere inviato nelle cucine, o a soddisfare i capricci di qualche nobile marmocchio e a essere punito in sua vece. Né l'una né l'altra fu la mia sorte: l'attendente decise invece che le mie mani piccole sarebbero state più utili nell'auditorum, a ripulire e mantenere in buono stato strumenti che di rado venivano usati, e a svolgere commissioni per il maestro di musica.
Fu lì, nella sala del canto, che avvenne il momento più lirico della mia intera vita. Fu lì che incontrai la principessa Skalyssa. O meglio, io la vidi, ma lei non vide me: ero invisibile agli occhi dei nobili, come tutti i siahta.
Non potevo fare altro che guardarla, e ammirare la sua delicatezza di pergamena, e la sua luce variopinta come il sole attraverso una vetrata. Ascoltavo in segreto la musica della sua voce e la melodia dei suoi passi ogni volta che si recava dal maestro di musica per una lezione. Lei non apparteneva al mio mondo, non al buio e all'odore stantio della camera comune dei siahta, e di sicuro non era mai rimasta sveglia alla salmodia di lamenti degli schiavi frustati.
Mai avrei osato sperare che un giorno avremmo vagato liberi per il mondo, a cantare la storia delle nostre vite come se fosse una fiaba antica.

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