giovedì 30 giugno 2022

La Speranza è l'ultima a partire


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Darshak Pandya da Pexels


L'avevano chiamata Speranza. Che razza di nome.
Speranza.
Fin da quando era giovanissima, la gente aveva sempre nutrito fin troppe aspettative per tutto ciò che la riguardava. Impossibile, anche per lei che di sguardi non ne capiva niente, non notare le occhiate che la gente le rivolgeva non appena la vedevano passare. C'era chi tendeva le mani, chi bisbigliava preghiere alle sue spalle, chi le chiedeva di fermarsi e di lasciarlo entrare nel suo cuore, anche solo per un istante, per scaldarsi un po'. Perché il mondo è un posto freddo e ingrato, pronto ad annegarti nei suoi flutti gelidi e a seppellirti sotto una coltre di neve. Ma non là dov'era Speranza.
Erano pochi i fuochi presso cui scaldarsi, ma Speranza tra tutte era la fiamma più grande. E non si trattava solo di un simbolo, lei lo era davvero.
Se avesse potuto, Speranza avrebbe accolto tutti, ma il suo cuore non era abbastanza grande per contenere il mondo. Per questo, le avevano detto che doveva essere selettiva. Ma chi salvare e chi ignorare non era mai stata una sua scelta.
Noi ne avevamo sentito parlare per la prima volta tra i fuochi delle scogliere occidentali, in una giornata particolarmente fredda e ventosa. Le onde flagellavano la costa sospinte dal fischio del vento di tramontana, e i frammenti di pack galleggiante sbattevano tra loro, frantumandosi in pezzi ancora più piccoli con un cigolio sinistro. Attorno ai fuochi si parlava di lei, ma non come di una cosa realmente esistente, più come una leggenda. E noi ascoltavamo quelle storie meravigliati, senza crederci fino in fondo, finché un uomo coperto da capo a piedi, con solo una sottile fessura tra gli indumenti per gli occhi azzurri come il ghiaccio, non levò in aria una mano e disse: – Io l'ho vista, una volta. Sulla costa del nord, a tre leghe da qui. È da lì che parte, come le altre, al tramonto del giorno più lungo. Lei è l'ultima a partire. – Si girò verso di noi e aggiunse: – Se vi sbrigate, potete ancora farcela.
Molti, attorno ai fuochi, scossero la testa e brontolarono. Non gli credevano. Non era prudente correre dietro alle leggende quando avevi in mano un cerino per scaldarti.
Anche nel nostro gruppo ci fu qualche discussione, ma alla fine chi voleva partire l'ebbe vinta. Seguire la costa con il mare infuriato com'era quel giorno si rivelò un'idea niente affatto brillante. Ci trascinavamo sulla neve compatta come ghiaccio, stringendoci addosso giacche e mantelli e allungando di tanto in tanto una mano per sorreggere chi stava per scivolare. Io non mi sentivo più i piedi e camminavo per inerzia, avevo le dita rigide per il gelo e il naso, pur coperto da più giri di sciarpa assieme alla bocca, pizzicava e mi faceva male.
Non voglio ricordare quanto patimmo per quel viaggio. Non tutti giungemmo alla meta. E non tutti interi.
Io trascinai la mia migliore amica per diverso tempo, prima di rinunciare e ammettere che era già troppo fredda per riprendere il calore perduto, anche davanti al più grande dei fuochi.
Dovevamo misurarle così le nostre forze, in calore. I morti non ne hanno. Inutile perdere il nostro per loro.
Come ho detto, il mondo è ingrato, e glaciale.
Ci scaldava il pensiero che avevamo Speranza davanti a noi, lei e le sue compagne. Loro ci avrebbero accolto, forse ci avrebbero portato in un mondo diverso, se tale mondo esisteva: un luogo dove non ululava il vento, dove non piovevano stilettate di gelo, dove una crepa non poteva tradirti e farti affondare in una tomba di ghiaccio. E se un tale mondo non esisteva, era già sufficiente abitare nel cuore di Speranza per essere salvi.
Lei era sulla costa. Esisteva davvero. La vedemmo da lontano, immensa, lucente nel bagliore del tramonto, nonostante la ruggine sul suo ventre di metallo. Tutte le altre erano già andate, ma Speranza era ancora là. L'uomo dagli occhi di ghiaccio aveva detto il vero: Speranza era l'ultima a partire.
Ci mettemmo a correre, o forse sarebbe più corretto dire arrancare sulla scogliera, con le ultime forze che ci rimanevano. Ci eravamo spinti troppo oltre in quel viaggio e non potevamo tornare indietro, potevamo solo andare avanti.
– Speranza, salvaci! – avremmo gridato, se le nostre gole bruciate dal freddo ce lo avessero permesso. Ma tanto lei non ci avrebbe uditi.
Quando arrivammo al termine della scogliera flagellata dalle onde, ci gettammo in ginocchio, ma non per pregarla. Le ultime luci del tramonto si erano ormai spente, e la sagoma della nave rompighiaccio illuminata dalle lanterne di bordo era lontana da noi, tra i flutti.

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