giovedì 16 giugno 2022

Triangoli


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Thijs van der Weide da Pexels


Triskel congiunse gli indici e i pollici di entrambe le mani a formare un triangolo vuoto tra le sue dita. Si concentrò intensamente sulla buca che Rasgan aveva scavato nel terreno gelido, poi soffiò tra le dita le sue parole di potere.
Un bagliore di triangoli lucenti sprizzò dalla buca, e si sollevò crepitando e rilasciando minuscole scintille triangolari nell'oscurità percorsa da un vento ghiacciato. Non era fuoco, il calore che offriva era illusorio, e la luce fioca; ma era già qualcosa. Rasgan tese le mani alle fiamme di triangoli turbinanti.
Non poteva dire di conoscere Triskel da una vita, ma perlomeno, Rasgan lo conosceva da abbastanza da non perdere più tempo in domande futili come "perché proprio i triangoli?", o "quando ti farai passare questa ossessione?". Lo conosceva da abbastanza tempo da sapere a memoria i detti che Triskel ripeteva più spesso, tipo "del triangolo non si butta via niente", "un triangolo è per sempre", o "qualsiasi cosa in natura è formata da triangoli". Se mai qualcuno li avesse trovati lì dov'erano, se li avesse raggiunti in quella landa fredda e desolata, avrebbe potuto considerare bizzarra la veste del mago con le sue figure a tre punte intrecciate in ogni centimetro di tessuto, o il pendente che non toglieva mai, una scaglia lucente con una delle tre punte rivolta verso il basso e le formule magiche inscritte sulla sua superficie, o il suo volto segnato da linee tatuate che formavano la sua figura geometrica prediletta. Per Rasgan, quei dettagli non suscitavano più alcuna meraviglia.
Come ogni volta, quando si fermavano a riprendere fiato, Triskel raccoglieva bastoncini e sterpaglie irrigidite dal gelo. Il surrogato magico del fuoco la cui luce li confortava non aveva bisogno di essere alimentato, Rasgan lo sapeva poiché era stato Triskel a informarlo, la prima volta. Il mago li spezzava fino ad avere tra le mani segmenti della stessa lunghezza, quindi li disponeva sul terreno. Sei triangoli uniti a un vertice e ai due lati formavano un esagono, che a sua volta si espandeva con l'aggiunta di altri triangoli in un complesso e caleidoscopico frattale. Rasgan lo lasciava fare, lui lucidava la spada, controllava l'impennaggio delle frecce e la corda dell'arco, anche se raramente li usava, se non per inchiodare a terra un coniglio rachitico o una pernice tutta piume e ossa, animali affamati quanto loro.
Quella volta, Triskel piantò quattro bastoncini nel terreno e adagiò una contro l'altra le punte sollevate.
– Una piramide – considerò Rasgan, sbirciando oltre le scintille triangolari del fuoco che si elevavano in un cielo buio. – La base però è formata da un quadrato, non da un triangolo.
Pensava di prenderlo in castagna, e invece il mago gli rivolse un sorriso a cui mancava qualche dente, e replicò: – Oh, ti sbagli, amico mio. Te l'ho detto. Tutto è formato dai triangoli.
Triskel afferrò un altro bastoncino e lo dispose in diagonale sul quadrato alla base della piramide, tagliandola in due triangoli rettangoli.
– Non le persone – insistette Rasgan in tono divertito. Avevano già affrontato l'argomento, era più che altro un modo per non sentire in continuazione soltanto il crepitio di quel falso fuoco e l'ululato del vento. Al riparo di una cresta di roccia e ghiaccio, il freddo non era così intenso, ma quel suono costante gli dava sui nervi.
– Anche le persone, sì. Anche le persone – lo contraddisse il mago. Allungò un indice adunco verso la mano di Rasgan, che si era tolto un guanto per poter raddrizzare la penna rovinata di una freccia. – Se potessi ingrandire la tua pelle migliaia e migliaia di volte, sai che cosa vedresti?
– Triangoli? – azzardò Rasgan, nello strofinarsi la mano intirizzita. Anche senza conoscere la risposta, non sarebbe stato poi così difficile indovinare che cosa avrebbe detto il mago, in fondo.
– Esatto! Miliardi di minuscoli triangoli. Ecco di che cos'è fatta la tua pelle, e la mia. Qualsiasi cosa in natura è fatta di triangoli. Nomina qualcosa, quello che vuoi, e te lo dimostrerò.
Rasgan distolse gli occhi dal mago e scorse con lo sguardo la tundra gelata. Ovunque, fin dove la luce del loro fuoco che non era davvero un fuoco si spingeva a sollevare la coltre di tenebre di un cielo senza stelle, era la desolazione, e il nulla. Quella che li circondava era stata un tempo la regione tropicale del loro mondo, una vallata ricca di vita, di calore, di voci. C'era stato un tempo in cui era esistito il giorno, il sole, il fuoco. Sua madre glielo aveva raccontato quando era bambino, ma lui non ne aveva che un vago ricordo.
Ormai era soltanto l'eterna notte, il freddo, la fame e la solitudine. Da quando la Dama del Fuoco aveva abbandonato il loro mondo morente, non era stato più possibile accendere nemmeno una fiammella, e tutto quello che avevano per rimandare l'inevitabile era quell'impossibile fuoco magico fatto di bagliori cristallini, triangolari, che si agitavano come un mosaico liquido e scorrevano gli uni sugli altri nel loro rimestarsi incessante. Non era un fuoco, ma era qualcosa.
Rasgan era stato fortunato a incontrare Triskel. Forse quel vecchio mezzo matto non era la migliore delle compagnie, ma non è che avesse molta scelta. Rasgan si chiedeva spesso se qualcun altro era sopravvissuto, e dov'era, se vagava da solo o in gruppo. Doveva esserci qualcuno come loro, che se lo chiedeva, da qualche altra parte. L'oscurità vivente che aveva invaso e distrutto il loro mondo, e cancellato col suo tocco così tante vite nei primi tempi dalla sua comparsa, ormai non scendeva nemmeno più a cercare gli ultimi superstiti. Non li attaccava. Non dava loro la caccia.
Sapeva di avere già vinto.
Rasgan non voleva deprimere anche Triskel, ma fu più forte di lui. Quando quel pensiero lambì la punta della sua lingua, Rasgan non seppe trattenersi, e nel silenzio rotto solo dal crepitio dei triangoli luccicanti e dalle folate di vento, chiese al compagno di viaggio: – L'Ombra. Anche l'Ombra è formata da triangoli?
Triskel alzò gli occhi al manto di oscurità eterna e non rispose.

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