giovedì 23 giugno 2022

Tutto ciò che abbiamo


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Foto di Helena Lopes da Pexels


La notte era spaventosa. Lo era davvero, perché ormai sapevamo che era di notte che i mostri sciamavano fuori dalle loro tane. Demoni.
Se la luce del sole era la nostra alleata, l'oscurità era la loro. Potevamo mettere quante vedette volevamo attorno al campo, ma non sarebbero bastate, non lì nella vasta pianura.
Il gorgoglio del ruscello copriva il lieve battito delle loro ali telate nella notte, così come il tonfo dei loro passi, e sobbalzavamo a ogni bramito di cervo in lontananza, ma era fondamentale la protezione dell'acqua per celare il pianto dei bambini, i singhiozzi disperati delle donne e dei vecchi, i sussurri di chi riusciva a scambiarsi qualche parola. E per poter rapidamente spegnere le fiamme del nostro basso fuoco da campo, protetto da un muro di scudi tutto attorno che gli impediva di spandere troppa luce, in caso si fosse reso necessario diventare invisibili.
Non avevamo più solide mura a proteggerci, la meravigliosa città di ricordi e di torri splendenti come cristalli. Il cristallo era spezzato, la dinastia dei sovrani di Laeverth, la cui esistenza secondo la leggenda avrebbe preservato per sempre intatta la nostra città, si era ormai spenta con la morte delle sue ultime discendenti, regina e principessa. Non lo sapevamo, eppure ne avevamo avuto la certezza quando, nel volgerci indietro durante la nostra precipitosa fuga, avevamo scorto le mura crollare e i demoni invadere una città ormai deserta. Tale era stato l'ultimo atto da regina di Sara di Laeverth, mettere in salvo la sua gente, prima di cedere il suo dominio e la sua vita in cambio di quella di sua figlia. Potevamo solo immaginare che i demoni, da creature infide e malvagie quali sono, non avessero rispettato la loro parte dell'accordo.
E così eravamo lì, all'aperto, non davvero in salvo, a percorrere la pianura durante il giorno in una lunga marcia, e a lamentare tutto ciò che avevamo perduto durante le terribili notti.
– Vorrei tanto rivedere un'ultima volta la mia casa, il mio letto confortevole – bisbigliava una vecchia. – Sarei dovuta morire in quel letto. Non qui, lontana da casa mia.
– Ho lasciato la mia armatura a Laeverth – sussurrò un cavaliere di vedetta. – E il mio adorato destriero, ormai so che non lo cavalcherò mai più. Quelle bestie lo faranno a pezzi, se già non l'hanno fatto.
– Mio marito, ci siamo separati mentre fuggivamo attraverso i tunnel – singhiozzava una donna. – E i nostri figli sono con lui.
– Ah – sospirava un'altra, stringendo a sé il pargolo. – Avevo una cesta di pane appena sfornato dalla mia bottega, ma era troppo pesante, o portavo la cesta, o il mio bambino in braccio. L'avessi data a uno di quei brav'uomini, avremmo avuto del pane fragrante con cui sfamarci nei primi giorni della nostra fuga, e non saremmo così affamati, adesso. Sembra passato così tanto, che ora stento perfino a ricordarne il profumo.
Riposavamo, di notte, ma non dormivamo, nessuno di noi ci riusciva. Restavamo svegli ad ascoltare ogni fruscio del vento tra l'erba, ogni mugghiare di creatura selvatica e ogni ululato di lupo. Restavamo in ascolto del benedetto canto dell'allodola che annunciava l'alba, e al sorgere del sole potevamo finalmente concederci qualche ora di sonno prima di rimetterci in marcia.
Il chiarore dell'alba era per me la luce della speranza, perché era trascorsa un'altra notte senza che il nostro mortale nemico ci scoprisse. Non avevamo più una patria, né una casa, né una regina a guidarci. Per questo spettava a qualcuno di noi il compito di mantenerci uniti e condurci lungo la via che portava lontano dalla nostra amata città, alla ricerca di ospitalità tra altre mura che ci avrebbero offerto una sicurezza che nemmeno ricordavamo di avere mai avuto. Per questo, dopo una notte passata a lamentare tutto ciò che avevamo perduto, occorreva che qualcuno onorasse con la sua voce quel che ci rimaneva. La cosa più importante del mondo.
– Ascoltate. Abbiamo ancora le nostre vite, e siamo assieme. So che non è molto, ma se questo è tutto ciò che abbiamo, per oggi dobbiamo esserne grati, e rallegrarci. Abbiamo tutto ciò che ci serve.
Solo dopo aver ricordato loro ciò che non era perduto, potevo concedermi di cedere al sonno per qualche ora prima di riprendere la lunga marcia.

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