sabato 10 dicembre 2016

Fugace

Un'altra scelta difficile questa settimana. Non posso dire che mi piaccia il suono di questa parola, al contrario, mi fa venire in mente qualcosa di tozzo e goffo... ma mi piace il suo significato, e l'etimologia facilmente rintracciabile in qualcosa "che fugge".

Fugace [fu-gà-ce] agg. Di breve durata, passeggero. Effimero.

Diorama, di viviannedraper, licenza Creative Commons. Immagine modificata con l'aggiunta di scritte.


Un aggettivo così vago poteva dare origine a un'infinità di racconti con un'infinità di personaggi. Per mia fortuna, è bastata la radice della parola a togliermi dall'imbarazzo della scelta e ridurre le possibilità a una sola.


Avevo sempre saputo quale dei tre occhi della morte si sarebbe aperto per me. Solo, non avevo immaginato che lo avrebbe fatto così presto.
Mentre quei due energumeni di guardie mi scortavano verso il patibolo non potevo far altro che cercare di rallentarli il più possibile e godermi i miei ultimi istanti. Sapete, pensare a quanto fosse fugace la vita e idiozie del genere. Avevo già tentato tutti i trucchi che conoscevo, dallo "svicola e scappa finché non ti riprendono", al "colpisci e finisci massacrato di botte", al sempre classico "nega l'evidenza fino all'inverosimile".
Ma Torris Znar era una città di mercanti che non vedeva di buon occhio i ladri che non fossero quelli che mercanteggiavano in piazza, così nessuno si era bevuto la mia storia del "Quello è l'aeroscafo del governatore? Ma ne siete proprio sicuri? Io l'ho trovato abbandonato in mezzo al deserto, non ne avevo idea!"
Me ne andavo strascicando i piedi e lasciando che mi trascinassero a peso morto verso il mio destino, quando li vidi. L'ometto col turbante e la creatura in catene che stava spingendo sul palco, verso il banditore, pungolandola a ogni passo. Sotto gli stracci s'intravedevano lunghe cicatrici chiare e squame nere spezzate, testimoni di quante volte avesse provato i miei stessi trucchi senza riuscirci, eppure quella creatura conservava lo sguardo ferino, selvaggio, e la dignità di chi non era stato piegato. L'ometto si distrasse al passaggio dei miei forzuti accompagnatori che sbraitavano per aprirsi la strada tra la folla, e si unì al coro generale di "a morte il ladro!".
Fu una fortunata e benedetta coincidenza per entrambi. Al mutaforma serviva un diversivo, a me qualcuno che si avventasse sulle guardie con la ferocia di una tigre.
Ci guardammo, e non ci fu bisogno di parole. Passare da una vita fugace a una vita in fuga fu rapido quanto cancellare quelle due lettere da una scritta sulla sabbia.

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