sabato 31 dicembre 2016

Icore

A volte lo stesso termine indica due "sostanze" completamente agli antipodi. Come si può definire con la medesima sequenza di suoni qualcosa di puro e qualcosa di purulento? Non c'è bisogno di dirlo, ma io preferisco il primo significato, ed è quello che ho scelto per il racconto.

Icore [i-cò-re o ì-co-re] s.m. (pl -ri) 1. mitol. Il sangue limpido e trasparente degli dei. 2. med. raro Secrezione purulenta.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Photo by Anton Atanasov from Pexels



Mi ero ripromessa di non usare nessuno dei personaggi del romanzo che ho completato e che ho intenzione di pubblicare, in un modo o nell'altro, per l'ovvio motivo di non rovinare il finale a chi lo leggerà con uno "spoiler". Ma non appena ho cominciato a immaginare questa scena, non ho resistito all'impulso di scriverla.


Alice reggeva la scala pieghevole e guardava in su. Il sole basso del tramonto gettava lunghe ombre sul cortile, ma Gabriele non aveva voluto uscire prima dalla sua stanza in penombra; e anche così, portava quegli stupidi occhiali da sole.
– Sei sicura? – le chiese dall'alto.
– A cosa serve un motto di famiglia senza una famiglia? Per favore, fallo e basta!
Alice appoggiò la fronte alla scala e rimase ad ascoltare i colpi dello scalpello sul frontone di pietra. Chiuse gli occhi. I frammenti le piovevano addosso e le s'incastravano tra i capelli. Avrebbe quasi potuto addormentarsi e non svegliarsi più.
Un gemito e un paio di tonfi secchi. Alice riaprì gli occhi.
Gabriele aveva lasciato martello e scalpello e teneva con la destra la sinistra stretta a pugno.
– Gabriele! Ti sei fatto male? Mi dispiace, non avrei dovuto chiederti... – Alice raccolse i lembi della gonna nera, ma mentre si accingeva a salire lo vide scendere e allontanarsi. Dietro di lui gocce più scure macchiavano le pietre del cortile.
– Dove vai, sei ferito! Lascia che ti aiuti.
Gabriele si fermò e si girò. Era difficile decifrare la sua espressione dietro le lenti scure. – Io non... – Abbassò il capo. – E va bene. Ma per favore, non spaventarti.
– Non mi conosci se pensi che sverrò alla vista di un po' di san... – Alice non terminò la frase.
Gabriele aveva dischiuso le mani: dalla ferita stillava un icore trasparente, limpido, con una traccia di iridescenza in superficie. Alice lo fissò a bocca aperta.
– Io sono diverso. Vengo da un altro posto – le rivelò Gabriele. Alzo il volto al cielo.
– T-tu sei un angelo? – balbettò Alice.
– Sì, se gli angeli viaggiano su navi stellari.
Alice si tappò la bocca con le mani e fissò l'icore che gli bagnava le dita. – Un marziano!
La risata di Gabriele fu preceduta da un gorgoglio in gola. – Direzione esatta, ma più lontano. Permettimi di andare nella mia stanza a medicarmi. Poi parleremo. Ho una proposta da farti… questa casa è troppo grande per noi due soltanto.

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