lunedì 14 gennaio 2019

Il matrimonio sbagliato

(racconto ispirato alla Sfida numero 14. Non so se quello che ho scelto sia un punto vicino al finale, dato che ancora non so come andrà a finire la storia di Alcyone, ma trattandosi di favole potrebbe andare in questa direzione. L'antagonista c'è e non dico chi è, quanto all'atmosfera inversa, ho cercato di rendere il momento più romantico e drammatico possibile, ma... diamine, Alcyone, quando ci sei tu di mezzo non riesco a rimanere seria!)

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero


Non m'ero mai accorto che Alcyone era bellissima.
L'avevo sempre vista con la sua lunga gonna rossa, i piedi nudi da gitana e una camicetta bianca che le stava troppo larga, senza dubbio passata a lei da una delle sorelle. Una bambina in un corpo di donna, qualcuno troppo ingenuo e allegro per il vasto mondo malvagio. Un'amica, un cucciolo da proteggere, anche se, in fondo, lei mi aveva salvato più volte di quante non ne avessi fatte io.
Ma in quel momento fu come vedere le nubi squarciarsi su un cielo terso. Non sembrava davvero la mia Alcyone quella che avanzava fiera e innamorata, con lenti passi nelle scarpette di cristallo, in un abito bianco e frusciante e i capelli raccolti in un intreccio ordinato, ornati da file di fiorellini candidi. Colsi il suo sorriso sopra un mazzo di gigli mentre andava incontro al suo "per sempre felici e contenti".
Nel vederla così ebbi un unico rimpianto: che l'uomo che l'attendeva all'altare non ero io.
Girai le spalle alla coppia e mi allontanai strascicando i piedi, consapevole che non avrei più visto il suo nastrino rosso legato al polso, né l'avrei più sentita blaterare per ore di animali impossibili e oggetti meravigliosi. Per tutti i guai in cui eravamo finiti, e per l'infinità delle sue chiacchiere insensate, avevo accarezzato più volte l'idea di sbarazzarmi di lei. All'inizio, almeno. Prima di abituarmi alla sua compagnia.
Ma allora, dopo tutto quello che avevamo passato, mi si spezzava il cuore al pensiero di non rivederla mai più. Avevo capito troppo tardi quanto mi sarebbe mancata. Strinsi i denti e battei un pugno contro il muro, a capo chino. Mi dissi che potevo ancora tornare indietro, fermare quello sbaglio colossale di matrimonio, quella farsa che non aveva ragione di esistere. Ma quello che sbagliava ero io.
L'avevo vista oltrepassarmi senza rivolgermi uno sguardo, come se non fossi mai esistito. Mi ero illuso nel pensare che lei mi avesse considerato almeno un amico, e non solo qualcuno con cui viaggiava in attesa di incontrare il suo lieto fine. L'ultima cosa che volevo era essere il cattivo che la strappava alla sua felicità. Non potevo farle questo.
Ero pronto a dire addio ad Alcyone e andarmene per la mia strada, quando lei mi batté due dita sulla spalla e bisbigliò, non appena mi voltai a scrutare la sua gonna rossa, i piedi nudi e il suo sorriso infantile: – Eccoti qui, ti ho cercato dappertutto Trevis! Andiamo, non restare fermo lì, abbiamo poco tempo prima che lui si accorga che io non sono io, e la io che sono io ha bisogno di te adesso!

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