lunedì 3 febbraio 2020

Lingua lunga


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero. 
Foto di Helena Lopes da Pexels


Non sono il dottor Dolittle. Non ho mai capito i miagolii della gatta pingue della mia vicina, né interpretato i cinguettii che i passerotti si scambiano tra un ramo e l'altro in giardino, e di sicuro non riesco a farmi intendere dalla lucertola che puntualmente perde la strada di casa, infila la mia porta e se ne sta rintanata sotto l'armadio per un bel pezzo prima che io riesca a cacciarla. Eppure, fin dal giorno in cui l'ho portato a casa sotto forma di un cucciolo goffo e giocherellone, io riesco a capire lui, il mio biondo coinquilino peloso.
Il che mi fa supporre che tra noi quello strano non sia io, bensì il mio amico lingua lunga.
Benny ha parecchio da dire. Ci sono giornate in cui non sta mai zitto, guastando la tranquillità che avevo raggiunto quando avevo scelto di non condividere la casa con un altro chiassoso esemplare umano. L'apice della loquacità però lo raggiunge quando si lamenta del cibo che gli servo nella ciotola. Come la sera che ho provato a condividere con lui gli avanzi di torta alla carota che la mia vicina, quella con la gatta grassa, ha preparato in quantità industriale per poi farne omaggio a tutto il quartiere.
Benny ha annusato, si è tirato indietro, mi ha fissato e ha sbottato: – Ti sembro  forse un dannato coniglio?
Per le due ore successive non ha smesso di rimproverarmi, brontolando tra un boccone e l'altro perfino quando ho sostituito la fetta di torta con le sue crocchette preferite.

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