lunedì 20 giugno 2022

Gli eroi non si arrendono


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Foto di Luca Nardone da Pexels


Gli eroi non si arrendono.
È una frase assai beffarda quella che mi riempie la mente negli ultimi istanti di consapevolezza. Vorrebbe spronarmi a combattere, ma io so di non poterlo fare. Ho smesso di lottare e di dibattermi, e le ultime ore di questa notte sembrano ormai un ricordo lontano. L'abbraccio dell'acqua è gelido e costoso quanto quello di una puttana, ma non mi importa. Qui c'è pace. Qui posso riposare.
Il gorgoglio nelle mie orecchie sovrasta le urla, il clangore delle armi, il ruggito bestiale dei mostri, lo squillo vibrante dei corni grazie ai quali le squadre che hanno invaso le gallerie sotto al monte comunicano e si coordinano.
Riderei, se potessi. La nostra non è stata la marcia compatta e organizzata di un esercito. Noi siamo Kalaan, non soldatini. Noi siamo reietti, truffatori, tagliagole, ladri. Gli ultimi da cui ci si sarebbe potuti aspettare un'impresa del genere.
Uccidere gli dei.
Suona grandioso, sulla carta. Kal Tydas e quel suo amico del sud, Maiz o qualcosa del genere, avevano fatto del loro meglio per infervorare e allettare la folla. Promesse di ricchezze, impunità per il resto della vita, e la possibilità di sfogare a piacimento gli impulsi più sanguinosi contro ogni mostro che fossero riusciti a scovare avevano convinto i più avidi e i più violenti tra la nostra gente. Qualcuno tra i più furbi si era unito alla causa con l'intenzione di restare nelle retrovie, combattere il meno possibile, e uscirne vittorioso, vivo, e con un premio di cui godere. Nessuno lo aveva fatto perché era la cosa giusta da fare. Nemmeno Kal: lui si è lanciato nella mischia per cercare la morte. Come si cambia, quando una donna che è già condannata balla per te ubriaca su un tavolo.
Io non sono un brav'uomo. Non ho mai avuto difficoltà ad ammetterlo. Sono un opportunista, e quando quelle creature sono sciamate nelle nostre terre, sono stato tra i primi a piegarmi a loro, a proclamarmi loro sacerdote. Volevano sacrifici di giovani donne per lasciarci in pace, ebbene, da me li avrebbero avuti. Facile quando tua moglie è morta e hai solo figli maschi.
Perciò, quando Kal Tydas ci ha spiegato che cos'erano in realtà, e che cosa facevano alle vittime sacrificali, io sapevo di avere molto da espiare. Non ci ho pensato un attimo. Mi sono unito a loro.
Avevo pugnalato molte vittime sugli altari ai falsi dei, ma è diverso quando il sangue versato te lo devi guadagnare. È più reale.
La fatica è reale, il lezzo che ti imbratta è reale, il peso dei loro corpi che ti cadono addosso è reale. Ed era reale anche quello che Kal ci aveva raccontato, che i mostri che stavamo combattendo erano le nostre donne. Gusci vuoti trasfigurati in incubi e riempiti della volontà di un essere oltre ogni immaginazione. Non si può più dubitare una volta che la loro morte ti rivela la verità.
A ogni diramazione della galleria, il mio gruppo si assottigliava. Ci dividevamo senza chiederci chi tra noi sarebbero stati i fortunati, chi avremmo rivisto e chi stava sparendo per sempre. Dovevamo solo trovare l'essere che aveva dato avvio a tutto questo, ucciderlo, e tutto sarebbe finito. Facile.
L'acqua adesso lenisce il dolore, ottunde i miei sensi e diluisce l'odore di bruciato che ha colpito le mie carni con uno sfrigolio, quando il mostro che stavo affrontando ha evocato il potere del fulmine. Kal mi aveva avvertito, mi aveva detto che combattono non soltanto con la loro forza, ma anche con quella della natura. Sono stati loro a inondare la galleria, spazzando via in un colpo solo il manipolo di delinquenti che mi aveva seguito. Gente che conoscevo, brave persone, a modo loro.
Dovrei continuare anche per loro. Forse. Ancora quella frase, ancora quel pensiero. Gli eroi non si arrendono.
Io non combatto più. Ho fatto la mia parte, posso riposare. Mi lascio andare, abbandono l'ultimo respiro e l'acqua mi riempie i polmoni.
Per mia fortuna, io non sono un eroe.

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