sabato 14 settembre 2024

Intemerata

Intemerata [in-te-me-rà-ta] s.f. 1. fam. Rimprovero che non finisce più; predica, sgridata. 2. ant. Discorso lungo e noioso.

Etimologia: dall'inizio di una lunga orazione alla madonna "O intemerata Virgo...", a indicare un lungo discorso.



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Foto di Yan Krukau da Pexels


Ero stata una sola altra volta in una stazione di polizia, con la scuola. Non eravamo andati oltre il grande atrio all'ingresso, anche se il poliziotto che ci accompagnava, un vecchio grasso dall'aria stanca, ci aveva mostrato un cartellone pieno di foto spiegandoci che cosa facevano i vari reparti e le procedure delle indagini. Poi ci aveva fatto un'intemerata sulle norme di sicurezza, e su come noi bambini non dovessimo allontanarci dai genitori, e sui pericoli rappresentati dagli estranei. Niente che non avessi già sentito a casa.
Eppure quel giorno, il giorno dell'anomalia, io mi ero allontanata lo stesso. E mi ero fidata di un estraneo, e non contava che quell'estraneo fosse un poliziotto, perché mi ero fidata di lui per fare qualcosa che lui non conosceva affatto, e che io stavo proprio allora imparando.
Pensavo che, dopo aver visto con i suoi occhi, lui sarebbe stato dalla mia parte. E invece continuava a trovare scuse per negare quella che per me era un'evidente verità: che i miei genitori non erano i miei genitori. Perché loro non sapevano fare quello che potevo fare io, nessuno al mondo lo poteva fare.
Non in questo mondo.
Ma non era per quel motivo che mi ero allontanata da loro.
Volevo spiegarglielo quando è arrivato l'altro poliziotto a interromperci. I miei genitori, o meglio, le persone che dicevano di esserlo, venivano a prendermi.
A quel punto mi portarono via dal poliziotto che mi aveva aiutato con l'anomalia, Andrew, ecco il suo nome, era registrato nella sfera viola nel mio zaino, e mi lasciarono ad aspettare su una sedia sotto lo sguardo vigile di una signora alla scrivania. Non conoscevo ancora abbastanza bene i poteri della sfera per provare a fare qualcosa in mezzo a tanta gente.
Quando i miei genitori arrivarono, attaccarono una lunghissima e ripetitiva intemerata sulle stesse identiche cose che avevo già sentito più e più volte.
Io avevo salvato delle persone quel giorno, e ormai non ero più una bambina.
Ma loro non mi avrebbero mai creduto.

giovedì 12 settembre 2024

Audioracconto - Acido Citrico


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Foto di Miguel Á. Padriñán da Pexels


Benvenuti all'Area 51 Cafè! Che vogliate assaggiare a vostro rischio e pericolo uno dei panini di De Gustibus, fare due chiacchiere con il Barista mentre prepara un cocktail, o farvi servire al tavolo dalla cameriera Espresso, non fatevi fuorviare dal nome: qui non ci sono alieni. Non lo è nemmeno quel matto di Acido Citrico, con la sua mania di spruzzare succo di limone su ogni cosa.

Acido Citrico
(racconto breve di genere fantascienza)

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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2022/09/acido-citrico.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica: Dixie Outlandish (Sting) di John Deley and the 41 players
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=4_-7BuchIGY);
Talkies di Huma-Huma
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=Q-tgJf_Gm38):
Love Struck di E's Jammy Jams
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=VRTITqQRLtw);
Dixie Outlandish di John Deley and the 41 players
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=zKDiRCO9Np0).

Immagini di: Miguel Á. Padriñán (https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-selettiva-di-bevanda-agli-agrumi-1412554/), Monica Silvestre (https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-a-teatro-713149/), Kampus Production (https://www.pexels.com/it-it/foto/cheerful-handsome-waiter-standing-at-food-track-counter-5920628/), Japanese girl in europe (https://www.pexels.com/it-it/foto/bar-tavoli-sedie-moderno-20559504/), Misael Silvera (https://www.pexels.com/it-it/foto/alba-tramonto-persone-sagoma-8111065/), Tima Miroshnichenko (https://www.pexels.com/it-it/foto/bianco-e-nero-businessman-uomo-donna-6694529/), Kenzhar Sharap (https://www.pexels.com/it-it/foto/cameriera-professionista-che-serve-in-un-ristorante-di-lusso-29129767/), S. Deniz (https://www.pexels.com/it-it/foto/ristorante-caffe-bar-caffetteria-15547893/), fauxels (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-e-donna-vicino-al-tavolo-3184465/), Luis Quintero (https://www.pexels.com/it-it/foto/grembiule-con-stampa-floreale-3092966/), Pavel Danilyuk (https://www.pexels.com/it-it/foto/barra-bar-bevande-drink-6405728/), cottonbro studio (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-in-t-shirt-girocollo-bianca-in-piedi-vicino-a-macchina-industriale-nera-e-grigia-4787628/), Charlotte May (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-caffeina-caffe-alcol-5946819/) da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).

lunedì 9 settembre 2024

La magia del cerchio


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Foto di Maris Rhamdani da Pexels


Ero andata di nuovo al circo, anche se non mi ricordavo di essermi mai mossa da casa. Quel luogo inoltre era strano, perché per quanto mi sforzassi non avrei saputo dire dove la compagnia aveva piantato il suo tendone. Forse era in montagna, perché l'aria rarefatta rendeva la mia testa leggera. Ma no, non potevo essere andata così lontano solo per guardare uno spettacolo circense, anche se per loro ne valeva la pena.
Erano tutti artisti fenomenali, acrobati dall'equilibrio e dalla forza impossibili, clown spassosissimi, temerari addestratori di bestie feroci, alle quali spesso non sapevo dare un nome tanto erano esotiche; ma quello che aspettavo con più trepidazione era lui. Lo avevo già visto volteggiare tra i trapezi e lanciare coltelli, e ogni volta mi stupiva esibendosi in una disciplina diversa, eppure era sempre lo stesso e lo avrei saputo riconoscere tra mille. Indossava sempre un completo elegante, guanti bianchi e un cilindro, e il suo volto pallido, forse tinto di bianco dal cerone, era decorato da simboli geometrici attaccati l'uno all'altro che formavano una doppia fila nera sopra e sotto gli occhi, in verticale. Nessun altro artista di quel circo, per quanto apparisse truccato in modo variopinto e stravagante, aveva mai dipinto il volto con il suo stesso disegno, perciò ero sicura di riconoscerlo, anche quando lo vedevo da lontano.
Quella sera, quando finalmente fu il suo turno, mi apparve nel ruolo dell'illusionista, e mi sembrò che fosse il più adatto per lui. Mi era piaciuto vederlo volare leggiadro nell'alto del tendone, e sfoderare un sorriso sfrontato mentre dimostrava una mira infallibile, ma come mago fu fenomenale. Sembrava in grado di estrarre dall'aria carte, colombe, fazzoletti colorati e perfino grandi cerchi di metallo, impossibili da nascondere in una manica. Io restavo a guardarlo a bocca aperta mentre tutti gli altri applaudivano, continuamente sorpresa dalla velocità con cui eseguiva un trucco dopo l'altro. Poi fece apparire dal nulla delle bolas che si incendiarono a un suo schiocco di dita, e iniziò a farle ruotare attorno a sé, creando un perfetto cerchio di fiamme che sprizzava scintille. E proprio quando stavo pensando che questo, rispetto a tutto il resto di quel che aveva fatto, era fin troppo normale, perfettamente spiegabile come un'illusione data dalla velocità delle sfere incendiate, lui fermò il movimento delle braccia e lanciò in aria le bolas, facendole svanire in una pioggia di coriandoli, ma l'impossibile cerchio infuocato rimase nitidamente disegnato attorno a lui, illuminando il suo volto pallido di bagliori sanguigni.
Il mago sorrise, fece un passo in avanti per attraversare il cerchio di fiamme, e all'improvviso tutto si spense nel buio. Dalla platea si levò un sospiro sorpreso, che mutò in un mormorio quando l'istante successivo i fari si accesero sulla pista vuota. Prima che potessi chiedermi dove fosse finito, eccolo venire giù dal camminamento inclinato che io stessa avevo percorso per trovare un posto a sedere sulle gradinate. Dovetti voltarmi indietro per vederlo venir giù all'interno di una enorme ruota, alta il doppio di lui. Ma prima che potesse raggiungere la pista, con appena un tocco delle dita sui raggi della ruota fece aprire da ambo i lati un ventaglio che ne oscurava uno spicchio, e al giro successivo in cui quella copertura lo celò ai nostri occhi, il mago sparì, lasciando la ruota a rotolare da sola fino al bordo pista, dove due assistenti la fermarono, si guardarono attorno, e scossero la testa. Apparivano tanto increduli quanto noi del pubblico, ma sapevo che doveva trattarsi di una recita. Uno dei due alla fine puntò un dito in alto, e un faro illuminò la piattaforma del trapezio, rivelando il mago che si tolse il cilindro in un gesto di saluto, aprì un ombrello, e fece un passo nel vuoto, fluttuando dolcemente fino a metà strada da terra prima di sparire in un'altra pioggia di coriandoli, lasciando solo l'ombrello a finire di planare al centro pista. Ero estasiata dalla meraviglia, e non feci in tempo a chiedermi come facesse che lui era già ricomparso da un altro lato, in mezzo al pubblico. Dopo un altro paio di rapide apparizioni e sparizioni accompagnate da trucchi molto scenografici, che mi lasciarono a chiedermi quanti assistenti truccati con il suo riconoscibilissimo disegno avesse a sua disposizione per prendere il suo posto da un lato all'altro del circo, il mago riapparve all'interno di un acquario, circondato da incredibili pesci color arcobaleno, le pinne come lunghi nastri fluttuanti di seta, e ne uscì infine completamente asciutto. Le sue scarpe non lasciarono impronte umide sulla sabbia della pista, i suoi vestiti nonI  gocciolavano quando salutò il pubblico con una riverenza, e rimase il tempo necessario per prendersi un applauso.
I numeri degli altri artisti proseguirono come da programma, ma nessuno attrasse la mia attenzione come aveva fatto il giovane mago dal cappello a cilindro e il volto dipinto, e mi sorpresi spesso a distrarmi pensando a lui.
Al termine dello spettacolo accadde una cosa inaspettata, qualcosa che non era mai successo prima. Proprio mentre mi stavo accodando agli altri spettatori per uscire, il mago mi prese per un gomito e mi condusse verso un'uscita secondaria. Ero talmente sorpresa dalla sua apparizione improvvisa al mio fianco, come fosse stato un altro dei suoi trucchi, che non protestai e non feci resistenza quando mi allontanò dalla folla.
– Che cosa vuoi da me? – mi chiese lui, non appena fummo usciti sotto un cielo risplendente di stelle. La sua voce aveva un timbro musicale, quasi etereo lo avrei definito, nonostante il tono brusco e ostile con cui aveva pronunciato quelle parole. Era magico, come tutto il resto di lui. E c'era di più.
Da lontano non avevo potuto vederli, ma lì, a pochi passi da lui, riuscivo a scorgere i suoi occhi ancora ornati dai disegni geometrici del trucco, illuminati dalla luce che veniva dallo spiraglio del lembo scostato di tendone da cui eravamo usciti. Se mi avessero chiesto di che colore fossero stati quegli occhi, non avrei saputo dirlo. Perché i suoi occhi erano di tutti i colori, iridescenti come un arcobaleno.
Presa alla sprovvista dalla domanda e dalla sua vicinanza che mi lasciava senza parole, mugolai un "eh?" piuttosto stordito.
– Continui a venire qui – mi incalzò il mago. – Mi fissi dall'inizio alla fine del mio numero, non ti perdi una mossa di quello che faccio mentre nemmeno li guardavi gli altri quando mi esibisco in gruppo e... ho saputo che oggi hai chiesto di me, all'ingresso. Dunque, che cosa sei venuta a fare? Sei qui per spiarmi? Chi ti ha mandato?
– Oh... – mormorai, e sotto quella sequela di domande mi si schiarirono un po' le idee, tanto da riuscire a rispondergli: – Spiarti? No, guarda che io non sono qui per scoprire i tuoi trucchi, non faccio questo mestiere. Sono una spettatrice come gli altri, e se continuo a tornare, se guardo te più di tutti, se ho chiesto se c'eri anche oggi, è perché non so se tu te ne rendi conto, forse sì visto che hai paura che qualcuno possa rubarti i segreti del mestiere, ma sei bravo, sei proprio davvero bravo...
Le mie ultime parole di quel discorso concitato e sconnesso si spensero in un mormorio confuso.
Il mago esalò un sospiro, e lo vidi rilassarsi, e solo allora capii quanto fosse stato teso prima.
– Perdonami, se ti ho trattato male. – Per un istante chiuse gli occhi, quei suoi bellissimi impossibili occhi d'arcobaleno, riempiendomi di rammarico. – È solo che... non se ne vedono tanti come te, qui. Non come visitatori ricorrenti, almeno.
– Tanti come me? – ripetei le sue parole, dubbiosa.
Il mago annuì. – Non ti sei guardata attorno, in platea? Non hai visto che gli altri spettatori erano un po'... diversi?
Lo fissai senza capire.
– Almeno, lo sai dove sei? – chiese ancora il mago.
Questa era una domanda facile, o almeno lo sembrava. – Al circo – risposi, ma mi riprese quel dubbio di non sapere esattamente dove si fosse impiantato il tendone. Era come se tutto girasse in cerchio tra sapere e non sapere, e l'oscurità che ci circondava non mi offriva alcun indizio.
– Ah, non importa – fece il mago in quel suo timbro musicale, e tracciò con le dita guantate in aria un cerchio che sembrò illuminarsi per un istante, prima di sciogliersi a terra come polvere argentata.
Mi sembrò incredibile che avesse improvvisato uno dei suoi trucchi solo per me, e così da vicino. Mi sentii all'improvviso molto fortunata di avergli potuto parlare. – Posso chiederti una cosa? – azzardai, e a un suo cenno affermativo, proseguii: – Perché i cerchi? Insomma, il tuo spettacolo di oggi ne era pieno, e anche le altre volte, ce n'è sempre qualcuno nei tuoi numeri...
Il mago rise. – Di tutte le cose che puoi chiedermi, ti interessa questo?
Feci spallucce. Non volevo chiedergli di spiegarmi i suoi trucchi, non dopo che aveva fatto tutta quella storia, e per chiedergli il suo numero era ancora presto.
– E va bene – concesse infine il mago. – Perché il cerchio? Perché è la forma più perfetta mai immaginata dal creatore di tutto ciò che esiste, molto tempo fa, prima che immaginasse te.
Il mago sollevò una mano guantata a sfiorarmi una guancia, e alle sue parole e al calore del suo tocco il mio cuore corse più veloce. Per un attimo mi sembrò che si fosse avvicinato: vidi i suoi occhi d'arcobaleno farsi più grandi, e il suo volto mi parve a un palmo dal mio. Ma poi si fece indietro, e io non seppi mai se stava flirtando con me o se la sua era solo una sfortunata scelta di parole.
– Ti stai svegliando – disse il mago, e prima che potesse aggiungere altro mi ritrovai sdraiata al buio, nel mio letto.

sabato 7 settembre 2024

Drastico

Drastico [drà-sti-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che) Energico, deciso, risoluto.

Etimologia: dal greco drastikos, "operativo, efficace", derivato da drao, "agisco, opero".


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Iren Fedo da Pexels


Sapere di aver affrontato un giocatore che aveva davvero ucciso qualcuno al di fuori della distorsione fu spaventoso, ma all'epoca ancora non avevo un quadro completo della situazione.
– Se ne siete sicuri? Se lo ha davvero fatto... perché non avvertite la polizia? – chiesi a Sellit e ad Alex, a voce bassa, un po' perché ero ancora scossa, e un po' perché in fondo eravamo in un luogo pubblico.
Sellit scoppiò a ridere. Alex, invece, si sedette accanto a me e mi spiegò con pazienza: – Come possono prendere qualcuno in grado di sparire in un istante, di passare sotto il loro naso inosservato? E se anche riuscissero a incarcerarlo, pensi che una normale prigione possa trattenerlo?
Feci una smorfia. Ero disposta ad ammettere che catturarlo sarebbe stato un problema, ma poi...
– Basta togliergli il Simpler – affermai, sfiorando l'aggeggio tecnologico che io stessa avevo in borsa.
– Magari fosse così semplice – borbottò Alex.
Sellit, dopo l'ennesimo scoppio di risa, ribatté: – Quel tizio è un naturale, e non ha nemmeno richiesto uno di questi cosi per camuffarsi agli occhi dei nuovi giocatori. – Sellit scostò di poco la giacca, rivelando un angolo del suo Simpler agganciato alla cintura. – Non dovresti saperlo, ma ormai ci sei dentro fino al collo, ragazza. Tempi difficili richiedono decisioni drastiche. La tua amica... lei non lo ha ancora affrontato, giusto?
Pensai ad Anna. A quanto si sarebbe lamentata se avesse dovuto combattere contro uno schifoso del genere. Forse non mi avrebbe detto tutto, come avevo fatto io con Alex e Sellit, ma se ne sarebbe lamentata. – No, io... non credo. Che cosa vuol dire che è un naturale?
– Che non ha bisogno di un Simpler per creare la distorsione – sussurrò Alex, protendendosi verso di me.
Sarebbe risultato più credibile se mi avesse detto che Dhamantin era in grado di volare. Pensai che mi stessero prendendo in giro, ma erano troppo seri per uno scherzo. E ancora non sapevo quanto drastiche si sarebbero rivelate le decisioni di Sellit.

giovedì 5 settembre 2024

Audioracconto - Le Olimpiadi della Biblioteca


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Tima Miroshnichenko da Pexels


Amici e amiche sportivi, benvenuti a un nuovo appassionante appuntamento con "Le Olimpiadi della Biblioteca"! Chi vincerà quest'anno, i Bibliotecari o i Topi di Biblioteca? Scopriamolo assieme con il commento di Quarta Di Copertina e del mitico Som Mario!

Le Olimpiadi della Biblioteca
(racconto breve adatto ai bambini e perché no, anche agli adulti!)

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Tratto dal blog: La Piuma Tramante (http://lapiumatramante.blogspot.com/).
Il testo del racconto è leggibile qui: https://lapiumatramante.blogspot.com/2022/01/le-olimpiadi-della-biblioteca.html

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Testo, lettura ed editing video di: La Piuma Tramante (Elisa Zaccaria).

Musica:
Dizzy (Sting) di Max Surla & Media Right Productions
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=TLFDw8yC9X8);
Newsreel di Max Surla & Media Right Productions
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=7H42PkUIfZQ);
Enter the Maze di Kevin MacLeod (https://incompetech.com/)
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=CCczat1X-2I);
Dizzy di Max Surla & Media Right Productions
dal canale Audio Library (https://www.youtube.com/watch?v=dTMJN6QfGMI).

Immagini di: Tima Miroshnichenko (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-libri-seduto-giocando-6598874/), (https://www.pexels.com/it-it/foto/diversita-inteligente-smart-studenti-universitari-6549379/), (https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-persona-giovane-alunno-6549633/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/sgabello-uomo-persona-libri-6550175/), Photo By: Kaboompics.com (https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-suono-audio-parlando-6920066/), @felipepelaquim - (https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-cantante-vocalist-microfono-a-condensatore-8546523/), cottonbro studio (https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-che-studiano-6344239/) e (https://www.pexels.com/it-it/foto/amici-scuola-biblioteca-interni-6214724/), Yan Krukau (https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-libri-laptop-seduto-8199562/), Pixabay (https://www.pexels.com/it-it/foto/mouse-in-bianco-e-nero-51340/), Nikolett Emmert (https://www.pexels.com/it-it/foto/animali-domestici-roditori-fotografia-di-animali-sfondo-nero-26237047/), Andrea Piacquadio (https://www.pexels.com/it-it/foto/un-uomo-che-tiene-i-suoi-vecchi-libri-3769708/), Lobna Mahmoud (https://www.pexels.com/it-it/foto/libri-impilati-stanza-camera-10402079/), da Pexels, distribuite ad uso gratuito (https://www.pexels.com/it-IT/license/).
Foto di andreas N (https://pixabay.com/it/photos/topo-selvaggio-mais-roditore-930803/), sibya (https://pixabay.com/it/photos/topo-roditore-ratto-topi-peste-3194768/), Silvia (https://pixabay.com/it/photos/molti-topi-capezzolo-topi-roditore-345805/) da Pixabay, distribuito ad uso gratuito (https://pixabay.com/it/service/license-summary/).

lunedì 2 settembre 2024

Motore numero 86


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Foto di Pixabay da Pexels


A Cinde capitava spesso di dover accettare i lavori più strambi che ci fossero sul mercato pur di mandare avanti la baracca. Gestire un'astronave, pure una piccola come la loro, non era affatto economico, e come aveva scoperto a sue spese, a tardare una riparazione o a lesinare sul carburante si correva il rischio di ficcarsi in situazioni niente affatto piacevoli. Perciò, quando le era stata offerta una cifra spropositata in cambio del recupero di un campione sportivo rapito, Cinde non se lo era fatto ripetere due volte e aveva accettato l'incarico.
–...dai pirati spaziali – brontolò Handel, che cullava come fosse stato un bimbo il suo inseparabile fucile a impulsi, rannicchiato assieme agli altri due componenti dell'equipaggio nel basso corridoio di manutenzione della sala motori. – Rapito dai pirati spaziali. Questo almeno avrebbero potuto dircelo.
– Era un dato di fatto che a rapirlo fossero stati dei criminali – replicò Mod. Il tono pacato dell'Arturiano quasi non si udì nel fastidioso ronzio che faceva vibrare l'aria nel ventre dell'enorme nave. – E incrociando i dati con le ultime sparizioni di sportivi professionisti e amatoriali segnalate...
– Va bene, cervellone di rettile – tagliò corto Handel. – Non serve che tu mi spieghi di nuovo come sei riuscito a trovare questo rottame di nave.
Mod fece uno scatto di lato con la testa e puntò gli occhi da serpente su Handel. – No, non serve, se non lo hai capito la prima volta.
– Piantatela, voi due – sibilò Cinde, di ritorno da un'esplorazione in avanscoperta. Era una bella donna fasciata in una tuta bianca aderente, la più bassa del trio composto da un massiccio ex militare o mercenario abbigliato in nero, e un Arturiano allampanato che a parte gli occhi, le mani dalle quattro lunghe dita e le squame sul collo non sembrava affatto diverso da un essere umano.
Handel smise subito di battibeccare con Mod e le strisciò più vicino, restando carponi. – Ce l'hai?
Cinde aprì la mano e fece dondolare sotto il suo palmo quello che sembrava un pezzo di metallo contorto che terminava in una placchetta, appeso a una catenella. Non aveva bisogno di dire che quella era la chiave che cercavano. – Ve l'ho detto che non avrebbero sparato a una donna, e Mod... grazie per quell'induttore di sonno, ha funzionato all'istante proprio come avevi promesso. Ora avanti, sbrighiamoci a recuperare il pacco e ad andarcene da qui.
Senza aggiungere altro, Cinde li oltrepassò nello stretto corridoio di manutenzione e si avviò in direzione opposta rispetto a quella da cui era venuta, destreggiandosi in una selva di cavi e tubi che di diramavano e si incrociavano tutto attorno. La seguiva Mod, che Handel aveva lasciato passare invitandolo con un cenno della mano, e infine Handel, che preferiva non avere l'Arturiano alle spalle nonostante ormai facessero parte dello stesso equipaggio da diverso tempo e avessero condiviso più di una avventura.
Il ronzio crebbe d'intensità a mano a mano che il trio proseguiva lungo il corridoio, e all'onnipresente vibrazione cupa si aggiunsero cigolii sinistri, e sbuffi di vapore che sfiatava dalle valvole. Cinde si fermò accanto a una botola sul pavimento e usò la chiave per aprirla. Una scaletta conduceva al corridoio inferiore, molto più ampio e alto, tanto che Handel e Mod non furono più costretti a camminare accucciati.
Nel nuovo ambiente, l'aria era densa e irrespirabile.
– Che odore! – si lamentò subito Cinde, tappandosi il naso e la bocca con una mano.
Mod non fece commenti, ma da come arricciò le labbra sui denti almeno per una frazione di secondo si capiva quanto anche l'Arturiano, solitamente impassibile, fosse infastidito.
Handel invece si stiracchiò e respirò a pieni polmoni, prima di commentare: – Ah, il buon vecchio tanfo di un motore a sudorazione! Navi come questa non ne costruiscono più di questi tempi!
– E meno male – biascicò Cinde. – Coraggio. Il nostro obiettivo è il motore numero 86.
Sfilarono oltre le numerose porte chiuse che li affiancavano da un lato e dall'altro del corridoio, ciascuna contrassegnata da un numero in un linguaggio che solo Mod era in grado di interpretare. Su alcune di quelle porte si apriva un oblò dal quale era possibile scorgere un esemplare muscoloso di una delle molte razze che abitavano l'universo conosciuto, intenti a svolgere ogni sorta di esercizio fisico con gli occhi socchiusi dal sonno ipnotico. Ventose e tubi collegati ai loro corpi risucchiavano il sudore per convogliarlo nei meandri meccanici della sala motori.
L'Arturiano e la capitana Cinde proseguivano in rigoroso silenzio, con i sensi in allerta; ma Handel non si tratteneva dal commentare tutto ciò che gli passava per la testa, sbirciando i numerosi atleti rapiti dagli oblò: – Toh, mi chiedevo se questo si fosse ritirato, e invece è finito qui... oooh, questo tizio mi ha fatto perdere una scommessa, ben ti sta mezza calzetta! Ma guarda un po', è fisicamente possibile per un Merakiano piegarsi in questo modo, non lo sapevo...
Solo quando Mod annunciò: – Ci siamo – Handel fece silenzio e si diede un contegno più professionale.
Si fermarono tutti e tre davanti alla porta del motore numero 86. Cinde si fece avanti e la aprì con la chiave universale che si era procurata nel precedente incontro con un membro dell'equipaggio.
Un'ondata di vapori mefitici filtrò dall'anta socchiusa nel corridoio, costringendola a trattenere un conato di vomito. Dentro una minuscola stanzetta, in un bagno di sudore, il campione della squadra di punta di Nuova Aldebaran si impegnava al massimo in una lunga serie di flessioni, almeno a giudicare dal numero a sei cifre a cui era arrivato a contare.
– Handel, prendilo e filiamocela – ordinò Cinde, che nonostante il calore emanato dai numerosi "motori" in quella zona della nave si sentì raggelare quando una voce stridente la apostrofò alle sue spalle, levandosi sopra il ronzio continuo dei macchinari.
– Non così in fretta, clandestini.
Cinde si girò e scorse una dozzina di pirati che affollavano il corridoio, e in mezzo a loro, anche quello che pensava di avere messo a nanna per un tempo sufficientemente lungo da permetterle di agire indisturbata.
Quello che pareva il capo tra loro indicò Handel e disse in tono beffardo. – Grazie per averci consegnato un nuovo motore. Quanto a voialtri due... i fattorini non ci servono, potete pure ucciderli.
A quelle parole Handel imbracciò il fucile a impulsi con aria tanto feroce che i pirati spaziali armati solo di coltellacci esitarono ad avvicinarglisi, ma Cinde lo avvisò: – Non in questa parte della nave! Vuoi ferire qualcuno dei motori o ancora peggio, bucare lo scafo?
Handel grugnì di frustrazione nell'abbassare il fucile a impulsi. Era raro che non bastasse il suo intervento e qualche esplosione di particelle a impulsi a tirare fuori Cinde e Mod da una delle situazioni assurde in cui si andavano spesso a cacciare. Lì, però, aveva le mani legate.
A quel punto, Mod si fece avanti. – Posso, capitano?
Cinde fece spallucce. – Tutti tuoi.
Il manipolo di pirati si mise a sghignazzare nel vedere l'esile Arturiano disarmato che veniva loro incontro. L'eterogeneo equipaggio della nave pirata contava membri appartenenti a razze diverse provenienti da svariati pianeti, ma tra loro non doveva esserci alcun Arturiano, valutò Cinde, o avrebbero preso seriamente la minaccia che Mod rappresentava.
L'Arturiano scattò prima che avessero smesso di ridere. Tra colpi di arti marziali arturiane, schivate fulminee e lanci delle lame sottratte alle mani dei pirati, in pochi secondi fu tutto finito.
Handel fischiò. – Cervellone da lucertola, ti muovi bene per essere un rettile.
– Potrei mostrarti quanto – insinuò l'Arturiano, tornato alla sua consueta impassibilità al termine della lotta con i pirati. – Se io e il capitano non avessimo bisogno di una bestia da soma per portare fuori di qui il... "pacco".
Handel fece per ribattere, ma Cinde si intromise tra i due: – Smettetela. Abbiamo un lavoro da fare. Portiamolo a termine, poi potrete punzecchiarvi quanto volete.
Mugugnando, Handel entrò nel vano dello stremato motore numero 86 e cominciò a staccarlo dai macchinari, seguendo passo passo, seppur di malavoglia, le istruzioni dell'Arturiano.