giovedì 14 giugno 2018

Il giorno in cui sono morto

(racconto ispirato dall'esercizio Se potessero parlare... Ho scelto di dare voce a... no, non lo anticipo: ti lascerò indovinare.)
 
Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Il giorno in cui sono morto non era cominciato sotto i migliori auspici. Appena sveglio, già mi sentivo scarico. Per forza: avevo lavorato fino a tardi la sera prima, e il mio non era stato uno di quei bei sonni ristoratori dai quali destarsi pieni di energia. Mi sentivo lento, spento, e di pessimo umore.
Per fortuna c'era qualcuno su cui potevo contare in questa giornata storta: la mia compagna di lavoro, di chiacchiere e di svago. Lasciai tutto nelle sue mani e mi rilassai un po' mentre lei prendeva ogni decisione e mi comandava con piccoli colpetti in fronte: cercami questo, apri quell'altro, scrivi un messaggio e ah, perché non scatti una bella foto?
Lei ordinava, io obbedivo. Ero nelle sue mani, letteralmente. Avrebbe dovuto prestare più attenzione.
Non riuscii ad avvertirla quando le scivolai dalle dita. Sarà stata la paura, ma la mia voce squillante mi sembrò ridursi a una muta vibrazione in gola. Avevo scelto un pessimo momento per entrare in modalità silenziosa.
È la fine, pensai, e mentre cadevo mi passarono davanti alla fotocamera tutta una serie di immagini, i ricordi dei momenti più belli condivisi con la mia compagna dalle dita di burro e la testa tra le nuvole. Troppo pochi gli anni di onorato servizio perché tutto finisse così: non ero un modello superato, e avevo ancora tanto da dare. La mia memoria funzionava bene. Il mio cuore non era obsoleto. Ero aggiornatissimo sulle ultime novità e pienamente operativo.
Ma sotto di me, nessun salvaschermo e nessuna rete per sottrarmi all'inevitabile. Atterrai con un crash e tutto divenne nero.

E ora sono qui, tra vecchi modelli contagiati da virus e altri sventurati come me. Sono rimasto morto per non so quanti giorni, ma la mia compagna ha infine trovato mani esperte a cui affidarmi. Sapevo di poter contare su di lei. Il luminare da cui mi ha portato, a forza di trapianti di tutto quello che c'era di rotto, ha compiuto il miracolo e mi ha resuscitato. Tra poco tornerò da lei e tutto sarà com'era prima.
E no, non riesco a credere alle voci che circolano in questo purgatorio: lei non può, nel frattempo, avermi sostituito con un altro. Qualcuno di più giovane, di più scattante. Qualcuno di nuovo.
Io sono il suo compagno. Io e nessun altro.
D'altra parte non può certo buttarmi via o vendermi al miglior offerente, vero?

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