giovedì 10 novembre 2016

Metodi, domande e mappe

Una delle prime cose, e spesso anche l'unica, che mi dice chi scopre che mi piace scrivere racconti è: "Devi avere una bella fantasia!"

Di solito faccio scena muta, sorrido, annuisco. La risposta che vorrei dare, ma che non ho mai detto, è: "Anche, ma non solo."
Per me fantasia e tecnica vanno a braccetto e non può esistere l'una senza l'altra. L'ho imparato provando e riprovando, confrontandomi con altri che hanno la mia stessa passione e leggendo i consigli di chi ha già percorso questo sentiero di parole (gustosissimi e molto divertenti i 36 consigli di Umberto Eco, che trovi QUI).

Eppure lo stereotipo dello scrittore alla ricerca di una musa di fronte alla pagina bianca o allo schermo del computer è così radicato che fantasia, creatività, immaginazione, estro, ispirazione, sono i soli vocaboli che vengono generalmente associati alla scrittura narrativa. Lo ammetto, quando l'ispirazione giusta si presenta spontaneamente è fantastico, ma il problema è che la musa non è un granché nel rispettare le scadenze. Quando serve e non arriva, ci sono molte strategie che si possono usare per sopperire alla sua mancanza (o per invitarla alla festa). Quale usare dipende dalla preferenza personale, dal momento e da ciò che si cerca di ottenere.


Per il concorso Blusubianco quello che volevo era che il racconto centrasse il tema/titolo proposto, e che potesse proseguire dall'incipit in modo fluido, con uno stile simile, così che lo stacco tra il testo altrui e il mio si notasse il meno possibile. Cosa non facile perché appena ho scoperto che era stato scritto tutto al presente ho avuto un moto di repulsione, abituata com'ero a narrare nel più classico passato remoto da racconto fantasy.

Ho cominciato dal titolo, e ho scelto di costruire una mappa mentale a partire da questo. Quella della mappa mentale è una tecnica molto utile per estrarre più idee possibili da una singola parola, spremendola come un limone. Non è difficile. Si tratta solo di chiedersi "Questo che cosa mi fa venire in mente?", scrivere le risposte attorno alla parola di partenza, e per ognuna porsi di nuovo la domanda e così via, fino ad avere uno schema più o meno così:


Non esiste una mappa mentale giusta e una sbagliata, la mia è solo una delle tante possibili. Se dieci persone ripetessero questo esercizio separatamente, anche partendo dalla stessa parola, otterrebbero dieci schemi diversi, che magari potrebbero in parte sovrapporsi ma non del tutto.

Dal titolo sono passata sono passata all'incipit. Ho cominciato con una analisi superficiale, notando la persona e il tempo e verbale (terza persona femminile, tempo presente) se c'era dialogo (no), azione o descrizione. Ho approfondito l'indagine tentando di rispondere per quanto mi era possibile alle 5 W del giornalismo, Who, What, When, Where, Why (Chi, Cosa, Quando, Dove, Perché)?

Chi? Una donna
Dove? Una casa, camera da letto
Quando? Probabilmente mattina, riferimento alla sera prima
Cosa e perché erano domande la cui risposta spettava al resto del racconto

Per finire ho analizzato l'incipit frase per frase, cosa che ti risparmio (e già sento il sospiro di sollievo!). Per ogni frase dell'incipit ho annotato qualsiasi domanda o considerazione mi venisse in mente, come:

A chi appartiene la camicia?
Borsa nuova: appena acquistata o appena usata per la prima volta per una occasione speciale?
Attende una telefonata?

O ancora:

Sul ripiano più alto: non è qualcosa da usare spesso.
"E’ bella": oggettivo, non soggettivo come in "si sente bella".
La camicia è importante, speciale. Non è una camicia qualsiasi. Ma non so se di lui o di lei.


Non tutte le domande o le riflessioni mi sono servite poi per costruire il racconto, ma non sapendo a priori in quale direzione volevo andare, non potevo sapere cosa è utile e cosa inutile. Quando si utilizza questo metodo bisogna ricordarsi continuamente che non esistono domande o commenti sciocchi: come con il metodo del brainstorming, prima si parla, o scrive, a ruota libera senza censura, e solo dopo si valuta, si critica, si taglia (ancora roteo gli occhi a quel "cerca la stampella per mettere via la camicia?" E per che altro, se no? A meno di non scrivere un racconto paradossale in cui ogni azione ha motivazioni e scopi diversi da quelle che ci si aspetterebbe normalmente. Anche questa è un'idea).


Alla fine ho condensato tutte le riflessioni fatte in un breve appunto su come è composto l'incipit e come potrei proseguire da dove si interrompe, abbozzando più trame tra cui scegliere. Le trovi qui di seguito, ma attenzione: contiene spoiler! Se non vuoi rovinarti il racconto ti consiglio di aspettare e dare un'occhiata solo dopo averlo letto. Se invece preferisci giocare a indovinare quale idea ho scelto di sviluppare, prosegui pure a leggere.

A lunedì per il primo vero racconto (finalmente!).



Curioso, eh?
Lo ribadisco: contiene spoiler. Anticipazioni. Spifferamento di colpi di scena.
Poi non dire che non ti avevo avvertito.


Seguito del racconto: questo incipit richiama una sequenza di eventi quotidiani, molto descrittivo con poco o nulla dialogo e pensiero. Pura descrizione, misto di azione e riferimenti sensoriali, più degli altri sensi che della vista. Deve anche contenere riferimenti alla sera prima, che cosa è successo?
Per vivacizzare il racconto pensavo a un elemento di rottura, una informazione taciuta che il lettore scopre solo alla fine.

Possibili elementi di rottura:
  • Lui è cieco
  • Lui è morto quella notte, ma lei non o sa
  • "Lui" è una lei
  • Lui non è mai esistito se non nella fantasia di lei
  • Lei è una cameriera, la camera è del suo datore/datrice di lavoro. Passione segreta e non corrisposta
  • Lei è una fan, la camicia è rubata/donata dal suo idolo, la telefonata attesa una fantasticheria
  • Lei è l'amante di lui e alla fine lo incontra con la sua famiglia (è costretta a far finta di niente o scenata?)

2 commenti: