giovedì 4 aprile 2019

Personaggio: Jasmen Astorenn

Mi sono resa conto che se ho un eroe disilluso che ha appeso la spada al chiodo, mi basta scavare nel suo passato per ritrovare l'eroe buono che è in lui. Così, finalmente, eccolo... Il primo dei miei ragazzi che fa la sua comparsa in questa sezione del blog dedicata ai personaggi.

Immagine creata con Mega Anime Avatar Creator di Rinmaru Games


Anche se a un certo punto smette di esserlo per assumere un atteggiamento più pragmatico, Jasmen Astorenn in gioventù è un idealista. Nato in una delle famiglie della piccola nobiltà di Penterra, fin da bambino inizia a mettere in discussione la sua posizione privilegiata. E con la mente alimentata dalle storie di grandi eroi e cavalieri del passato, prende parte a modo suo a una crociata contro l'ineguaglianza e le ingiustizie che vede nel mondo... o almeno, nel piccolo stato in cui vive. Sebbene porti una spada, questa è solo un simbolo per Jasmen: la sua arma è la penna, e così nottetempo Jasmen affigge per le vie della città volantini satirici e di denuncia scritti sotto pseudonimo.
Come altri eroi buoni, Jasmen sceglie la parola per le sue lotte, e ricorre alla violenza solo se messo alle strette. Persegue un alto ideale e non si lascia distogliere dall'ambizione. Infatti, una volta raggiunto il suo primo obiettivo di restituire il governo del suo paese nelle mani del popolo, alle prime elezioni libere Jasmen non si rivela come autore dei volantini, e offre invece il suo sostegno e il suo pseudonimo a un candidato che ritiene meritevole. E quando quest'ultimo si dimostra invece un tiranno, Jasmen, interno al governo e uomo di fiducia del nuovo presidente, accetta di operare sotto copertura per un gruppo di ribelli, passando informazioni e aiutandoli a mettere in atto i loro piani.


Questi i brani già scritti in cui compare Jasmen Astorenn.
Jasmen bambino e una cuginetta appiccicosa
Jasmen compone versi per un madrigale
Una rissa durante una festa
Jasmen si prepara per un "duello"
Jasmen e il piano di Helanna
Jasmen scopre il passato di Helanna
I problemi di tenere una mutaforma chiusa in una stanza
Jasmen impara usi e costumi dei mutaforma


L'esercizio richiede di scrivere il momento di dubbio dell'eroe buono, quello in cui i suoi valori sono messi alla prova. Per Jasmen, questo momento arriva quando comincia a mettere in discussione i metodi dei ribelli, e lui stesso deve compiere una scelta tra la sua vita e i suoi ideali. Il brano che segue si pone tra quello del piano di Helanna, e il racconto successivo nella sequenza riportata sopra.


Non sapevo cos'era andato storto. E il mio contatto si rifiutava di fornirmi una spiegazione. Stava sprecando fin troppo tempo a ripetermi che non dovevo chiamarli da dentro il palazzo presidenziale, invece di darmi le risposte che cercavo.
– No, ora ascoltami bene – sibilai, camminando avanti e indietro.
Non sapevo con chi stavo parlando: la linea sicura era protetta da una schermatura di quinto livello, che faceva apparire l'ologramma del mio interlocutore come un sipario di scariche statiche e distorceva la sua voce in un timbro elettrico e cavernoso. Poteva essere Helanna, o uno degli altri, ma non mi importava: ero furioso. – È morta una donna. Per quello che doveva essere un bluff senza conseguenze...
– Un'Eterna – mi corresse il mio contatto. – Avanti, sai come sono dopo il condizionamento. Le vedi tutti i giorni. Era solo un guscio vuoto. Di certo, la ragazza avrebbe preferito la morte a quello.
Strinsi i pugni e fissai la sagoma vaga e sfrigolante di quello che avevo creduto un essere umano. – Non osare. Tu non avevi alcun diritto di prendere questa decisione per lei. Né tu, né io, né altri. E in primo luogo, non si era mai parlato di omicidio...
Mi resi conto di stare alzando la voce. Respirai un paio di volte. I muri erano spessi, ma io preferivo non rischiare. Quella conversazione, in quel luogo, era un azzardo pericoloso, e se qualcuno avesse sentito... se ci avesse sentito un'Eterna...
Mi avvicinai a grandi passi all'ologramma e tornai a sibilare a bassa voce. – Assassinare il presidente. Non erano questi gli accordi, non era questo il piano, e se avessi saputo che intendevate tentare una follia del genere, non avrei mai partecipato alla vostra farsa.
Non ascoltai l'ologramma distorto che si giustificava, perché un pensiero mi colpì all'improvviso. Di sicuro, lei non poteva essere stata d'accordo. Non poteva essere stata al corrente del piano fin dall'inizio, e avermi ingannato senza battere ciglio. – Helanna... Helanna non lo sapeva, vero? Avete usato anche lei, una dei vostri, che razza di bastardi farebbero una cosa del genere?
Non scoprii se Helanna fosse stata loro complice in quel piano. Non in quel momento.
Perché in corridoio, al di là della porta chiusa, risuonò la fanfara presidenziale.
Scossi la testa, e mi chiesi quando fosse diventato così pomposo da volersi far annunciare ovunque, specie quand'era di buonumore. Ma non m'importava, perché quella volta la sua mania di grandezza giocava a mio favore.
– Devo andare – bisbigliai, e chiusi la connessione.
Quando il presidente Neron entrò, non c'era più traccia dell'ologramma sospetto che avrebbe potuto rivelargli il mio tradimento. Neron allargò le braccia, e le Eterne che lo affiancavano si disposero in una fila dietro di lui. Tutte uguali, tutte mute, belle, e devote.
– Reco una splendida notizia, fratello! – esordì il presidente. – Ho trovato il colpevole che cercavo.
Batté le mani una singola volta, e le Eterne dietro di lui appoggiarono le lance alla spalla destra e applaudirono all'unisono, finché lui non fece cenno di smettere.
Gli sorrisi e replicai: – Ottimo! – Dentro di me però tremavo, perché sapevo che quel colpevole ero io. Avevo ancora in tasca la boccetta di amaricante con cui avevo corretto il bicchiere destinato al presidente. O meglio, di quello che credevo essere amaricante, ma che doveva essere stato invece veleno. La boccetta era una prova sufficiente per condannarmi, ma Neron non l'aveva ancora scoperta, perciò doveva essere stato qualcos'altro, qualcosa che avevo detto o fatto, a tradirmi. Mentre rimuginavo su cosa avessi fatto di sbagliato, il presidente mi si avvicinò e mi pose le mani sulle spalle. – Andiamo, perché quella faccia cupa? Dobbiamo festeggiare! La morte della mia prediletta non resterà impunita.
– E cosa... – Avevo la gola secca, ma mi costrinsi a guardarlo negli occhi e chiedere: – E cosa intendi fare, ora che lo hai scoperto?
– Naturalmente, torturarlo per ottenere il nome dei suoi complici. – Il presidente mi lasciò e si avvicinò a un tavolino, dove si versò da bere da una brocca in cristallo. Fece un cenno alla prima Eterna della fila, che si avvicinò per assaggiare per prima il liquore dalle sfumature ambrate. – E, se sopravvive, una pubblica esecuzione. In tanti là fuori attendono di veder morire colui che ha ucciso una ragazza innocente, nel tentativo futile di attentare alla mia vita. E chi sono io per deluderli?
Il presidente Neron mi rivolse un sogghigno soddisfatto. Abbassai lo sguardo. Sapevo che non gli importava davvero della donna che aveva dato la vita per lui. Neron non la conosceva, non sapeva nemmeno il suo nome, così come non lo sapevo io, o le altre come lei già pronte a sostituirla. Ai suoi occhi era solo un mezzo per uno scopo: conquistarsi il favore del popolo, dimostrando che si prendeva cura di una di loro, e offrendo allo stesso tempo un nemico da odiare.
Neron e i ribelli non erano poi così diversi.
Avanzai di un passo. – Non c'è niente che possa dire per farti cambiare idea? – mormorai rassegnato.
Il presidente mi scrutò. – So come la pensi, fratello. Ma non è tempo di mostrarsi deboli. Ora è tempo di agire, e di farlo con forza. È stato commesso un atto imperdonabile, e il colpevole deve pagare. – Neron batté un pugno sul tavolo, poi accettò il bicchiere che l'Eterna aveva testato e bevve tutto d'un fiato il liquore che era rimasto. – Una squadra di Eterne sta già andando a prenderlo. Mi occuperò personalmente di quella serpe di cameriere, stanne certo.
– Cameriere? – biascicai, stordito. Per un momento non capii a cosa Neron si stesse riferendo, poi compresi. Antinoo, l'altro membro della ribellione infiltrato a palazzo, colui a cui passavo le informazioni prima che si fidassero di me a sufficienza da concedermi accesso alla linea sicura.
Provai un enorme sollievo quando compresi che Neron non intendeva torturare o uccidere me. Poi, subito dopo, nel mio animo s'insinuarono la colpa e il dubbio.
Antinoo non aveva fatto niente. Era lì quando l'Eterna era morta, ma non aveva versato lui il veleno. Infilai la mano in tasca e strinsi la boccetta. Potevo fare la cosa giusta. Potevo scagionarlo. Ma esitavo ad attirare su di me l'ira di un uomo che avevo scoperto essere vendicativo, sadico e inflessibile.
Ero davvero disposto a lasciar morire un uomo innocente per salvare me stesso?

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