giovedì 7 marzo 2019

Personaggio: Eilonwy Polidoro

Continuando con i personaggi che rappresentano la Persona comune, su un versante completamente opposto mi torna in mente questo.

 
 
"Il mio nome è Eilonwy Polidoro. Un nome non comune, per una ragazza fin troppo comune - almeno, per 362 giorni all'anno."
Così Eilonwy comincia a raccontare la sua storia. A differenza di Lisa, che ha fin dall'inizio un legame con un altro mondo, a Eilonwy capita per caso di conoscere Jake: lui, e la sua famiglia, sono gli elementi fantastici in una storia altrimenti normale di due ragazzi che si incontrano, anno dopo anno, durante le vacanze estive in riva al lago. Ma le stranezze di Jake continuano a sommarsi fino all'inevitabile "esplosione".
Eilonwy non solo ha un nome più complicato, ma è anche come carattere l'opposto di Lisa: è una ragazza ciarliera, curiosa, estroversa, e a volte fin troppo impulsiva. Il suo modo di raccontare, la sua voce, i suoi commenti spiritosi, la rendono un personaggio divertente da scrivere. E, spero, anche da leggere.


Questo il brano già scritto in cui compare Eilonwy Polidoro:
Eilonwy scopre il segreto di Jake


Anche se il primo vero contatto con l'aspetto straordinario del suo mondo avviene nel brano precedente, è in questo, che si svolge il mattino dopo, che Eilonwy comincia davvero a esplorare e a cercare di capire in che cosa si sia imbattuta.


Non avevo mai visto Jake in quel modo. E non intendo seduto a terra a gambe incrociate, con la schiena appoggiata al tronco di un albero. Quello era un classico.
Non lo avevo mai visto con un volto simile. Sembrava il suo, sì, ma allo stesso tempo sembrava anche quello di una bambola di porcellana, tanto la sua pelle era chiara, levigata e perfetta. Artificiale. Come se avesse avuto addosso una maschera, impressione confermata anche dalle orecchie a punta e dal taglio allungato degli occhi. Ma non era una maschera, e me ne accorsi quando Jake aprì gli occhi e scattò in piedi: non appena mi vide, la punta affusolata delle orecchie si ritirò in una curva più naturale e sul suo volto comparvero tutti quei difetti, le asimmetrie e le imperfezioni che lo rendevano umano.
Soltanto il giorno prima, se lo avessi visto cambiare in modo così repentino, avrei pensato a uno scherzo della mia mente assonnata. Ma dopo il modo in cui mi era apparso quando lo avevo riaccompagnato a casa, quella metamorfosi meravigliosa non mi sembrava poi così impossibile.
– Che ci fai tu qui? – sbottò Jake, una volta tornato quello di sempre.
Sbuffai. – Mi nascondo dai tuoi parenti che vogliono uccidermi. Tu, piuttosto, che ci fai qui?
Non che fosse tanto inconsueto trovarlo nei boschi attorno al lago. Era dove c'incontravamo sempre. E infatti Jake ignorò la mia domanda, mi squadrò con espressione sorpresa e poi scosse la testa. – Mi dispiace che ti abbiano dato questa impressione. Ma non vogliono ucciderti. Vogliono soltanto cancellarti la memoria.
Ah. Detta così suonava molto meglio. Non mi soffermai a chiedermi come fosse possibile. Incrociai le braccia. – Senza nemmeno chiedere il mio parere? E se io non volessi?
Jake aggrottò la fronte e si mosse verso un larice alla sua destra. – Impossibile. Non dirmi che non vuoi che tutto torni come prima. – Jake si appoggiò con un braccio al tronco del larice e mormorò, senza guardarmi. –  Io lo farei, se potessi. Dimenticare.
Piegai le labbra in una smorfia. – Certo. Perché sei tu quello che ha visto un... – Stavo per dire "mostro", ma mi interruppi. Giusto in tempo. – ...una cosa troppo strana per sembrare vera.
– No. Ma ho visto il modo in cui mi hai guardato. – Jake mi sbirciò. – E non potrò mai dimenticare. I trucchi di Kàli non funzionano su di me.
Spalancai gli occhi. Non ci avevo proprio pensato. Che stupida. Sentii le braccia che si scioglievano e si rilassavano lungo i miei fianchi mentre muovevo lenti passi in avanti, verso Jake. – Quella... quella era la reazione di una persona che è stata presa alla sprovvista. Che non ha saputo ascoltare. – Non volevo trovare una scusa per giustificarmi. Ma era la verità. Proseguii, mentre Jake si voltava verso di me. – Ma qualcuno, qualcuno di molto saggio e di molto importante, mi ha detto che non conta come appari, che tu rimani sempre Jake, il mio ragazzo del bosco. E io... avrei dovuto dargli retta.
Jake mi rivolse un mezzo sorriso. Gli ero arrivata di fronte: guardandolo negli occhi, alzai una mano e gli accarezzai la guancia.
– Io so chi sei. Perciò, puoi mostrarti.
Jake si ritrasse dalla mia mano. – No, tu non... – Tentò di dire, ma io lo zittii con uno "shhhh" perentorio.
– Lo vuoi davvero? – Mi chiese Jake. Annuii. Lui esitò, ma alla fine si appoggiò con la testa e la schiena al tronco del larice, chiuse gli occhi, sospirò, e lo fece.
Al contrario di lui, io mantenni gli occhi ben aperti. Volevo vedere tutto, stavolta. E lo vidi. Vidi la pelle ritirarsi sulle sue guance e farsi nera come un pezzo di carbone, le labbra assottigliarsi e sparire, così come i capelli e i naso, trasformato in un paio di fessure tra i denti e le sue palpebre chiuse. Trasalii, ma solo perché Jake sembrava essere stato consumato da un incendio senza fiamme.
Mentre lui non guardava, posai di nuovo la mano sulla sua guancia. Nonostante il suo aspetto, la sua pelle non era friabile come carta bruciata, bensì dura come pietra.
– Ti fa male? – gli chiesi, intimorita dalla magrezza che vedevo nelle sue braccia e sotto agli abiti.
Jake aprì gli occhi. Quelli, non erano affatto cambiati. – No. È tutto il contrario – rispose lui, mentre sollevava la mano lentamente, lasciandomi il tempo di sfuggire al suo tocco, se lo avessi voluto. Era cauto.
Ma io no. Io ero curiosa. Avevo mille domande, e non sapevo da quale iniziare. Lasciai che Jake posasse la sua mano scheletrica e nera sulla mia, mentre le domande scendevano dalla mente e mi si affollavano in gola. – Vuoi dire che stai male quando sei umano? È per questo che ti serve l'inalatore? E quello di prima, quella specie di elfo, cos'era? Come fai a cambiare così, sono tipo delle illusioni, degli ologrammi o cosa? E tu, il vero te... tu sei così, giusto? Ma da dove vieni, insomma, di sicuro non è normale, devi essere una specie di alieno o...
Jake rise. Mi ritrassi e gli rivolsi una smorfia seccata. – Non prendermi in giro!
– Variante umana – spiegò Jake. Mi feci attenta e bevvi ogni sua parola. – Ci chiamano così. O Aberrazioni. La mia è una tra le più rare. – Jake si voltò in direzione di casa sua. – Io e mio fratello siamo nati qui, ma abbiamo viaggiato in avanti nel futuro. Molto avanti. In un tempo in cui c'è qualcosa nell'aria che cambia le persone, o le fa morire. Si può dire che sono stato fortunato.
La pelle attorno ai suoi denti scoperti si tese un po' di più, forse in un tentativo di trasformare quel perenne ghigno da teschio in un vero sorriso.
– Quando mi vedi diverso, non è un ologramma. Mi trasformo davvero. Ma è stancante, per me. È come... come tenere addosso un abito pesante, rigido e scomodo.
Annuii. – Quindi, quando invece sei così... è come essere nudo? – Sentii un po' di calore arrossarmi le guance. Ridacchiai.
– In tutti i sensi. – Jake abbassò il capo. – Compreso il fatto che mi imbarazza, che tu mi veda così.
Il calore lasciò le mie guance e si spostò nello stomaco, dove si trasformò in un fremito ansioso. Avvicinai il mio viso al suo prima ancora di capire che cosa volevo fare. Jake lo comprese prima di me e iniziò a mutare, a riguadagnare il suo aspetto florido e roseo, da essere umano.
– No – soffiai sulle sue labbra che si riformavano. – Resta come sei. Per favore.
Jake non mi chiese se era quello che davvero volevo. Attesi che tornasse a essere completamente se stesso, il Jake che avevo appena conosciuto, eppure, allo stesso tempo, il ragazzo che conoscevo da tante estati, tre giorni alla volta. E a quel punto posai le mie labbra su ciò che rimaneva delle sue in un bacio casto.
Era il mio primo bacio. E lo stavo dando alla bizzarra creatura che era stata il mio amico d'infanzia.
Pensavo che la mia vita non potesse diventare più complicata e strana di così.
Ma era evidente che mi sbagliavo.

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