lunedì 26 febbraio 2024

Ologrammi, arance blu e vecchi libri


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Ali Pazani da Pexels


Dovevo ancora abituarmi alla mia nuova vita. Certe volte mi svegliavo pensando di essere a casa, nel mio tempo, di essere ancora un essere umano, poi sentivo che c'era qualcosa che non andava nel mio corpo, che le gambe erano troppo magre e spigolose, o nel toccarmi la faccia sentivo le guance incavate e mi chiedevo dove diavolo fosse finito il mio naso, e quando aprivo gli occhi eccomi lì, l'Aberrazione più strana che si fosse mai vista nella Riserva. Un incrocio tra un pezzo di carbone e una mummia.
Kàli era paziente con me, e tutti alla Riserva erano stati gentili, ma io faticavo ad adattarmi a quel cambiamento. Era andata un po' meglio da quando avevo scoperto, in maniera del tutto casuale, di essere in grado di trasformarmi nelle varianti umane delle altre Aberrazioni quando le toccavo, anche se non riuscivo a mantenere il loro aspetto per più di qualche ora, e di sicuro non ci riuscivo quando dormivo. Kàli mi prestava spesso le sembianze della sua variante umana, che chiamavano Acquatica, e io le ero grato perché tra tutti gli abitanti della Riserva lei sembrava quella più umana. Dovevo solo sopportare il fastidio di avere le branchie e un po' di squame, non dappertutto per fortuna, ma a parte quello e la voglia irresistibile di tuffarmi nel lago della Riserva, mi sembrava di essere tornato il vecchio me.
Una mattina, qualche giorno dopo la scoperta della mia natura camaleontica che aveva reso un po' più tollerabile la mia nuova vita, Kàli mi svegliò di buonora.
– Mettiti questo – mi disse, presentandomi un ampio mantello scuro con un cappuccio. – Andiamo al mercato e tu vieni con noi.
Non osai chiederle se non si fidasse a lasciarmi nella Riserva mentre lei e un paio degli altri residenti erano fuori casa. Quello era un diversivo gradito anche per me, sebbene mi rendesse anche molto nervoso. L'ultima volta che ero stato a Metronas, ero ancora un essere umano.
Finsi di ascoltare le raccomandazioni di Kàli mentre mangiucchiavo la colazione che lei mi aveva costretto a portarmi dietro, da quanta fretta aveva di partire, e nella mia mente giravano gli scenari orribili di tutto quello che poteva andare storto mentre mi trovavo in mezzo a una folla di estranei.
Così, quando l'antiquato furgoncino con cui l'altra volta avevamo raggiunto la megalopoli futuristica si fermò nel parcheggio semivuoto di fronte a un immenso capannone nel bel mezzo del nulla, io ero l'unico sorpreso di trovarmi lì.
– Benvenuto nel Grande Mercato Olografico Occidentale! – annunciò Kàli, dandomi la mano mentre scendevo per innescare la mia metamorfosi.
In quei primi giorni, ancora non ne avevo il controllo.
– Olografico? – le chiesi, e Kàli annuì.
– Ti ho già spiegato come funziona – mi disse, spiegazione che io mi ero perso mentre pensavo i fatti miei durante il viaggio. – E ora andiamo, e vedi di non farti notare.
Sollevai il cappuccio sulla testa e tenni le mani ai miei fianchi, sotto la stoffa, mentre mi avvicinavo all'ingresso accanto a Kàli. Una precauzione, questo almeno lo avevo capito, nel caso non fossi riuscito a mantenere la forma Acquatica, e per evitare il contatto con altre varianti umane tra la folla che si aggirava nel mercato. Che, nonostante la scarsità di mezzi di trasporto nel parcheggio, era davvero strapieno.
Non appena varcammo la soglia, fortunatamente nonostante fossi intabarrato nel mantello senza suscitare una sola reazione da parte dei due energumeni di guardia - Troll, mi aveva detto Kàli - la testa mi girò per il brusio continuo di centinaia di voci. Non avevo più visto così tante persone di tutte le forme tutte assieme, da quando mi avevano portato a fare un giretto in città.
– Non ti preoccupare, non sono tutte qui – si affrettò a rivelarmi Kàli. – Ma tu stammi vicino, non voglio perderti. Da questa parte.
Kàli camminò svelta, aggirando banchi con ceste di frutta dai colori bizzarri, tavolate intere di lunghe stoffe che cambiavano disegno e si avvolgevano in rotoli da sole, banchetti strapieni di componenti elettronici tra i quali identificai con sgomento almeno un occhio e una gamba bionici, una tenda in cui intravidi una zingara con quattro braccia e la pelle verde che leggeva immagini che si formavano a mezz'aria, e una schiera di gabbie con dentro incroci bizzarri, un gatto uccello e una volpe farfalla e pesci con le zampe e chissà quali altri ibridi. Dovunque i clienti valutavano la merce o trattavano con i mercanti. Vidi tra gli uni e gli altri persone dal collo lungo come giraffe, con ali di insetto o uccello o pipistrello, creature bellissime dalle orecchie a punta o ingobbite e deformi, enormi uomini che parevano scolpiti nella pietra come i due all'ingresso, e perfino una donna con addosso una maschera antigas e fiamme che le danzavano sulle dita, che doveva essere una Salamandra come quella che avevo visto a Metronas. Io mi stringevo nel mantello per cercare di non toccare nessuno di loro, e solo quando Kàli si fermò di fronte a un banchetto che vendeva vecchie statuine, mobili antichi, tovaglie tarmate e altre anticaglie che parevano provenire dal mio secolo, e che mi diedero una fitta di nostalgia per il mio passato perduto per sempre, io mi permisi di far sporgere una mano per tastare una delle arance blu del banco accanto.
– Sicura che tutta questa roba sia olografica? A me sembra reale.
Afferrai l'arancia e la lanciai in aria un paio di volte. In altre circostanze il venditore avrebbe borbottato e mi avrebbe tenuto d'occhio per evitare che la intascassi, ma quello non mi badò nemmeno.
– Sì, te l'ho detto, tutta la merce esposta è olografica e puramente dimostrativa. Scegli quello che vuoi, paghi, e ti viene recapitato direttamente a casa. – mormorò Kàali, lievemente scocciata. Per lei forse erano cose ovvie, ma non lo erano affatto per me. – Per questo anche buona parte dei clienti preferisce visitare il mercato sotto forma di proiezione olografica. Quelli che hanno un impianto neurale con la funzione "presenza da remoto", perlomeno.
Il che spiegava anche perché noi eravamo lì in persona. Quasi nessuno alla Riserva era stato tecnologicamente modificato, e nessuno comunque aveva impianti di quel tipo.
– Sì, però io la sento proprio in mano. Insomma, sento il peso, e sento la buccia, e sembra in tutto e per tutto una vera arancia, colore a parte. Mi dà l'impressione che potrei anche sbucciarla e mangiarla.
Kàlì indicò il soffitto del capannone, senza alzare lo sguardo. Io lo alzai e vidi solo lunghe file di fari in corrispondenza dei banchi del mercato. – Proiettori di campi di forza. Potresti sbucciarla, sì, e vedere com'è fatta dentro, e potresti persino mettere uno spicchio sulla lingua, ma quei cosi lassù non proiettano il sapore, e lo spicchio sparirebbe non appena chiudi la bocca.
Annuii e misi giù l'arancia "puramente dimostrativa". Avrei voluto chiedere tante altre cose a Kàli, ma sarei passato per ingenuo e ignorante nel domandarle come funzionasse la "macedonia istantanea spray" o perché qualcuno sentisse l'esigenza di tenere in casa uno scoiattolo-ragno con mimetismo incorporato.
– Questo è interessante – mugolò Kàli. Mi avvicinai e la vidi sfogliare un comunissimo libro. Non ne avevo più visti, persino alla Riserva si leggevano giornali e romanzi solo su lastre trasparenti e ipertecnologiche.
Quando Kàli sfogliava le pagine di quel librone, però, le parole comparivano quasi per magia, e tornavano bianche non appena passava alle pagine successive.
– Ah, "Storia del Giorno delle Urla e classificazione dei sopravvissuti" – declamò il mercante. – Una copia, naturalmente, ma ha buon occhio, signorina, si tratta di un volume antico e molto raro.
– Quanto è fedele all'originale? – chiese Kàli.
– I miei testi hanno tutti una percentuale di fedeltà superiore al 97%, ma questo in particolare è valutato come identico al 99,1%. Un vero affare.
Kàli si fermò a leggere il contenuto di una pagina, e io trattenni il fiato. Sotto il titolo "Changeling" a grandi lettere era raffigurata una creatura al 99,1% identica a quello che ero diventato io dopo la mia dolorosa prima metamorfosi.
– I Changeling! – esclamò il mercante, nel notare la pagina che aveva attratto l'interesse di una possibile futura cliente. – Una forma di Aberrazione estinta  Erano già molto rari nei primi anni, cagionevoli di salute, e inoltre... chi mai vorrebbe avere a che fare con una mostruosità del genere?
Il mercante scoppiò a ridere. Avrei tanto voluto dirgli qualcosa, fargli rimangiare le sue parole, ma strinsi i pugni sotto il mantello e mi trattenni. Ero un Acquatico come Kàli, per il mercante, e tale dovevo restare.
– Interessante. Sono sempre stata appassionata di storia, e questo volume mi manca. Lo prendo.
Kàli chiuse il libro, pagò il suo prezzo e ci allontanammo alla svelta dalla bancarella, in cerca delle altre cose nella lista di Kàli prima di riunirci ai due abitanti della Riserva che erano andati a far compere per conto loro. Avremmo avuto tutto il tempo di leggere il resto di ciò che mi riguardava una volta che il libro fosse arrivato alla Riserva. Secondo Kàli, la spedizione era tanto rapida che probabilmente lo avremmo trovato già a casa al nostro rientro.
Io cercavo di non pensarci, ma quel poco che già avevamo scoperto continuava a ronzarmi in mente.
Ero un'Aberrazione estinta. Per forza che nessuno alla Riserva aveva saputo identificarmi.
– Insomma, non bastava che fossi una cariatide di trecento anni fa – mugugnai rivolto a Kàli, mentre ci aggiravamo tra i banchi di merce olografica del mercato. – Ora mi tocca scoprire che sono addirittura un dinosauro?
Kàli, con mio sommo dispiacere, non capì la battuta.

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