lunedì 13 marzo 2023

Il più grande esperto di draghi


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Dettaglio da una foto di Joshua Roberts da Pexels


Il vecchio cacciatore accanto al bancone stava raccontando le sue storie farlocche e regalando consigli inutili a uno stuolo di creduloni da ormai mezza serata, fin da quando, in effetti, aveva cominciato a diluviare fuori dalla locanda, e una stanza calda e asciutta, seppur ammorbata dalle sue chiacchiere, era un'alternativa migliore al freddo pungente e alla pioggia copiosa di quel tardo autunno. Lo pensavano i creduloni, lo pensavo io, e lo pensava anche un gatto dal pelo maculato, mollemente adagiato sull'unica altra poltrona accanto al fuoco, oltre a quella che avevo reclamato per me fin dal mio ingresso alla Locanda del Drago di Pietra. Non ero stato disturbato, se non dal piccolo felino che si era strusciato più e più volte contro le mie gambe, incurante del pericolo che correva nel ronzarmi attorno. E ora se ne stava lì, col suo ronfare ritmico, tutto tranquillo su una poltrona poco distante da me che stavo meditando di farne la mia cena.
Il vecchio cacciatore proseguiva imperterrito nel descrivere le sue presunte uccisioni di draghi. Un passaggio particolarmente avventuroso fu sottolineato da un lampo seguito da un improvviso scoppio di tuono che fece trasalire più d'uno dei creduloni che gli davano retta.
Non mi mossi dalla poltrona, che dava loro le spalle, ma approfittando di un istante di silenzio dissi: – A sentirvi, le pianure da qui a Laeverth dovrebbero essere cosparse di carcasse di draghi.
Il vecchio cacciatore fremette alla mia palese incredulità. Qualcuno rise, ma i più mi ignorarono, e spronarono il vecchio cacciatore a raccontare un'altra delle sue fanfaluche.
Forse, al posto del gatto, più tardi avrei mangiato lui.

Il vento soffiava impetuoso fuori dalla locanda e la pioggia scrosciava contro i vetri e il tetto più forte che mai a notte fonda, quando le candele erano ormai consumate e l'unica luce rimasta nella sala era quella del fuoco nel caminetto che io continuavo ad alimentare, oltre a quella effimera dei fuochi celesti accompagnati da violente esplosioni di un temporale ancora lontano dal placarsi.
Nessuno si era accorto che io, al pari del gatto, ero rimasto seduto sulla poltrona invece di chiedere al locandiere la chiave di una camera al piano di sopra. Ero invisibile, una bestia randagia, e mi andava bene così.
Stavo aspettando, con la pazienza di un predatore atavico.
Il vecchio cacciatore aveva bevuto molto, e prima o poi avrebbe dovuto smaltire tutti quei liquidi, in un modo o nell'altro.
Dopo l'ennesimo scoppio di tuono, un lume scese lungo le scale, accompagnato dal passo strascicato del vecchio cacciatore, dalle sue imprecazioni biascicate e dal suo sgradevole odore. Infatti, non mi sbagliavo.
Io non sbaglio mai.
Mi levai in piedi. Il gatto si stiracchiò nella sua poltrona, forse presagendo che stava per avvenire qualcosa.
– Eccolo qua il grande esperto di draghi! – bofonchiò il vecchio cacciatore in tono di scherno, non appena mi parai di fronte a lui a sbarrargli la strada. – Ti credi tanto furbo, giovanotto, ma scommetto che non ne hai mai visto uno nemmeno da lontano.
Sogghignai. Quella era una scommessa che il vecchio non avrebbe vinto.
– Non hai la minima idea di quanti draghi ho visto e di quanto ne so al riguardo, vecchio – sussurrai mentre avanzavo e riducevo la distanza tra noi. Lo so, era ironico che io chiamassi lui vecchio, ma ancora non avevo voglia di rivelargli tutto e interrompere il gioco. – Anzi, posso dirti qualcosa che nessuno sa sui draghi, il loro segreto meglio custodito, ma ne pagherai il prezzo.
All'avanzare della mia figura imponente, incalzato dal mio sguardo minaccioso, il vecchio indietreggiò verso il caminetto, ma non appena sentì parlare di prezzo fece un gesto sprezzante con la mano libera, come a voler scacciare una mosca.
– Sei solo un ciarlatano, come tutti quelli che si perdono in chiacchiere sui draghi – bofonchiò.
– Come te? – insinuai, con un altro sogghigno che stavolta mise in mostra una fila di denti aguzzi. – Tranquillo, non sono qui per derubare un ignorante, non è in monete che si misura il prezzo della conoscenza.
Un fulmine cadde molto vicino, e lampo e tuono esplosero all'unisono. Un altro passo, e il vecchio cacciatore si ritrovò con le spalle contro il muro a lato del caminetto. Così vicino alle fiamme che il calore era quasi inebriante, ma lui sudava.
Forse, in qualche angolo della sua mente, un fioco barlume di istinto, che non poteva essere definito intelletto, già lo aveva avvisato del pericolo, già aveva intuito ciò che stavo per rivelargli.
– Vecchio, le tue possono essere menzogne – esordii, ignorando la sua fiacca protesta. – Ma tu, senza saperlo, hai visto almeno un drago da vicino. E questa è l'unica storia vera che non racconterai.
Lo afferrai per un braccio e in un istante gli fui addosso. La candela tremò nella sua mano quando scorse i miei occhi illuminati da un bagliore di lava. Di certo percepiva il calore che emanava la mia pelle, anche se il fuoco, trattenuto in profondità, ancora non era tanto intenso da scottarlo.
– Già lo hai capito il segreto, vero? – Gli dissi trionfante, con la voce arrochita. – Non urlare, no, o brucerò questo posto dalle fondamenta. E credimi, la pioggia non salverà chi sta dormendo al piano di sopra. Esatto, non la salverà.
Sapevo che aveva qualcuno da proteggere, di sopra. Lo avevo visto condurla su per le scale, prima che la marmaglia della sera arrivasse a riempire la sala di chiacchiere e canti stonati. Era il motivo per cui avevo atteso tanto a lungo, per cui avevo atteso che lui scendesse.
L'odore di fumo mi riempì le narici, soffocando quello sgradevole dell'uomo nelle mie grinfie, e uscì in piccoli sbuffi con le mie parole. – Come siete facili da ingannare voi creature inferiori. Talmente facili che è quasi noioso.
Talmente facili, che io ero stato sfidato dai miei simili a osare qualcosa di più. Sedurre una femmina umana, indurla con le moine e non con la violenza a giacere con me.
Si deve pur avere un passatempo quando si vive tanto a lungo.
– Sai, vecchio, penso che adesso ti ucciderò e mi prenderò tua figlia. O forse ti costringerò a guardare prima di bruciare entrambi?
Il vecchio cacciatore tremò, ma non più di paura, bensì di furore. – Se le fai del male, giuro che ti ucciderò, mostro!
Scoppiai a ridere. Lui, spinto dalla disperazione, senza neppure più dare retta a quel briciolo d'istinto che avrebbe dovuto avvertirlo della stupidità del suo gesto, mi gettò addosso la candela.
La fiammella si spense sfrigolando contro il mio braccio.
– Tutto qui? – mormorai in tono così basso che quasi si confuse con le fusa del felino, che nel frattempo si era alzato dalla poltrona e si strusciava di nuovo contro le mie gambe, probabilmente attirato dal tepore che emanavo. Scossi la testa.
– Come immaginavo. Così ignorante da non sapere nemmeno che "combattere il fuoco con il fuoco" è solo un modo di dire che nella realtà non può funzionare.
Lingue di fiamma mi guizzarono agli angoli della bocca. Sentii il vecchio cacciatore agitarsi e lottare nella mia stretta, che ormai si era fatta tanto rovente da ustionargli la pelle. Il suo volto era deformato dal dolore e dalla rabbia, paonazzo, e appiccicoso di sudore. Era ora di finirla, prima che diventasse troppo disgustoso persino per me.
– Ora tocca a me – mormorai, e soffiai un getto di fiamme che lo consumò in un lampo, senza nemmeno un lamento. Avrei potuto fare di peggio, ma non volevo che qualcuno, al piano di sopra, si svegliasse. Avrei perso la sfida altrimenti, e allora sì che avrei dovuto bruciare la locanda dalle fondamenta.
Quel posto aveva un nome troppo bello per darlo alle fiamme. Lo ammetto, quelli come me non sanno resistere a un po' d'adulazione.
Il fumo e il calore della combustione mi turbinarono attorno, e io inspirai fino ad assorbirli. Era stato quasi soddisfacente quanto divorarlo intero nella mia vera forma, ma d'altra parte non avevo avuto scelta. La mia bocca era troppo piccola in quelle sembianze, e un uomo era più grande di un gatto.
Mi girai verso le scale immerse nel buio, mentre già il magma che ribolliva nei miei occhi si spegneva, la mia pelle si raffreddava e ogni tratto che avrebbe potuto allertare un essere umano circa la mia vera natura tornava a celarsi in profondità sotto un guscio rassicurante.
Fuori dalla finestra tuonò. Era una notte spaventosa per restare da soli, e io avevo una fanciulla da sedurre.

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