sabato 25 marzo 2023

Tartassare

Tartassare [tar-tas-sà-re] v.tr. [sogg-v-arg] 1. Trattare male qualcuno, specialmente nel senso figurato di trattarlo con eccessiva durezza e severità; vessare, angariare qualcuno. 2. Trattare, usare qualcosa in malo modo, senza perizia, perlopiù in senso figurato; strapazzare.

Etimologia: pare sia derivato da tastassare, da tassare, intensivo del latino tagere o tangere, "toccare", e per estensione "afferrare, battere, urtare, colpire", col raddoppiamento intensivo della radice. Per altri proverrebbe dal greco tarassein, "turbare, scompigliare", o dal verbo latino artare, derivato da artus, "stretto", o infine potrebbe essere nato come voce onomatopeica.


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Puwadon Sang-ngern da Pexels


Non sapevo perché quell'uomo avesse deciso di tartassarmi. Potevo immaginare che volesse mangiarmi, ma questo non giustificava la sua ossessione per me e me soltanto. Nel mondo da cui venivo, se una preda era troppo ostica da catturare, non valeva la pena sprecarci troppe energie. In fondo, il bosco era pieno di prede da mangiare.
Ma no, quell'uomo voleva la volpe che gli era sfuggita, solo quella. Le altre non gli interessavano, così come non gli interessavano le lepri o le quaglie, per quanto fossero saporite, e io lo sapevo per esperienza personale.
Avevo perso il conto di quante volte me ne stavo tranquilla per conto mio e all'improvviso sentivo da lontano il latrato del branco di cani con cui si era alleato, e allora sapevo che dovevo correre verso la casupola nel bosco, la tana da uomini che era diventata il mio rifugio sicuro.
Con il tempo, e una serie di spaventose incursioni nel territorio degli uomini - il mio cuore batteva forte ogni volta, anche se sapevo che nelle sembianze di una di loro non mi avrebbero dato la caccia - avevo riempito la tana di oggetti degli uomini, non solo i vestiti con cui si riparavano dal freddo in assenza di una pelliccia, ma altri che avevo visto usare da loro spiando dalle finestre.
Così avevo fugato ogni sospetto dell'uomo, la cui caccia si arrestava sempre alla mia porta. I suoi alleati mi riconoscevano, e continuavano ad abbaiare e raspare fuori dalla casa, ma lui no, non riusciva a sentire il mio odore. Le prime volte mi aveva tartassato e interrogato, pensando che nascondessi la volpe, senza minimamente immaginare che l'aveva di fronte sotto un altro aspetto.
In seguito, capii che potevo allontanarlo in fretta se gli preparavo un po' di quell'acqua calda, scura e dal disgustoso sapore amaro che piaceva tanto agli uomini, e così tolleravo la sua vicinanza e i versi che mi rivolgeva, e che avevo imparato a comprendere, per il tempo necessario a liberarmi da lui.

Nessun commento:

Posta un commento