lunedì 21 agosto 2023

Una sola forma


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Hakeem James Hausley da Pexels


Sono ancora stanca quando scendiamo dalla nave che ci ha portati sul sentiero d'acqua.
Jasmen dice che siamo arrivati, ma questo posto non ha lo stesso odore di quello dove ha costruito la sua tana. Puzza di ruamaku, sì, di umani, ma in modo diverso.
Un uccello dalle ali lunghe e bianche mi passa in volo davanti, con uno strido, e resisto a stento all'istinto di afferrare una facile preda. Non avrei un posto dove nascondermi per mangiarlo, lontano da questi umani schizzinosi che non catturano mai il loro cibo. Ma intanto ho allungato una mano verso la preda sfuggita.
La guardo. Pelle chiara come sangue di Shidvelkhm, morbida come fango sulla riva di uno stagno, indifesa, senza artigli. La mia mano. Da quando è diventata la mia mano?
Non sono miei nemmeno gli occhi che la guardano. Tutta questa luce una volta mi avrebbe accecato.
Non mi piace essermi abituata a tutto questo. A stare in mezzo agli umani come se fossi una di loro. Stupidi, chiassosi ruamaku, che non hanno mai capito, non si sono mai accorti che non sono come loro. Vanno e vengono attorno a me, senza nemmeno guardarmi, spostano scatole e comandano gli alberi di ferro che fanno un rumore infernale mentre si piegano e si sollevano, e non lo sanno.
Mi piace pensare che se uno di questi umani imparasse a mutare e venisse nella nostra casa sotto forma di Shidvelkhm, noi capiremmo subito che non è uno di noi. Anche se la sua forma è perfetta.
Tutti i ruamaku che ho incontrato finora si sono lasciati ingannare dalla mia forma perfetta.
Sento dietro di me il passo di Jasmen e la sua voce che mi raggiunge.
– Ylenia! Ylenia, vieni, non restare indietro. Da qui non manca molto, dobbiamo solo... tutto bene?
Distolgo gli occhi dalla mia mano che si staglia contro l'acqua scintillante di riflessi di luce oltre il bordo netto della riva. Un rombo accompagna il passaggio in cielo di una di quelle scatole volanti in cui ho viaggiato anch'io molti giorni fa, e da qualche parte, tra le tane degli umani strette le une alle altre come radici di mangrovie, risuona un rintocco acuto che mi costringe a tapparmi le orecchie.
Nessun pericolo, non per Jasmen, almeno. Le pietre sui nostri polsi non brillano.
Ma anche se i ruamaku sono stupidi e non sanno che cosa sono, non è detto che seguire Jasmen ancora una volta in mezzo a molti di loro non sia pericoloso per me.
Eppure non è il rischio a trattenermi sulla riva. So quello che mi spaventa più che venire scoperta.
– Io no cambia da tanto – mormoro a Jasmen, in risposta alla sua domanda. Ma lui non capisce.
– È un bene, no? – mi chiede invece, scoprendo i denti. – Vuol dire che stai imparando. Andiamo, Leda e Matt stanno già cercando un mezzo che ci porti a...
Le sue parole si confondono con le strida aspre degli uccelli dalle ali bianche e col frastuono assordante di una nave che riparte.
Mi dico che non è colpa sua, lui è un ruamaku, possiede una sola forma e non può capire. Non capisce il mio dilemma, il terrore che mi fa tremare in questa pelle non mia, in questa forma che non mi appartiene.
Se smetterò di mutare, finirò col diventare una di loro?

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