lunedì 15 gennaio 2024

Il castello della regina


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Carolina Basi da Pexels


Quando c'è da costruire un castello, sta pur sicuro che tutti, dal sovrano del regno al più umile stalliere, hanno una loro opinione su come dev'essere fatto.
– Mura alte e spesse – diceva il capitano delle guardie.
– Un grande cortile dove esercitarsi alla giostra – ribattevano i cavalieri.
– Un sotterraneo umido da usare come prigione – affermava il carceriere.
– Una torre altissima da cui attendere il mio principe – era il sogno della giovane principessa.
– Niente scale – voleva la vecchia istitutrice.
– Tante scale – era invece la pretesa del maestro di musica.
E la cuoca del castello, che aveva necessità di disporre degli scarti di cucina, era solita andare in giro a dire che: – Un castello non è un castello senza un ponte levatoio sopra un fossato, ed è cosa più che ovvia che dentro ci devono stare i coccodrilli.
La povera regina, che si era incaricata personalmente di sovrintendere i lavori da quando il costruttore di castelli che aveva ingaggiato era ammattito per le troppe richieste e aveva cambiato il suo mestiere in quello di buffone di corte (aggiungendo alle altre la sua idea che il castello dovesse essere dipinto a triangoli rossi e cerchi verdi), aveva il suo bel da fare a mettere d'accordo tutti quanti.
Soprattutto quelli che cambiavano idea da una settimana all'altra.
– Quindi – disse la regina, rigirando tra le mani i disegni che le aveva portato il mastro falconiere orbo e zoppo. – Se ho ben capito, non va più bene la falconiera che abbiamo appena finito di ultimare nel sottotetto della torre di mezzo, ma preferiresti far alloggiare i tuoi rapaci proprio nel salone delle feste che mi ha richiesto il maestro di cerimonie?
– Eh, troppi spifferi dice lo sparviere, e secondo la civetta quell'altro è un ambiente più consono, e l'assiolo è convintissimo che dal palco dei musici il suo canto si sente meglio.
La regina si strofinò una tempia con due dita, proprio sotto la corona. Un conto era accontentare gli abitanti umani del castello, ma adesso si mettevano a dire la propria anche gli uccelli?
– Di questo passo inizieranno a far pretese pure gli asini e i coccodrilli che ancora devo trovare per il fossato – mormorò tra sé, e il falconiere la guardò strano, per quanto riuscisse a guardare con l'unico occhio buono.
Intorno a loro, il castello in costruzione ferveva di attività. operai andavano e venivano portando carriole di grosse pietre squadrate, i carpentieri tagliavano le assi per i pavimenti e le le porte e poi le inchiodavano al loro posto al ritmo ripetuto della sega e dei colpi di martello, e l'armaiolo si era abbassato a forgiare chiodi, lampadari e maniglie con gran fracasso di maglio calato sul ferro, ma solo perché gli era stata promessa una stanza ignifuga dove approntare la sua fornace.
Insomma, c'era tanto rumore da faticare a sentire le parole, e ovunque ti piazzassi potevi essere certo di essere sulla strada di qualcuno, che prima o poi sarebbe arrivato a chiedere di poter passare.
E inoltre aleggiava dappertutto la polvere, polvere di segatura, polvere di pietra, polvere di vecchi arazzi che la ricamatrice aveva per forza insistito per portarsi dietro dal vecchio castello e che nessuno voleva mettere nella stanza che aveva chiesto per sé. Ce n'era a sufficienza per starnutire tutto il tempo da mattina a sera, e infatti lì, dopo aver congedato il falconiere e sistemato il suo progetto insieme agli altri, mentre cercava di arrangiare tutti gli spazi in modo da costruire una struttura solida e con una certa logica la regina avvertì un forte prurito al naso, che si trasformò ben presto in un bisogno insostenibile di inspirare aria in spasmi sempre più profondi, finché dalla gola non le partì un poderoso starnuto che si avvertì in ogni ala del castello in costruzione, fece tremare le mura su cui gli operai stavano lavorando, e buttò in aria tutte le pergamene di disegni e richieste che le erano state portate fino a quel momento. I fogli volteggiarono pigramente nell'aria mentre la regina si strofinava il naso che ancora le pizzicava, e ricaddero a terra in ordine sparso. – Oh, beh – si disse la regina, che non aveva affatto voglia di ricominciare tutto daccapo. – Vorrà dire che il castello lo costruiremo così.
Il giorno dell'inaugurazione, con tutti gli abitanti del nuovo castello (compresi cavalli, asini, cavalli, rapaci e coccodrilli del fossato) riuniti all'esterno, la regina pronunciò un breve discorso di due-tre ore circa, e concluse la cerimonia con il classico lancio dell'ariete contro le mura. Questo atto, che avrebbe dovuto provare a tutti la solidità e la resistenza del nuovo castello, fece invece tremare le torri sghembe e malferme, aprì un enorme buco nelle mura esterne (dipinte a stelle rosa e cuori gialli come aveva alla fine voluto il giullare di corte ex costruttore, dopo avere cambiato idea ben tredici volte) e finì col far crollare l'intera struttura su sé stessa come un fragile castello di carte.
Si resero conto solo allora che tra le richieste che erano arrivate alla regina, nessuno aveva domandato di costruire le fondamenta.

Nessun commento:

Posta un commento