sabato 4 febbraio 2017

Pelago

La mia prima scelta di oggi era petricore, ovvero l'odore della pioggia. Stavo già ideando il racconto che l'avrebbe accompagnata, quando ho scoperto la sua assenza dai dizionari che uso come fonti. Dopo una breve ricerca ho capito che si tratta della traduzione di un neologismo inglese del secolo scorso, che però in Italia non è (ancora) ufficialmente accettata. E allora ho ripiegato su un altro termine che ha sempre a che fare con l'acqua (ma se vuoi sostenere l'utilizzo di questa o altre parole, trovi come fare in questa pagina dell'Accademia della Crusca).

Pelago [pè-la-go] s.m. (pl. -ghi) 1. lett. Mare aperto. 2. estens. Quantità grandissima, enorme abbondanza, in particolare di cose spiacevoli o intricate.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Quanto all'idea del racconto, mi piaceva e ho voluto tenerla, con gli opportuni cambiamenti. Si tratta di qualcosa di particolare stavolta, non un brano che riguarda uno dei miei personaggi, bensì un esperimento, un quasi tautogramma (quasi, perché non tutte le parole iniziano con la stessa lettera).


Pioveva. Tra le pietre polverose del piazzale, picchiettavano punture di spilli. Sprofondata nella poltrona del portico, respiravo il profumo della pioggia, pensierosa.

Che potevo fare, portare i piedi nelle scarpe per passeggiare un po' sotto la cupola plumbea?
Presi le pesanti pagine di un'opera poetica. Provai a spiare le peripezie di pirati dispersi nel pelago piatto, prigionieri di una piccola scialuppa per colpa di un pennuto soppresso. Tra putridi spettri e spaventosi pitoni repellenti, pareva proprio che un pelago di problemi avesse colpito la reproba compagnia.
Sopra il portico premeva la pioggia. Nel panorama impastato di pozzanghere pochi podisti presi da impegni calpestavano impazienti i sampietrini.
Impressione di purezza e spiriti pietosi trasparirono dal poema e sopravvissero in un pensiero perenne.

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