sabato 11 febbraio 2017

Quintana

Come con la lettera H, il dizionario italiano alla Q risulta un po' povero di lemmi. Fortunatamente ne ho trovato uno che, da solo, è ricco di significati.

Quintana [quin-tà-na] s.f. 1. med. Febbre intermittente, i cui accessi si rinnovano ogni quinto giorno 2. st. Nell'accampamento romano, via che divideva il quinto manipolo e la quinta turma dalla sesta. 3. st. Gioco di destrezza di origine medievale, in cui i cavalieri devono colpire con la lancia, correndo al galoppo, lo scudo imbracciato da un fantoccio vestito da saracino, girevole su un perno, cercando di non farsi disarcionare dal colpo della mazza che il fantoccio, girando su se stesso, vibra con l'altro braccio.

 
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Photo by Sven van Bellen from Pexels



Devo ammettere che di questa parola conoscevo solo il terzo significato, ed è per quello che l'ho scelta. Facile scovare tra i miei appunti un'ambientazione medievale, o fantasy-medievale, per un brano ispirato a questo termine.


Guardare il torneo dagli spalti accanto alle dame non mi avrebbe insegnato nulla, ma io avevo scoperto dove i cavalieri si allenavano per la quintana. Presi un respiro e strinsi i pugni, poi lasciai l'ombra del padiglione e m'incamminai a passi rapidi verso il campo.
Volevo fare domande, imparare, provare. Ma sapevo che cosa mi aspettava, prima.
I fischi non tardarono ad arrivare, seguiti dalle voci.
– Cagna randagia! Mocciosa del conciapelli! Credi che vestirti come un uomo ti faccia diventare uno di noi, eh? Vieni qua, adesso che sei senza gonna vediamo se nascondi davvero una spada in mezzo alle gambe!
La maggior parte di loro avrebbe preferito un branco di draghi a tre teste che ballavano la carola alla mia presenza. Li ignorai. Accanto alla palizzata, un cavaliere in sella a un baio imbracciò la lancia e spronò il cavallo. Seguii la sua breve corsa ma non riuscii a vederlo colpire il fantoccio, perché due degli uomini che mi avevano sbeffeggiato mi tirarono per i capelli e per le braccia, mentre un terzo conduceva verso di me un ronzino roano.
– La guardia speciale della principessa pensa di poter fare tutto quello che fa un uomo, vero? Crede di essere migliore di noi? Di poterci battere?
– Se mi insegnate, sì – ribattei impulsivamente. In fondo avevo sempre battuto i miei fratelli, nei nostri giochi.
In men che non si dica mi caricarono sul cavallo e mi spinsero la lancia nelle mani. Uno degli uomini diede avvio alla mia quintana con una scudisciata sulle natiche del ronzino; mi abbassai, strinsi forte la lancia e mi preparai al contraccolpo. Dietro di me avevano smesso di ridere. Sentivo solo il martellare degli zoccoli e del mio cuore mentre il fantoccio del saraceno si avvicinava sempre di più.
Avrei potuto deviare il percorso del cavallo, ma non lo feci. Chi era il più coraggioso ora, quelli che stavano a guardare, o io che cavalcavo diritta verso una prevedibile disfatta, consapevole della batosta che mi attendeva dall'altro lato del fantoccio?

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