giovedì 9 febbraio 2017

Scrivi di ciò che non conosci

No, non è un errore di distrazione. Lo so che il consiglio che di solito viene dato agli aspiranti scrittori, forse il secondo più noto dopo "Mostra, non raccontare" è "Scrivi di quello che conosci". Ma quel "non" è fondamentale.

Scrivere di quello che non conosci, se fatto per bene, ti porta a informarti su argomenti che mai avresti pensato di affrontare, allarga gli orizzonti, rende curiosi, induce a parlare con sconosciuti per comprendere la loro esperienza, invoglia a viaggiare.

Per scrivere di quello che non conosci è necessario abbandonare la tua "zona di comfort", ovvero tutto ciò che è noto, semplice e sicuro: il tuo genere narrativo prediletto, gli argomenti e i paesaggi con cui di solito ricopri le tue pagine, la tua personale visione del mondo che inevitabilmente mescoli all'inchiostro. Lasciarti indietro tutto questo per provare a osservare la vita da una prospettiva differente. Magari le prime volte la storia che ne ricavi non riuscirà tanto bene, o sarà proprio da buttare, ma non importa. Sbagliando s'impara.

Scrivere di quello che non conosci impegna più tempo ed energie per quella fase di ricerca di quanto probabilmente vorresti, ma sono tempo ed energie ben spesi. Perché se scriverai di quello che non conosci, alla fine scoprirai di conoscere un pezzettino di realtà in più.

Per scrivere Una coltre bianca come la neve, non avendo mai vissuto nulla di neanche lontanamente paragonabile, ho dovuto dedicarmi ad un po' di sana ricerca. Nessuna donna che io conosca, per loro fortuna, è vittima di abusi domestici, né avevo sottomano un femminicida a cui chiedere il suo punto di vista, per mia fortuna. Il tempo a disposizione non era molto, quindi ho dovuto integrare le scarne interviste dei telegiornali con una rapida ricerca di testimonianze su internet. So che non è l'ideale, ma dovevo accontentarmi.

Molte delle percezioni della protagonista quindi vengono da esperienze reali, mentre altre le ho inferite. La speranza di poter cambiare il proprio aguzzino, ad esempio, così come la tendenza a nascondere i lividi, a giustificare il modo di agire del compagno, e poi la sensazione di liberazione e rinascita quando si esce da una relazione abusiva sono un tratto in comune dei casi che mi è capitato di leggere. Così come la sensazione di trionfo di un colpevole impunito, che si sentirà quindi autorizzato a perseverare in ciò che già sta facendo (questo vale per tutti i reati, non solo per gli abusi domestici. C'è di che riflettere, no?).

La sensazione di sorellanza con altre vittime, il senso fisico del dolore, il bisogno di lavarsi dopo le percosse sono elementi che ho provato a immaginare. Così come la lotta, che forse avrei potuto descrivere un po' più a lungo, più in dettaglio. Il problema è che mentre nel dialogo sento di avere il mio punto forte (e mi è stato anche confermato da altri), e nelle descrizioni di paesaggi penso di andare piuttosto bene, con le scene d'azione al contrario sento di non essere nel mio elemento e di avere molto da migliorare. Ed è proprio per questo motivo che dovrei approfondirle, imparare a scriverle meglio, più coinvolgenti, più sensoriali, rapide ed emozionanti. Solo per citare un dettaglio del racconto che adesso non riesco a non notare, avrei dovuto tenere conto, dopo la lotta, che il sangue oltre al copriletto dovrebbe aver sporcato anche i vestiti della protagonista... e quindi descrivere la sensazione di una chiazza di liquido appiccicoso addosso, dall'odore vagamente metallico e nauseabondo, che al risveglio si è raggrumato sul tessuto degli abiti.

Quello che non conosco, e di cui dovrei scrivere, è la trasposizione sulla pagina di una bella sequenza d'azione. In quella direzione devo muovermi, se voglio uscire dalla mia zona di comfort.

Ti lascio con tre frasi a mio avviso particolarmente riuscite e ci vediamo lunedì per l'ultimo incipit!

Sa che lo senti, il corpo, molto più intensamente quando i suoi confini sono delimitati dal dolore che non quando sono definiti dal piacere.
Ci sono cose che la neve non può cancellare, e ti restano dentro come lividi.
Alla prima voce che le risponde, dice: “le ho salvate.” Lo dice con orgoglio: è passata da vittima a eroe.

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