lunedì 16 gennaio 2023

La creatrice di stelle


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Dettaglio da una foto di Victoria Akvarel da Pexels


– Entra e chiudi la porta, e già che ci sei, cerca di non far scappare la Sfolgorante Lucentezza che danza sul soffitto.
Nebulea non aveva ancora bussato alla porta, che quel sussurro brusco le giunse attraverso il legno. Non era un buon inizio, no, niente affatto.
Tra gli aspiranti maghi all'ultimo anno di accademia si raccontavano storie su Galada, e nessuna era lusinghiera o rassicurante. Si diceva che fosse tanto scorbutica da aver fatto scappare ogni apprendista che si fosse presentato alla sua porta, e che la sua disciplina fosse tra le più difficili da padroneggiare. Quelle storie, che mettevano i brividi ai suoi compagni di studio, non potevano spaventare lei. Nebulea ne era certa: voleva diventare una creatrice di stelle, e non si sarebbe fermata di fronte a niente e a nessuno. Che ci provasse pure la magistra Galada a scoraggiarla.
Galada non si voltò neppure quando Nebulea scivolò dentro dalla porta socchiusa. Stava bisbigliando qualcosa china su un crogiolo luminoso, e la sua voce si perdeva in echi indistinti nella stanza ottagonale, assieme al gorgoglio della pozione e al crepitio delle fiamme nel braciere. Una nebbiolina d'incenso aromatico con tracce di mirra e di folgore solida aleggiava tra le pareti di legno e si aggrappava agli scaffali colmi di libri e alle mappe stellari appese ovunque, in alcuni punti tanto fitte da essere sovrapposte. Sul soffitto, attorno al lampadario dalle candele spente, si aggirava una creatura d'ombra e di scintille luminose che spargeva bagliori d'oro e d'argento sulle pareti e sul banco di lavoro della maga.
La Sfolgorante, decise Nebulea. Ne aveva sentito parlare, e nelle storie all'accademia si accennava alla creatura selvaggia che Galada aveva addomesticato come famiglio, ma non ne aveva mai vista una dal vivo. Le immagini nel bestiario scolastico non le rendevano giustizia.
– Un'altra apprendista, perfetto – brontolò Galada, mentre sfogliava un grimorio fitto di rune che galleggiava pigro tra le boccette e i cristalli alla sua sinistra. – Avevo detto all'accademia che la smettessero di mandarmi ragazzine incompetenti. Almeno vedi non startene lì a fissare imbambolata il soffitto, per tutte le stelle comete!
Nebulea trasalì e distolse gli occhi dalla Sfolgorante. Avanzò di qualche passo e si fermò poco distante da Galada, alla sua destra, in modo da non perdersi ogni mossa della maga. La osservò mescolare il fluido bollente nel crogiolo con una bacchetta, quindi, al comando della sua voce sempre pacata, una bolla scintillante si sollevò nell'aria, fluttuò fino alle sue mani e roteò mentre Galada la plasmava con il moto circolare dei palmi, e infine la spediva dolcemente a prendere il suo posto nella sfera oscura in cui le sue compagne già sfavillavano in un arabesco di brillanti capocchie di spillo.
– Il cielo di questa notte – spiegò Galada, nell'aggiungere un frammento di asteria nel crogiolo. – Sai già, a meno che tu non sia completamente ignorante, che i cieli di Aeyoen non si ripetono mai uguali, mai, da quando ebbe inizio il mondo.
Nebulea annuì, un po' seccata di venire trattata dalla magistra come una bambina. Era un fatto risaputo, e non c'era alcun bisogno di spiegarlo, a meno che Galada non avesse l'intenzione di offenderla o di annoiarla.
– Non esistono due notti uguali lassù – recitò Nebulea. – Così come non esistono due giorni uguali quaggiù.
– È essenziale dare agli astrologi qualcosa di diverso da leggere, o finiranno col credere che gli eventi del passato stiano per ripetersi – bisbigliò Galada. – Guai se si verificasse di nuovo l'errore che commise il primo apprendista del dodicesimo creatore di stelle, che scambiò una vecchia mappa per un nuovo progetto.
Sopra le loro teste lo Sfolgorante si mosse, variando il tessuto di luce ed ombra nella stanza, ed emise un verso simile allo sfrigolio di un metallo rovente immerso nell'acqua. Nebulea conosceva quella storia, gli insegnanti dell'accademia la raccontavano sempre come monito per coloro che avevano in mente di intraprendere quella difficile carriera. Quasi tutti cambiavano idea nel sentirla, ma non lei.
Galada si chinò, e vicinissima al crogiolo bisbigliò altre parole alla mistura. Questa volta, Nebulea riconobbe la dolce melodia della Lingua Celeste, in cui tutti gli incantesimi astrali venivano pronunciati. – L'incanto offuscante – affermò nel riconoscere le parole che precedevano la preparazione di un corpo celeste meno luminoso, come una luna, un asteroide o un pianeta.
– Ma guarda, conosci le tue lezioni a memoria, e solo per questo pensi di avere quello che serve per diventare la prossima creatrice di stelle? – Galada frugò rumorosamente tra i ninnoli, le pietre, le scatoline contenenti misture di erbe e le boccette di pozioni sparse sul banco, fino a sollevarne una e lasciar cadere una goccia di liquido cremisi nel crogiolo, sprigionandone un fumo odoroso di terra e di pioggia. Fuori dalla stanza, il rombo cupo di un tuono turbò la quiete del laboratorio della creatrice di stelle. – La mia arte, ragazzina, non è fatta di semplici frivolezze come quella di un mago elementale, cosa ci vuole per dominare l'acqua e il fuoco, è magia elementare quella, e nemmeno è sufficiente saper mescolare una pozione come un alchimista. Per ideare un cielo diverso ogni singola notte occorre una notevole fantasia, un'inventiva impareggiabile, e una memoria sconfinata e senza fallo. Pensi di esserne in grado? E soprattutto, sei certa, davvero certa di voler prendere il mio posto?
Galada le si avvicinò e l'afferrò per un gomito. Tenendola stretta, la condusse a osservare da vicino il globo stellato che stava preparando.
Nebulea trasalì a quel contatto ma non emise un fiato. Era certa che la maga lo avesse fatto apposta per metterla a disagio e costringerla a rinunciare, poiché non poteva essere sfuggita a Galada la sua natura di Auria. Il solo contatto con un altro essere vivente era sufficiente per lasciare dei lividi sulla sua pelle color del cielo.
La magistra non la mollò nemmeno quando furono di fronte al globo stellato, e fu con l'altra mano che le indicò uno spazio tra un agglomerato di stelle. – Il mio lavoro di questa notte è quasi pronto, manca solo una luna in quel punto, e una cometa parallela a quella scia di astri, appena al di sotto. Allora, ragazzina, approvi il mio lavoro o pensi di poter fare di meglio?
Nebulea contrasse le labbra in un sogghigno. La morale in tutte le storie sul suo conto che aveva sentito all'accademia era che era meglio non contraddire Galada, ma lei, almeno in quel caso, non poteva esimersi dal farlo.
– Dico che sarebbe una pessima idea, a meno che non si voglia far sbadigliare di noia gli astronomi al pensiero di un altro giorno privo di eventi quanto il quattordicesimo del mese terzo dell'anno 331. Piuttosto, io allargherei quel gruppo di stelle in alto e piazzerei lì una coppia di lune, una più grande e una più piccola, e niente comete o si rischia di ripetere un altro cielo, di un giorno altrettanto banale di ottocento anni dopo.
Galada le mollò il braccio e la fissò negli occhi per la prima volta. Erano capaci tutti di ricordare la posizione delle stelle che precedevano un'incoronazione o un cataclisma, ed era per questo, pensò Nebulea, che l'aveva messa alla prova con il cielo stellato a cui era seguito un giorno come tanti. Non si era aspettata che l'aspirante apprendista la contraddicesse o se ne ricordasse.
Aveva sottovalutato la sua memoria di Auria, e la sua determinazione nell'ottenere quel posto.
Galada mugolò e sollevò un braccio per far sì che la Sfolgorante vi scendesse e si raggomitolasse in un caleidoscopio d'ombra e di luce, difficile da fissare direttamente, attorno al suo collo. – Da questa parte, saputella – l'apostrofò la maga, tornando ad affaccendarsi attorno al crogiolo sul banco di lavoro. – Forse non sei così inutile come sembri.
E fu così che Nebulea iniziò il suo apprendistato da creatrice di stelle.

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