lunedì 2 gennaio 2023

Volo fantastico


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Uriel Mont da Pexels


Con le braccia appoggiate al bordo morbido della cesta guardai giù, verso le onde di un oceano infinito in cui baluginava il riflesso della nostra mongolfiera risplendente di luci. Pareva di fluttuare sotto a un albero di Natale. Mi venne da ridere.
Potevo quasi dimenticare che eravamo in due in quella stretta cesta scricchiolante e lasciarmi cullare dal dondolio della cesta, se non si fossero ripetute con fin troppa frequenza le vampate di fiamma dal bruciatore, che mi assordavano con il loro soffio di drago. Sospirai quando il mio compagno di viaggio mi richiamò al suo fianco affinché lo aiutassi.
– Non capisco proprio perché dobbiamo farlo – gli rivelai, mentre azionavo il bruciatore come lui mi aveva insegnato, trasalendo ogni volta che la vampata esplodeva rovente e vicinissima a me. E prima che lui ribadisse l'ovvio, "per mantenere l'altitudine costante", precisai meglio che cosa intendevo: – Insomma, non possiamo limitarci a pensare che questa cosa proceda dritta per la sua strada... e accelerare un po' il passo, già che ci siamo?
Avrei voluto godermi quel volo fantastico in tutta la sua meraviglia, ma questo era già il nostro quarto o quinto tentativo e il mio stato d'animo ormai oscillava, come la cesta, tra l'eccitazione di una nuova avventura e la frustrazione per non riuscire mai a raggiungere il nostro obiettivo.
Il mio amico dagli occhi arcobaleno smise di scrutare l'orizzonte e mi spiegò: – Ogni universo bolla ha le sue regole, e se non sei stato tu a crearlo, non le puoi cambiare.
– Capito – risposi laconica, tirando un'altra volta, a lungo, la leva del bruciatore.
Avevamo già provato a farlo tornare a casa partendo da un universo bolla di nostra creazione, uno temporaneo, e finché era durato era stata un'esperienza incredibile. Avevo fatto ogni genere di cose impossibili da sveglia, volare e camminare sull'acqua e creare un intero edificio soltanto con la mia immaginazione, e per quello dover sottostare almeno in parte alle leggi della fisica mi sembrava un inconveniente terribilmente sgradevole in un sogno.
– Non siamo molto lontani dalla porta – mi disse lui, tornando al suo posto e liberandomi dall'incombenza di dover controllare quell'infernale fiammata.
Mi rimisi con gioia sul lato frontale della cesta, e guardando giù, verso il riflesso della nostra scintillante mongolfiera tra le onde, provai a immaginare che bizzarra visione saremmo stati al di sopra di un vero oceano, nel cielo notturno della realtà. Ci avrebbero visto da miglia di distanza con quello scintillio di luci arcobaleno, assurde come i suoi occhi. Qualcuno forse avrebbe pensato a una trovata pubblicitaria, qualcun altro lo avrebbe accomunato a un ufo, e forse non sarebbe andato tanto lontano dal vero, visto che uno dei suoi occupanti veniva da un mondo diverso. Non un altro pianeta, no, ma una terra del sogno.
E quella mongolfiera leggiadra e luminosa come una stella era proprio il mezzo di trasporto più adatto a lui.
Ma, in un certo senso, era anche adatto al mondo che stavamo attraversando. Me ne accorsi quando vidi per la prima volta tracce di vita in quel buio oceano, scintillii e guizzi multicolori di banchi di pesciolini che salivano a dare un'occhiata alle nostre luci, e poi una balena dalle strisce fluorescenti sulla schiena, e quando soffiò uno spruzzo in aria con un rumore tanto simile alle vampe del nostro bruciatore, mi ritrassi ridendo.
– Chi ha creato tutto questo? – gli chiesi, ma lui si strinse nelle spalle.
– Chiunque sia, prega che non si accorga che ci sono intrusi nel suo mondo – mi consigliò lui in tono cupo. – O che non gli importi che siamo qui, perché... suo il mondo, sue le regole. Qui dentro, lui o lei è come un dio.
Rabbrividii, mentre uno stormo di gabbiani dalle ali sfavillanti di mille puntini luminosi calava in picchiata sui pesciolini in superficie.
– Ma... siamo pur sempre in un sogno, no? – chiesi, battendo più volte le palpebre un po' per liberarmi dai timori suscitati dalle sue parole, un po' per proteggere gli occhi da tutto quel baluginio che si era moltiplicato nel buio. – I nostri corpi sono altrove, almeno per adesso, no?
Mi riferivo al fatto che se lui intendeva tornare definitivamente nell'universo bolla a cui apparteneva, io ero e rimanevo al sicuro.
Ma lui mi rammentò: – Al circo del Ghiottone paghi l'ingresso con un tuo ricordo. Ti sorprenderebbe la quantità di cose che si possono fare con la mente di una persona addormentata.
Fu allora che mi venne in mente una domanda che non mi ero mai posta.
– Chi ha creato l'universo bolla in cui vivi?
Non ci fu il tempo di sentire la sua risposta, perché un vento forte iniziò a soffiare all'improvviso, afferrando in un turbine la nostra piccola mongolfiera e sbatacchiandoci in giro per quel cielo notturno.
Mi aggrappai alle corde che legavano il pallone alla cesta e urlai.
L'urlo mi risuonò nelle orecchie al risveglio. Fissai il corpo addormentato del mio compagno di sogni.
Sospirai. Era ancora qui, nel mio letto.
Un altro tentativo a vuoto.

Nessun commento:

Posta un commento