lunedì 6 febbraio 2023

Belladonna e le Mele Avvelenate


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Pedro Dias da Pexels


Non accadeva di frequente che qualcuno si spingesse fino alla mia serra e, ogni volta che accadeva, non era mai un caso fortuito. La gente, in genere, tendeva a girare alla larga da me, forse perché vivevo da sola in mezzo alla foresta, in una casupola dalle pareti trasparenti in cui coltivavo ogni specie nota e ignota di pianta velenosa, forse perché io stessa lo ero. Velenosa, intendo, ma anche un po' pianta. È una storia lunga, che non mi va di raccontare. La gente, per semplicità, si riferiva a me come "La strega dei boschi", e mi evitava, e a me stava più che bene. I pochi che si avventuravano fino alla mia porta lo facevano per chiedermi un veleno, che io concedevo più che volentieri in cambio di un particolare pagamento, o per supplicarmi invano di fornire un antidoto.
Il Principe apparteneva a quest'ultima categoria.
– Ma tu devi aiutarmi! – ribatté quel bellimbusto dopo il mio iniziale rifiuto.
Perché non lo capivano mai, mi chiesi. Quel che è fatto è fatto, e di solito al passato non c'è rimedio. In più, il Principe mi aveva interrotto durante il mio quotidiano bagno di sole, mentre ero intenta a occuparmi delle pianticelle più giovani e a godermi la pace della foresta. Mi aveva indispettita, e quindi non mi si può biasimare se gli risposi in tono sgarbato: – Ah sì? Io non ti devo nulla.
Lui s'indignò, e il suo volto manifestò tutto il suo sdegno regale, ma a me non importava che il Principe fosse un principe. Non avevo mai trattato in modo diverso un sovrano e un contadino: se esposti a un veleno morivano allo stesso modo, perciò io non ci vedevo tutta questa differenza.
– Ma si tratta della mia promessa sposa! – sbottò il Principe, rosso di furore. – La mia bella, bellissima futura moglie, che giace in un sonno mortale. E la colpa è solo tua, tua e delle tue Mele Avvelenate. Lo sanno tutti che sei l'unica in tutto il regno a coltivare un albero di Mele Avvelenate.
Mi interruppi mentre annaffiavo un aconito in fiore in un grazioso vasetto. – Una delle mie mele? Ne sei certo? Ma in questo caso, il rimedio dovrebbe essere alla tua portata, Principe. Possibile che nessuno ti abbia spiegato la storia del bacio del Vero Amore?
Non ero solita fornire così apertamente informazioni sul modo di vanificare i miei veleni, nemmeno quelle che erano già di dominio pubblico, ma tutto pur di togliermelo di torno.
Il principe mugugnò qualcosa di incomprensibile e io, dopo un'ultima carezza a uno stelo di mughetto, mi raddrizzai e lo fissai. – A meno che... – Lo scrutai a lungo nel calore odoroso dei fiori e dei funghi variopinti allineati lungo le pareti trasparenti. Sulla fronte del Principe erano comparse goccioline di sudore, e la sua smorfia altera mi raccontava molto più del suo silenzio. – Tu non la ami!
Il principe fece spallucce e replicò: – E allora? La voglio sposare, non basta?
– Non per svegliarla dal suo sonno. – Il mio tono gongolante attirò su di me un'occhiata cupa da parte del giovanotto abbigliato d'azzurro. Non mi capitava spesso di trionfare con quel vecchio trucco della Mela Avvelenata, da quando si era sparsa la voce sul punto debole di quel maleficio. – Dimmi una cosa, Principe: perché la vuoi sposare? Per la sua dote? Il suo castello, le sue terre? Il suo lignaggio? Perché?
Il Principe ripeté una serie di no a ogni mia domanda, e stizzito interruppe l'elenco rivelando infine: – È una donna bellissima! La più bella di tutto il regno, con il sigillo di approvazione degli Specchi Incantati, e lo sai bene quanto sono schizzinosi gli Specchi Incantati.
Lo sapevo, eccome. – Uno si è rotto mentre gli passavo davanti – commentai, in tono noncurante. Non si poteva dire che fossi la più bella del mondo, ma non avrei trovato un solo uomo che poteva definirmi brutta. Ero solo inavvicinabile, come uno stelo d'ortica o un fiore di ginestra.
– Il mio consiglio? Mettiti l'animo in pace, Principe. – Stavo per dire "il cuore in pace", ma sarebbe stato un grosso errore, perché a quel punto era evidente che quell'individuo vanesio non ne possedeva uno. – E va' a cercare la seconda donna più bella di tutto il regno, perché la prima ormai è bella che morta...
Mi ritrovai la sua spada alla gola senza nemmeno accorgermene.
– Sveglia dal maleficio la mia futura moglie, o tu sei bella che morta, strega.
Non era nemmeno il primo che mi minacciava, perciò non feci una piega. Risi, e allungai una mano verso il suo volto. – Oh, ma davvero? Scommettiamo che prima di crepare riesco a toccarti?
Lui tirò indietro la testa, ma anche così mi bastava poco per raggiungerlo, da quanto eravamo vicini. Ma mentre eravamo bloccati in quello stallo, in attesa che lui decidesse di fare la cosa giusta, o quella sbagliata, per la sua salute (io me la sarei cavata: l'ho già detto che sono anche un po' pianta, giusto?), il Principe si girò di scatto a guardare una spalliera di belladonna ed edera velenosa, che avevo messo di traverso a dare riparo alle mie piantine più timide, quelle che preferivano la fresca penombra alla luce del sole.
– Chi è là? C'è qualcuno? – chiese il Principe, con la voce un po' meno gagliarda.
– È solo la belladonna – mormorai, mentre ne approfittavo per scostare dalla mia gola la sua spada.
Il Principe abbassò la spada docilmente e fece per aggirarmi, non più tanto interessato a me.
– Non te lo consiglio – lo avvertii, frapponendo tra lui e la belladonna il mio braccio velenoso. – Lo sai come attira le sue vittime la belladonna, Principe? Senti un sospiro, un canto di donna, una voce che ti chiama, e quando ti avvicini per scoprire quale fanciulla si nasconda dietro la siepe dai fiori viola e dalle bacche nere, scostando le fronde con le mani... il suo veleno ti uccide e cadi giù morto come un sasso.
Il Principe trasalì e si tirò indietro dall'arbusto letale. Ovviamente non era così che funzionava, ma la sua ignoranza giocava a mio favore.
Feci uno scatto, a mani protese, verso di lui, costringendolo a indietreggiare ancora. – Forse non era così bella, dopotutto – mugugnò il principe, fissando il sipario di edera e belladonna, poi me. – Forse gli Specchi Incantati si sono sbagliati.
– Già. Forse – concessi, e lo guardai andarsene senza un saluto, prima di rilassarmi e tornare alle mie piantine.
Mi misi a canticchiare mentre rinvasavo un virgulto di oleandro, poi spruzzai di acqua le amanite. Era una bella giornata, il sole splendeva sulla mia pelle, e il profumo di centinaia di veleni aleggiava nella tiepida atmosfera della serra. Poi, quando fui sicura che il Principe si fosse ormai allontanato, dissi: – Bianca, puoi uscire adesso.
Da dietro il separé d'edera velenosa e belladonna, passando tra lo stretto pertugio lasciato tra questa e un'alta pianta di stramonio, emerse una fanciulla bellissima, dalla pelle candida come la neve, i capelli neri e le labbra rosse, curvate in una smorfia indignata che non offuscava affatto il suo splendore. La donna più bella di tutto il regno, la si sarebbe detta, perfino mentre imprecava irata: – Quel mentecatto! Quel mascalzone, farabutto, gaglioffo! Quel gran figlio della mia matrigna!
La lasciai sfogare, poi mi affiancai a lei, a fissare la porta da cui il Principe era uscito per sempre dalla sua vita. Fuori dalla serra, le rosse Mele Avvelenate che pendevano dai rami del mio albero maturavano al sole, perfette e allettanti. – Te lo avevo detto che non avrebbe capito la differenza tra un maleficio da Mela Avvelenata e un sonno profondo da pozione soporifera spalmata su una comune mela. Non ha nemmeno provato a baciarti, vero?
– I nani hanno detto di no – replicò Biancaneve, la voce intrisa di sollievo. Ovvio, non aveva voluto rivelare, di fronte a sette testimoni, che da parte sua di amore non c'era nemmeno l'ombra, altro che Vero. La mia bellissima amica si voltò, finalmente rasserenata dopo il suo sfogo. – Grazie, Belladonna. Ti abbraccerei, ma...
Biancaneve allargò le braccia come per circondarmi, ma tenendosi a distanza di sicurezza. Feci spallucce. Lei sbirciò di nuovo verso la porta.
– Tranquilla, va bene così – le dissi, riprendendo ad affaccendarmi attorno alle mie piantine. – E lo so che adesso devi tornare a casa o i tuoi coinquilini si preoccupano. Però, Bianca, devi promettermi una cosa. Promettimi che verrai a trovarmi più spesso, e non solo quando devi mettere alla prova l'ennesimo pretendente che viene a chiedere la tua mano!

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