lunedì 8 maggio 2023

La Valletta degli Agrumi e il terribile divoraossa


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Foto di Chris J Mitchell da Pexels


– Se ne sono andati?
Alla domanda, Robert rimase un istante interdetto. In fondo avevo interrotto n modo tanto brusco un litigio, ed era anche un bel litigio, solo per ricordargli la nostra situazione. Ovvero, catturati dai nativi, legati, imbavagliati, e abbandonati nella Foresta Infinita per terminare i nostri giorni smangiucchiati da chissà quale tra le tante fameliche creature che la abitavano. E in una Foresta Infinita, di simili schifezze potevano starcene a bizzeffe.
Restammo in ascolto, ma a parte i grugniti e gli ululati in lontananza, e lo stormire inquieto delle foglie sopra le nostre teste, non udimmo alcunché. Non le voci che parlavano la lingua incomprensibile e gutturale dei nostri sequestratori, e nemmeno i cinguettii che di solito sono normali in una comune foresta. In questa, le voraci creature del male dovevano essersi pappate tutti i volatili che non erano stati abbastanza furbi da andarsene prima.
– Credo di sì – fece Robert, in risposta alla mia domanda. – Anzi, no! Ce n'è ancora uno, lo sento toccarmi le corde che mi legano i polsi... a meno che non sia una di quelle creature, sciò, vattene via brutta bestia...
– Sono io – gli dissi mentre lo sbendavo dopo aver liberato i suoi polsi legati. Gli vidi la domanda negli occhi e prima ancora che potesse farci perdere tempo a chiederla, gli ricordai: – Non mi pare il caso di stare fermi qua mentre ti spiego come mi sono liberata. Andiamocene di qui e alla svelta, prima di fare la fine dei personaggi secondari sacrificabili. E, per inciso, come compagno di sventura fai schifo – conclusi, per tornare al litigio che ci aveva mantenuti in vita ed evitargli di pronunciare un pericoloso "grazie". La gratitudine, così come le dichiarazioni d'amore e le questioni in sospeso, risolte o sul punto di esserlo, sono le cause di morte prematura predominanti in una storia.
E noi, in una storia, ci eravamo dentro fino al collo.

Avrei dovuto immaginarlo, e cercare di non essere troppo ottimista. Le speranze di riuscire a levare presto le tende da una foresta che per definizione era infinita erano pressoché zero. Perciò, quando trovammo la valletta, io e Robert avremmo potuto giurare di essere a zonzo tra gli alberi da giorni, se non da settimane. All'epoca non ne ero certa, perché era la nostra prima transizione non narrata, e fu piuttosto spiazzante ritrovarsi con vaghi ricordi di qualcosa che sapevamo di non aver fatto. Però, dopo esserci ricordati di aver vagato nella Foresta Infinita per tanto tanto tempo senza fare incontri degni di nota, nel bene o nel male, ci accorgemmo che stavamo costeggiando un'altissima siepe quando udimmo la risate acute di due diverse voci fanciullesche provenire da dietro il fogliame.
– C'è qualcuno di vivo oltre a noi, e sono dei bambini!
Robert fece per voltarsi e infilarsi nella siepe per raggiungerli, ma io lo afferrai per un braccio.
– Ma dico, vorresti cadere nella trappola più vecchia del mondo? – sbottai io, fissandolo negli occhi con un cipiglio severo mentre le risate si ripetevano. – Vai là, bello bello, pensando di salvare dei mocciosi indifesi, e invece ti accorgi troppo tardi che è un mostro mangiauomini che sa imitare le voci.
– Sì, ma però... – protestò debolmente Robert.
Evitai di dirgli che se non ci fossi stata io, lui sarebbe già morto da un bel pezzo in quella storia. Meglio non sfidare la sorte.
– Però un corno, andiamo.
Non dissi nemmeno che ero certa che, seguendo quella specie di confine tracciato dalla siepe, prima o poi avremmo trovato un altro lato che delimitava la Foresta Infinita, ovvero la sua fine. Anche se quello era un ossimoro bello e buono.
Evidentemente però la storia voleva a tutti i costi farci passare attraverso la siepe, perché poco più avanti mise sulla nostra strada un varco in quell'apparente mare di foglie. Era solo un buco ovale in cui ci si poteva infilare uno alla volta, scavalcando la parte intatta di siepe a terra alta quasi fino alle ginocchia, ma nondimeno era un modo sicuro per vedere al di là. E quello che c'era al di là era nettamente diverso da quello che c'era al di qua.
Dalla nostra parte, grandi alberi contorti, ombra, foglie verdi quasi nere, ululati e altri versi spaventosi in lontananza, un lezzo mefitico da palude e decomposizione, e un generale senso di angoscia e terrore; oltre la siepe, gentili arbusti e alberelli di limoni, arance e altri agrumi, tiepidi raggi di sole, risate di bimbi e cinguettar di fringuelli, e un'invitante fragranza di zagara che già al solo sentirla metteva l'animo in pace e favoriva il buonumore.
– Trappola – brontolai ancora una volta. Era ovvio che era troppo bello per essere vero.
Ma in questo caso l'ovvio e il mio avvertimento non trattennero Robert dall'infilarsi nel buco nella siepe.
Lo seguii, giusto perché senza di me sarebbe certamente morto.
– Tu sei prevenuta – mi rimproverò Robert, aggirandosi tra gli alberi di agrumi, da cui colse un'arancia e cominciò a sbucciarla. Mi indicò con il frutto un tordo che saltellava tra i rami, poi un merlo che raspava a terra. – Qui ci sono ancora dei pennuti, quindi vuol dire che questa parte della Foresta Infinita è al sicuro dai mostri, giusto?
Stavo per concordare con lui, sebbene di malavoglia perché avere torto non mi piace affatto, quando nell'aggirare un gruppetto di piante di cedro e pompelmo ci ritrovammo di fronte a una grande roccia piatta, e sopra la roccia, una gabbia toracica. Totalmente priva di carne.
Non ero abbastanza esperta di ossa per capire se era umana oppure no, ma certo le dimensioni erano quelle. Ci bloccammo, e dopo qualche istante di puro orrore, dissi a Robert: – Andiamocene via.
Lui fu d'accordo con me.
Avevamo appena fatto in tempo a voltarci, però, che dalla nostra destra, oltre un boschetto d'alberelli di chinotto, giunse una voce maschile.
– Magda, credo di averla trovata! L'hai di nuovo lasciata alla roccia, incredibile, se non avessi la mandibola attaccata al teschio ti perderesti anche quella... oh. – La voce si interruppe per un istante durante il quale afferrai il polso di Robert, pronta a tirarmelo dietro in una fuga precipitosa, ma poi la voce disse qualcosa che ci indusse a voltarci. – Hanno preso anche voi, eh? Incredibile, questi Grungnok o come si chiamano catturano ogni singolo straniero che passa nel loro territorio per sacrificarlo ai loro cosiddetti "dei della Foresta Infinita" e placare la loro fame. Magda, vieni, abbiamo gente nuova!
– Il classico personaggio che spiega la situazione – mormorai a Robert, e rassicurati ci voltammo solo per trovarci di fronte a uno scheletro che ci tendeva la mano.
– Magda! – chiamò ancora lo scheletro, girandosi verso il punto da cui era venuto. Poi scosse la testa, o meglio, il cranio. – Scusatela, è timida, e si rifiuta di farsi vedere se non ha tutte le ossa al proprio posto. Comunque, io sono Osvaldo, e vi do ufficialmente il benvenuto qui nella Valletta degli Agrumi. Non temete, il peggio è passato, avete superato indenni la Foresta Infinita senza finire nelle fauci del terribile Divoraossa, e qui sarete al sicuro.
– Come fa a parlare senza corde vocali? – mi bisbigliò Robert.
Gli diedi una gomitata e chiesi invece al nostro servizievole informatore: – Vuoi dire che da questa parte c'è l'uscita?
– Uscita? – ripeté lo scheletro.
– Sì, dalla Foresta infinita.
Lo scheletro replicò con un "ah" che non mi piacque per niente, poi spiegò: – No, no. Qui siamo nel cuore della Foresta Infinita. Ma non temete, come vi ho detto qui siete al sicuro e vi ambienterete benissimo. Certo, siete ancora un po' troppo grassi, Ma sono certo che seguendo la nostra dieta vi rimetterete in forma in men che non si dica – concluse lo scheletro, indicando l'arancia che Robert stava mangiando.
Robert inarcò un sopracciglio, poi mollò l'arancia con un sussulto e sputò anche la fetta che aveva infilato in bocca come se fosse stata avvelenata, e probabilmente lo era, a giudicare l'effetto che quella dieta aveva fatto a Osvaldo.
– Oh, vuoi saltare la fase fruttariana e passare direttamente a quella respiriana? Ottima scelta! – si congratulò lo scheletro.
– Ma non c'è nessuno, proprio nessuno che abbia provato a lasciare questo posto e ad andarsene dalla Foresta Infinita? – mi informai.
Con voce incrinata dal timore, lo scheletro Osvaldo replicò: – No, là fuori c'è il terribile Divoraossa, è una bestia spaventosa e quando ti punta non puoi sfuggirgli... inoltre, perché dovremmo andarcene? Qui si sta tanto bene, e vedrete che vi troverete bene anche voi. Ma ora scusatemi, devo riportare a Magda la sua gabbia toracica, datele solo un momento per sistemarsi e poi potete venire a conoscerla.
Dopo che gli avemmo assicurato che avremmo atteso che fosse tutto a posto e che poteva pure fare con comodo, lo scheletro afferrò le ossa che giacevano sulla pietra e si inoltrò tra gli alberi di chinotto da cui era venuto.
– Andiamocene – sussurrai a Robert, e lui fu d'accordo.
Anche se qualche volta ce ne eravamo lamentati, ci tenevamo alla nostra carne, e nessuno di noi aveva tutta quella voglia di dimagrire così tanto.

Eravamo tornati da non molto tempo nell'oscurità cupa e tenebrosa della Foresta infinita, che dopo la nostra gita nella Valletta degli Agrumi ci pareva ancora più deprimente, quando lo incontrammo.
D'altra parte, visto che il signor vi-spiego-tutto-io Osvaldo aveva nominato proprio quella tra tutte le bestie che popolavano la Foresta Infinita, sarebbe stato impossibile non incontrarla.
Avvenne mentre stavo spiegando la geniale idea che mi era venuta per sopravvivere a tutti i pericoli che naturalmente avvengono nel corso di una storia, e possibilmente, alla fine di essa, uscire dal libro che ci aveva risucchiato tra le pagine.
– Massì, pensaci bene, Robert: qual è il personaggio di un libro che non muore mai?
– Il preferito dell'autore? Quello che lo rappresenta? – replicò lui, impegnato ad aiutarmi a scavalcare un albero caduto.
– Anche. Ma da qui non possiamo sapere quale piace all'autore o qual è il suo alter ego. Molto più facile è riconoscere il protagonista, e il protagonista è al 99, 9% immune alla morte per esigenze di trama, quindi...
– ...diventiamo i protagonisti! – concluse Robert, quindi abbassò la voce in un sussurro nervoso, guardandosi attorno nella penombra minacciosa e puzzolente della Foresta Infinita. – Certo è molto più facile a dirsi che a farsi, e inoltre finché non saremo i protagonisti, come facciamo a sop...
Gli tappai la bocca prima che potesse porre la domanda fatale che tentava la sorte. Ma era già troppo tardi.
Un ululato spaventoso risuonò alle nostre spalle, vicinissimo. Un'ombra più oscura di quelle della Foresta Infinita ci sovrastava, facendoci accapponare la pelle. Tremammo da capo a piedi, e poi sentimmo una voce. Che per nostra sfortuna non era quella dello scheletro Osvaldo, perché era molto più profonda e cavernosa, e per nulla amichevole.
– Vi ho trovato...
Mi voltai per prima, perché tanto valeva vederlo, già che c'ero.
Il terribile Divoraossa aveva la forma di un gigantesco cane, completamente nero, occhi e zanne acuminate comprese, e attorno a un nucleo solido che costituiva il suo corpo pareva emanare un'aura d'ombra o gas di colore scuro che si agitava incessantemente.
Era davvero terribile come dicevano, tanto che quando Robert si girò, gli sfuggì un breve urlo in falsetto. Pensavamo di essere spacciati, o almeno io lo pensavo, quando il terribile Divoraossa chiese, con una strana nota d'incertezza nella voce cavernosa: – Ma dove sono le vostre ossa?
– Noi non abbiamo ossa – replicai alla svelta, colta da un'idea geniale che forse avrebbe potuto salvarci.
– Già, niente ossa – mi venne dietro Robert. – Siamo creature gelatinose, solo questo, assolutamente schifose da mangiare.
Il terribile Divoraossa avvicinò l'enorme muso dal fiato pestilenziale e ci annusò più volte. Pensai per un attimo che Robert, al contrario di me, fosse suonato poco convincente, e che nonostante tutto il mostro ci avrebbe divorato, quando invece la bestia disse: – Se non avete ossa, che cosa me ne faccio di voi?
– Vuoi le ossa? – chiese Robert, prendendo l'iniziativa nel modo e nel momento che giudicai il peggiore. Qualunque idea gli fosse saltata per la mente, poteva finire assai male se non mi dava retta. – Posso dirti dove trovare tante deliziose e succulente ossa, le ho viste appena adesso...
Diedi un pizzicotto a Robert prima che potesse indicare al terribile Divoraossa la direzione della Valletta degli Agrumi, e non appena si fu zittito sibilai: – Tradire gli amici non è affatto eroico, vuoi o non vuoi diventare il protagonista?
– Amici? – ribatté Robert. – Ma se li abbiamo incontrati appena qualche minuto fa!
– Non importa, è lo stesso! – sbottai. Stavamo di nuovo litigando, e in modo sufficientemente comico da garantirci la sopravvivenza. Come ho già detto, nelle storie la gente non muore mentre sta litigando su questioni triviali. Sulle cose serie sì, può succedere, ma su delle sciocchezze, mai.
Il terribile Divoraossa ringhiò, spettinandosi i capelli con un soffio dal lezzo insopportabile. Resistetti a stento all'impulso di tapparmi il naso.
– Dove sono le ossa? – chiese in tono minaccioso il bestione dall'aspetto vagamente canino.
– Di là! – rispondemmo all'unisono, e indicammo fortunatamente entrambi la direzione opposta alla Valletta.
Il terribile Divoraossa girò il muso a guardare la direzione verso cui puntavano le nostre dita. Non ci avrebbe creduto, probabilmente, se gli avessimo indicato due zone diverse della Foresta Infinita; ma dato che sembravamo tanto sicuri, e che concordavamo, il bestione ci cascò.
– Mh, vado a prendere queste ossa – bofonchiò la creatura, e nell'adocchiarci soggiunse: – Ma voi non muovetevi da qui. Se per caso mi avete mentito e dove mi avete detto non troverò le ossa che mi avete promesso, al mio ritorno faremo i conti. Anche se non avete ossa e non siete buoni da mangiare, scommetto che posso sempre uccidervi.
– Sì, certo, stiamo qui – gli assicurammo, e: – Non muoveremo nessuno dei nostri muscoli gelatinosi, promesso!
Quest'ultima frase, se non si era capito, era di Robert.
Attesi che il terribile Divoraossa si fosse allontanato a sufficienza, poi dissi a Robert: – Andiamo.
E ce la filammo alla svelta.
– Non abbiamo ossa... come sapevi che avrebbe funzionato? – mi chiese Robert una volta messo una ragionevole distanza tra noi e il posto dove avevamo incontrato il terribile Divoraossa.
– È un mostro del primo capitolo, non poteva essere così intelligente – replicai con una scrollata di spalle. – Noi non siamo ancora diventati i protagonisti, perciò combatterlo era fuori discussione, quindi gabbarlo restava l'unico modo per sfuggirgli sani e salvi.
E questo è il racconto di come superammo i primi ostacoli sul nostro cammino, la trappola della Valletta degli Agrumi e il mostro chiamato il terribile Divoraossa.
Uscire dalla Foresta Infinita, però, si rivelò una questione più lunga e complicata di quanto avessi previsto.

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