sabato 9 settembre 2023

Dicotomia

Dicotomia [di-co-to-mì-a] s.f. 1. Suddivisione di un concetto in due categorie distinte e opposte. 2. estens. Radicale divisione, separazione tra due entità, posizioni, punti di vista. 3. bot. Tipo di ramificazione caratterizzato dalla divisione dell'apice in due apici, ciascuno dei quali può, a sua volta, bipartirsi. 4. astr. Primo e ultimo quarto del ciclo lunare.

Etimologia: dal greco dichotomia, "divisione in due parti", composto da dicha, "in due parti", e da témno, "tagliare".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Mikhail Nilov da Pexels


Fu la cosa più difficile al mondo, lasciarle. Ma sapevo che cosa sarebbe accaduto se avessi infranto la promessa fatta a mio padre.
La dicotomia tra andare e restare non poteva essere risolta che in quel modo.
Non servivano tutte le donne di Tana del Diavolo per aprire il portale, ma il giorno dell'equinozio d'autunno erano tutte lì per salutarmi. Compresa Evangeline, che non praticava la magia, ma ormai sapeva tutto di noi.
Mia madre mi strinse in un lungo abbraccio. Era stanca, quasi senza voce per l'incantesimo, ma non avrebbe ceduto ad altri il compito di "accompagnarmi al di là".
Zia Alice, che stranamente stavolta non aveva voluto prendere parte alla magia, mi accarezzò sulla testa e mi disse: – Ricordati che i gatti hanno sette vite. E che atterrano sempre in piedi. E soprattutto, sta lontano dall'acqua!
Non mi guardò negli occhi finché non fece un passo indietro e mormorò: – Grazie.
Il che mi diede il sospetto che lei sapesse, o avesse almeno intuito, il pericolo che stavano correndo.
Evangeline mi salutò con un bacio appassionato, disperato, che per un istante incrinò la mia corazza di inespressività e mutò i tratti del mio volto, il colore dei capelli e dei miei occhi dietro le palpebre chiuse. L'odore della sua pelle rinfrescò in me il ricordo della nostra prima e ultima notte. Lo chiusi in un angolo della mente e ne feci la mia ancora prima di andare.
Oltre il portale mi accolse il mondo mutevole e sconvolgente di mio padre.
Scenari di guerra, vecchi e nuovi, si alternavano a paesaggi desolati di solfatare e deserti di sale a ogni mio passo, ma fu nella solitudine notturna di un cimitero che lui finalmente si palesò a me. Così veloce che nemmeno lo vidi finché non mi fu di fronte, ali di pipistrello spalancate e lunghe corna sulla testa.
Avvertii un lancinante dolore al fianco. Strinsi i denti e guardai giù: i suoi artigli erano nella mia carne.
Ero preparato a cose ben peggiori da parte sua, perciò riuscii a trattenermi dallo scatenare il potere che avevo ereditato da lui, e a mostrargli un volto immutato.
Il suo invece divenne una testa leonina, e le sue ali si ricoprirono di penne nere, quando ruggì: – Tu sei limitato!
Quella fu la sua prima lezione. Mentre mi torturava in ogni modo possibile, mi rivelò che la vera dicotomia non era quella favola che mi avevano insegnato del bene e del male, bensì quella tra chi limitava se stesso in base ad assurde regole, e chi era davvero pienamente libero.
Questa era la filosofia dei Caduti.

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