lunedì 4 dicembre 2023

La Spettrale Foresta Sottosopra


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Mizuno K da Pexels


Mi trovavo una notte a camminare nella Spettrale Foresta Sottosopra, quando all'improvviso capii perché la chiamavano così. Io ero là, nel bel mezzo di un sinistro banco di nebbia che amplificava la luce di chissà quale Luna, a camminare per i fatti miei con il sottofondo gradevolmente inquietante di un coro di lupi ululanti e un accompagnamento misto di gufi e civette, quando mi sentii afferrare stretto per una caviglia, e tirare, e quasi sbattei la faccia a terra mentre prendevo il volo. No, non ero inciampato in una radice, a meno che le radici non riescano a sollevarti i piedi sopra la testa. Non credo abbiano ancora imparato.
Sottosopra, appeso per una caviglia, incrociai le braccia al petto.
– A-ha, mi hai preso, complimenti – sbottai senza troppo entusiasmo alla volta del burlone forzuto. Sbirciai da sotto in su nella nebbia per cercare di capire con chi avevo a che fare, ma non c'era niente attorno a me, nemmeno una sagoma indistinta nella caligine. Fu allora che il resto del nome di quel posto mi venne in aiuto: Spettrale Foresta Sottosopra.
Foresta, ero in una foresta.
Sottosopra, ero sottosopra.
Spettrale, non era una metafora, o una generica indicazione circa l'atmosfera.
Io dico che sapere con chi hai a che fare è la metà di quel che ti serve per risolvere un problema. L'altra metà ce la devi mettere tu, ma quello non era un problema, ero diventato ormai parecchio bravo a risolvere i miei problemi, una volta saputo con chi avevo a che fare.
Perciò non mi agitai, e allo spettro che si divertiva a mettere la gente sottosopra, chiesi: – Bene. E adesso che mi hai preso, che intendi fare?
Dalla nebbia provenne un timido booooh? un po' perplesso.
– A questo punto, se fossi un orco, mi mangeresti – incalzai il buontempone incorporeo, – Se fossi un drago, mi bruceresti. Ma tu non sei né l'uno né l'altro, giusto?
Boooooohhhh! risuonò nella nebbia.
– E siamo arrivati a capire che cosa non sei – soggiunsi, con un pizzico di condiscendenza. – Quanto al chi sei, amico, non credo tu lo sappia davvero.
Uno sbuffo agitò in un turbinio di volute il bianco lattescente accanto al mio viso, e qualunque cosa mi tratteneva sottosopra in aria si agitò scuotendomi tutto.
– Calma, calma, non c'è bisogno di agitarsi! Segui il mio ragionamento, vuoi?
La mia testa smise di ballonzolare appesa al resto del corpo. Lo spettro era in ascolto.
– Punto primo: sai come ti chiami?
Booooooooooooohhhhhhh! fu il lungo, depresso ululato che riecheggiò nella nebbia.
– Appunto – confermai. – Ma non basta. Tante persone non sanno come si chiamano, eppure sanno lo stesso chi sono, o almeno sono convinte di saperlo, e io non le contraddico. Ora, punto secondo: ti sei mai visto una volta allo specchio? Sai di che colore sono i tuoi capelli, i tuoi occhi, che forma ha la tua faccia?
Il booooOOoooooOOOooohhhHHHHhhhh! che fu la risposta alla domanda risuonò più modulato, quasi lamentoso.
Lo ammetto: gli avevo tirato un colpo basso. Chiedere a un fantasma se si era mai visto allo specchio era come chiedere a un pesce di cantare.
– Su, su, non è poi così male – dissi in tono consolatorio al mattacchione intangibile. – Ce n'è di gente che non si è mai vista allo specchio. Tanto per cominciare, chi non ce l'ha, un specchio.
Boh. mugugnò sottovoce la presenza nella nebbia, come a confermare che nemmeno lei ce l'aveva uno specchio.
– E questo ci porta al nostro punto terzo, per capire chi sei. Punto terzo: sai che cosa sei in grado di fare? Per esempio, sai che puoi mettere la gente sottosopra, ma sai se sei anche in grado, cosa ancora più difficile, di rimetterla dritta e lasciarla andare per la sua strada?
La testa mi girava un po' per tutto quello stare sottosopra, ma interpretai il ....boooooh? piuttosto tardivo di chi mi teneva in quella scomoda posizione come un buon segno.
– Avanti, provaci. Coraggio. Se non ci provi non lo saprai mai... – interruppi di colpo la mia esortazione quando senza troppa creanza la forza che mi tratteneva in aria per la caviglia mi mollò di colpo a terra, e poi mi afferrò per le spalle e mi strattonò nel rimettermi in piedi.
Raddrizzai gli occhiali storti, mi sistemai i capelli spettinati da cui tolsi qualche foglia, e mi tirai giù sulla pancia l'orlo del maglione. Dopo essermi risistemato alla bell'e meglio, diedi il mio responso all'entità spettrale. – Ci devi lavorare un po' su, ma non è male, come inizio.
BOOOOOOOHHHHH! esalò più forte e più deciso dalla nebbia e dagli alberi che mi circondavano. Non riuscivo a capire dove fosse, perciò mi dissi che una direzione a caso, se continuavo a camminare abbastanza a lungo, mi avrebbe sicuramente allontanato dalla cosa che abitava la foresta.
– Felice di essere stato d'aiuto! – dissi nell'accomiatarmi, una mano agitata in aria a mo' di saluto. – E mi raccomando, continua a esercitarti a raddrizzare le persone, solo così capirai chi sei davvero!
Ed è così che si concluse la mia avventura nella Spettrale Foresta Sottosopra, che pochi mesi dopo seppi essere stata ribattezzata "Spettrale Foresta Soprasotto".

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