giovedì 23 novembre 2017

Giudicare dalla copertina

Non so se ti è mai capitato. Sei alla fermata ad aspettare l'autobus. In fila alle poste. A fare la spesa tra le corsie di un supermercato. In treno con un libro aperto e il mondo che corre fuori dal finestrino. Dovunque, ma in mezzo a estranei di cui non sai che quello che vedi. Tra tutti c'è una persona, qualcuno che spicca in mezzo agli altri, qualcuno che colpisce la tua immaginazione. Forse ha un colore di capelli inconsueto. Un dettaglio bizzarro nella sua fisionomia. Un vestito eccentrico. Oppure, è per quello che sta facendo. Non importa: quello che conta è che lo hai notato, e adesso non puoi fare a meno di chiederti chi sia, come si chiami, quale sia la sua storia. E cominci a inventare basandoti su ciò che vedi. Forse è una storia che scriverai, forse no; ma intanto, la stai pensando.

Non so se ti è mai capitato. Ma ciò che so è che di sicuro, almeno una volta nella vita e probabilmente anche più di una, hai giudicato un libro dalla copertina, una persona dal suo aspetto. È normale. È umano. Ed è un meccanismo psicologico che puoi sfruttare in entrambi i sensi quando scrivi. Ovvero partire dall'aspetto e abbinargli il carattere che gli si addice, o partire dal carattere o dal ruolo nella storia e dargli la forma che quel ruolo richiede. Esiste, in letteratura, fin dai tempi dei miti e delle fiabe: i buoni, principesse ed eroi, sono belli, giovani, riccamente abbigliati e di sovente biondi; i cattivi, streghe e orchi, sono brutti, vecchi, vestiti di stracci e in molti casi hanno la pelle di un colore innaturale, ad esempio verde. Si può obiettare che siano stereotipi superati, ma allora come mai gli eroi e le eroine dei film sono sempre interpretati da attori e attrici affascinanti?

Puoi rompere il cliché. Sorprendere chi legge, e questa è una cosa che adoro fare. Creare un antagonista che appare avere tutte le caratteristiche fisiche associate di solito a un personaggio buono e innocuo: uno sguardo dolce, un sorriso innocente, vesti bianche, riccioli biondi. Un angelo, che si rivela essere un diavolo nelle sue azioni. O anche un protagonista bruttino e anonimo, che sale alla ribalta per i suoi atti eroici. Ma nell'invertirli li stai comunque usando, quei cliché. Stai giocando con le aspettative del lettore, ma quelle aspettative non le elimini.

Da qualche parte, non mi ricordo dove, ho letto: "La strada che si allontana da Roma, porta lo stesso a Roma".

È normale. È umano. Finché ci saranno occhi per guardare, e aspettative create da tutta una vita, non smetteremo di giudicare dalla copertina.

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