giovedì 16 novembre 2017

Malcolm Millipedegutter

(racconto ispirato dall'esercizio Piacere di conoscerti, mi chiamo.... Il nome che ho scelto lanciando un dado tra i sei che avevo proposto è Malcolm Millipedegutter)

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Malcolm Millipedegutter non esiste. Se lo era inventato mio fratello, quando eravamo bambini.
Era il suo amico immaginario e la sua scusa quando mangiava di nascosto i biscotti e voleva addossare a qualcun altro la colpa.
– Non sono stato io! – diceva. – È stato Malcolm Millipedegutter, lo giuro!
Poi correva ad appoggiare l'orecchio al muro. – È ancora qui, lo sento masticare. Venite a sentirlo, venite, è vero!
Io una volta ci avevo provato, ad ascoltare. Gli avevo dato retta. Com'era prevedibile, però, non c'era niente, nessun rumore, e mi ero sentita una stupida con l'orecchio incollato alla parete.
Mio fratello, col dito sulle labbra, aveva già la scusa pronta. – Ssshhh! Ha capito che lo stiamo ascoltando. Dobbiamo fare piano piano, aspettare un po', così ricomincia a mangiare...
Ma io a quel punto mi ero già stufata.
Mio fratello non faceva che parlare di Malcolm Millipedegutter, così nel tempo avevo imparato tutto su di lui. Avevo imparato che viveva nelle pareti di casa nostra. Che era vecchissimo, con la pelle marrone come quella degli alberi e tante rughe. Che sapeva parlare con i topolini e con le lucertole. Che non gli piacevano i gatti. Che aveva un cappello verde a punta, pantaloni di muschio e un gilet color giallo sporco. Che preferiva i biscotti con le gocce di cioccolato.
Alla fine avevo imparato a evitare mio fratello quando cominciava con la sua tiritera.
Lo evitavo anche quando lo scoprivo a bussare sulle pareti e parlare fitto fitto con il nulla. Era il suo momento di follia privata.
Lui ci credeva davvero. Ma credeva ancora a tante cose a quell'età: anche a Babbo Natale e alla Fatina dei Denti. Io, che avevo quattro anni di vantaggio su di lui, sapevo come stavano davvero le cose. E ne so ancora di più ora che sono adulta.
Malcolm Millipedegutter non esiste.
E allora che cos'è questa creaturina bruna che mi fissa con occhi neri e tondi come capocchie di spilli sotto un cappello verde a punta, si toglie dalle labbra il pezzetto di biscotto con gocce di cioccolato, lo indica con l'altra mano dalle dita lunghe, sottili e nodose come ramoscelli e mi chiede, con una vocina gracchiante: – Di questi, ne hai ancora?

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