sabato 22 settembre 2018

Pimentare

Non avevo intenzione di scegliere un altro verbo così presto, ma questo mi ha colpito e allora... eccolo qui. Ciò che mi sembra più interessante di questa parola, così come con piccante o pepato, è la facilità con cui un sapore o un termine culinario possa passare a indicare metaforicamente qualcosa di immateriale come una sensazione.

Pimentare [pi-men-tà-re] v.tr. 1. Condire con il pimento. 2. fig. Rendere piccante, solleticante.

 
Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Pensavo di sapere quale personaggio avrei usato per una parola che unisce gusto ed emozione: il mezzo demone senza nome che è spuntato più volte in questo blog, spesso accompagnato dalla yuki-onna che si fa chiamare Neve. E invece, a sorpresa, Katrina e Sharona si sono prese la scena.


Erano passati cinque giorni da quando le avevo spifferato tutto, e Sharona non faceva che guardarmi di nascosto. Coglievo il suo sguardo su di me quando mi voltavo all'improvviso, alzavo gli occhi dal piatto o mi destavo con lei già sveglia.

Ogni volta lei distoglieva gli occhi e mi lasciava a immaginare la sua disapprovazione. Non potevo sopportarlo. Iniziai a evitarla.
Rientravo a casa tardi, mangiavo fuori, mi alzavo prima di mattina per non incrociarla a colazione. La convivenza si era fatta insostenibile, e mi chiedevo se non fosse meglio che una di noi si trasferisse altrove.
Il quinto giorno era sabato, perciò non avevo la scusa del lavoro per stare fuori casa fino a sera. Ma lo feci lo stesso. Passai la giornata in cerca di avversari per il mio alter ego nel gioco, Vérys la Saetta Azzurra. Combattei con rabbia, e non mi divertii affatto. Avevo bisogno di sfogarmi.
Accumulai punti e lividi finché il cielo non si oscurò. L'ora di cena era passata da un pezzo quando rientrai in una casa buia, e pensai che Sharona fosse uscita; la casa però profumava di arrosto, segno che aveva preparato uno dei nostri piatti preferiti e me ne aveva lasciato un po'. Continuava a preoccuparsi per me, anche dopo che la verità ci aveva allontanate.
Prima che accendessi la luce, una mano mi afferrò il polso, strappandomi un gemito.
– Shhh! Non dire nulla. Vieni.
Sharona mi guidò in cucina con la sicurezza di un gatto sul cornicione. Nonostante il profumo allettante, l'arrosto non era pronto. Come mi aveva ordinato seguii le sue istruzioni senza aprire bocca, se non per qualche assaggio rubato dalle sue dita.
Sembrava che non fosse successo niente tra noi. Finché, dopo aver pimentato la salsa, Sharona mi disse: – Io ti ho reso parte del mio mondo. È ora che tu mi renda parte del tuo.
Non avevo idea che Sharona stava meditando di entrare nel gioco. Pensavo lo disprezzasse.
L'idea di condividere con lei quella parte della mia vita pimentò la nostra serata come nient'altro avrebbe potuto fare.

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