lunedì 5 novembre 2018

La posizione del cadavere

(racconto ispirato alla Sfida numero 9. Ho estratto a caso i due generi e mi è capitata un'improbabile sintesi di giallo e commedia, con il punto di vista spostato da un personaggio all'altro.)


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
 
 
Quando la signora Emilia urlò, in un primo momento non ci facemmo caso. Non era insolito che la nostra vicina trovasse qualcosa di sgradevole per il quale strillare, che fosse un insetto, o un cuscino fuori posto, o un velo di polvere su un mobile. Anche quando si trovava in casa d'altri, la signora Emilia non riusciva a non reagire con orrore di fronte alle grandi o piccole offese al buon gusto.
Da quando tutta questa storia era iniziata, inoltre, la signora Emilia vedeva omini grigi ovunque.
Eravamo tutti assiepati nella casa di Sabina per la consueta riunione post-avvistamento, ma conoscendo la signora Emilia, nessuno si scompose. Almeno, finché non la vedemmo arrivare in affanno dalle stanze sul retro, e tirarci per le maniche a turno. La signora Emilia, che era di solito la quintessenza della loquacità, non riusciva a parlare.
Allora capii che era successo qualcosa di grave.
Cercammo di farla sedere, per aiutarla a riprendere la voce perduta in modo da spiegarci che cosa avesse visto, ma lei non ne volle sapere. La signora Emilia non si calmò finché non la seguimmo in massa verso la camera da letto di Sabina, ma quando fummo lì, la signora Emilia si guardò attorno, confusa.
– Santo cielo, dove... dov'è, non capisco... era proprio qui... – balbettò, mezzo singhiozzando. – L'ho vista con i miei occhi, Orm... sdraiata a terra... pallida... fredda... oh, Orm! Sabina... la mia cara, carissima Sabina... è morta.
Non avevo motivo di dubitare delle sue parole. La signora Emilia sembrava veramente sconvolta, e sul pavimento una larga chiazza rossa pareva confermare la sua versione. Qualcuno, in quella casa, aveva ucciso e poi spostato il corpo di Sabina la veggente.
Per capire chi era stato, dovevamo prima di tutto scoprire la posizione del cadavere.
Chiesi a Michele di chiudere le porte: era l'unico che non si era mai mosso dal salotto. Il resto di noi, me compreso, era andato in bagno, o aveva gironzolato in attesa che arrivassero gli altri, o era uscito dalla porta sul retro per controllare un ospite speciale nel proprio capanno degli attrezzi.
Nessuno sarebbe entrato o uscito da quella casa. Eravamo tutti sospettati.


Quando uscii dal bagno e raggiunsi gli altri in salotto, in salotto non c'era più nessuno. Era come se tutti fossero spariti da un momento all'altro, come se un raggio cosmico li avesse rapiti in cielo. Avevo appena terminato di rilassarmi con qualche posizione di yoga e un po' di meditazione, perciò ero disponibile ad accettare qualunque verità l'universo avesse in serbo per me.
A quanto pare, l'universo non gradiva il succo di lamponi e le stanze troppo affollate.
Scrollai le spalle e mi guardai allo specchio. Sulla casacca tinta a mano in stile batik si era aggiunta un'altra macchia di colore. Non potevo dire che non mi piacesse  quel rosso rubino che sfumava sulle frange. Forse ciò che l'universo mi stava dicendo, pensai, era che dovevo usare i lamponi nella mia prossima tintura.
Tornai in camera. Non c'era motivo per me di restare in salotto, se la riunione era rimandata.
Tanto valeva che andassi a spolverare uno per uno tutti i miei cristalli, prima di risentire l'urlo di Emilia. La sua aura era sempre così perturbata! Era sempre stata un po' miope dal terzo occhio, ma con gli altri due ci vedeva benissimo: riusciva a distinguere un granello di polvere o una grinza sul copridivano a centinaia di metri di distanza.
Comunque, Emilia avrebbe fatto meglio a rilassarsi. La pensava così anche l'universo, evidentemente, perché quando entrai nella mia camera da letto la trovai abbandonata tra le braccia di Orm, che un po' cercava di tenerla in piedi e un po' la sventolava con una delle mie riviste di astrologia.
Erano tornati. Erano tutti tornati. La maggior parte dei miei vicini sembrava commossa dal viaggio.
– Avverto... emozioni potenti, in questa stanza – mormorai, attirando lo sguardo dei miei vicini. Mi fissavano tutti, e qualcuno di loro digrignò i denti, qualcun altro strinse i pugni. – Se vi sentite sopraffatti, non temete: fa tutto parte del ritorno alla terra, alla nostra dimensione limitata e comune. Io lo so, credetemi: ho avuto più volte esperienze extracorporee e cose simili. Ora, per riconnetterci con il nostro io più profondo e riprendere i nostri ritmi naturali, sdraiamoci tutti a terra e rilassiamoci nella posizione del cadavere.
Forse era solo una mia impressione, ma avvertivo un'inspiegabile ostilità da qualche parte in quella stanza.

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