giovedì 6 giugno 2019

Idea vs esecuzione

Periodicamente, in ogni gruppo che conosco legato alla scrittura, riaffiora una domanda. Di solito è una persona giovane a porla, o comunque qualcuno che si approccia per la prima volta alla scrittura di un testo lungo come può essere un romanzo. La domanda, più o meno, è questa:

Ho un'idea per una storia. Penso sia una bella idea, tanto che ho già sviluppato per bene la trama, l'ambiente, i personaggi. Ma non sono uno scrittore professionista, non credo di avere le capacità per scriverla e penso che se ci provassi rischierei di rovinarla. Mi potete indicare qualcuno che mi possa aiutare a scrivere la storia che ho in mente?


Ora, tanto ci sarebbe da dire sull'insicurezza e sui dubbi che attanagliano prima, durante e dopo la scrittura di un romanzo, e io ne so qualcosa, ma non è questo il punto principale sottinteso in domande o riflessioni di questo genere. Perché se il problema fosse davvero quello di non essere un "professionista", di non conoscere gli "strumenti del mestiere", come può essere certo chi pone la domanda che quella trama, quei personaggi, quell'ambientazione già ideati siano così buoni come crede?

Il problema vero, a mio avviso, è che l'idea è facile. L'idea è immediata. L'idea, finché resta un'idea, è sempre perfetta e meravigliosa. E non serve quasi nessuno sforzo per trovarla. Persino qualcuno che non è esordiente può cadere in questa trappola. Una volta, in un laboratorio di scrittura a cui ho partecipato, ho sentito qualcuno che già aveva scritto più racconti, tutti pregevoli, parlare dell'idea che aveva avuto e che non aveva trasformato in un testo, come era invece richiesto per quell'incontro. Ce ne ha parlato, e ha descritto la scena nei minimi dettagli, e spiegato come si collegava alla trama, e ha concluso dicendo che, avendola già immaginata così completa nella sua mente, non aveva più alcun desiderio di scriverla.

Perché, mi sono chiesta, non aveva voluto scrivere quel racconto, nonostante ne avesse un'idea già così ben sviluppata? All'epoca per me era un mistero, ma oggi la risposta che posso darmi è questa: perché l'esecuzione è molto meno facile dell'idea. L'esecuzione, ovvero la scrittura di un romanzo, necessita di tempo per essere completata. E nelle sue prime fasi è tutto fuorché perfetta. L'esecuzione, all'inizio, può essere goffa e incompleta. Come in un blocco di marmo a cui man mano si tolgono schegge e frammenti per far emergere una figura invisibile, nascosta nella mente dell'artista e in un pezzo di materia informe, non è semplice vedere il romanzo che avevi immaginato in quella prima stesura. È facile pensare che non sei in grado, che non sei all'altezza, se ti fermi a metà. Che non sei un "professionista", qualunque cosa quella parola possa indicare nel campo della scrittura.

L'esecuzione necessita di pazienza. Devi essere disposto a fare uno sforzo, e sopportare la ripetizione: dopo la prima stesura, ti può capitare di dover rileggere un passaggio più volte, e di modificarlo più volte. Con la tranquillità che dona il sapere di non dover riuscire al primo tentativo. Al contrario dello scultore alle prese con la sua idea di statua intrappolata nel marmo, uno scrittore che commette un errore può sempre rimediare, aggiungere invece di togliere, per avvicinarsi sempre di più a quel romanzo ideale che non sarà comunque raggiungibile. Perché la perfezione non esiste. Esiste il miglioramento. Ma migliorare è possibile solo se quell'idea la scrivi tu, solo se ci provi, invece di rinunciare all'inizio del percorso e scegliere la strada in apparenza più semplice, la scorciatoia, quella che non ti insegnerà niente: dare l'idea a qualcun altro affinché la scriva al tuo posto.

Non capisco perché se per un musicista è normale l'idea di dover apprendere le note e la posizione delle mani sullo strumento, il pensiero di ripetere all'infinito le scale e le melodie più semplici e la sopportazione di mesi o anni di stridori e stonature in privato, sempre meno frequenti, prima di essere pronto a esibirsi di fronte a un pubblico... ci sia la presunzione, da parte di chi scrive o vorrebbe farlo, che tutto ciò non abbia un parallelo nell'arte che ha scelto. L'idea che scrittori si nasce, che ci voglia talento e non apprendimento, che l'ispirazione sia una realtà oggettiva calata dal cielo su un prescelto, per come la penso io, sono tutte scuse per evitare di impegnarsi sul serio. Non cominciare nemmeno è facile. Farsi venire un'idea e fermarsi a quella è facile. Passare dall'idea all'esecuzione, e arrivare fino in fondo, e continuare finché non sei diventato la persona che è in grado di suonare con sicurezza, di scrivere quella storia in una maniera che ritieni soddisfacente... questo per me, è talento. Questo è essere un professionista. E a quel punto, le mille prove in cui hai sbagliato una nota o le parti del romanzo che hai buttato e riscritto  non sono fallimenti, ma gradini nella tua scala di apprendimento.

Se sei al tuo primo romanzo e stai ancora imparando, il mio consiglio è di non arrenderti. Non lasciarti scoraggiare dalle prime fasi dell'esecuzione, anche se il tuo non ti sembra bello come i romanzi che leggi, e soprattutto se non assomiglia per niente alla storia della tua bellissima idea. Vai avanti. Un giorno, tra correzioni e limature, arriverai a un romanzo che forse sarà diverso da quella prima scintilla, ma che potrebbe davvero piacerti. E, ancora meglio, che potrebbe piacere davvero anche agli altri.

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