sabato 29 giugno 2019

Nefando

È sempre interessante scoprire l'origine delle parole, sia di quelle che usiamo ogni giorno senza nemmeno domandarci da dove vengono, che di quelle meno comuni, e che per questo appaiono talvolta abbastanza misteriose da essere degnate di una simile indagine. L'aggettivo che sto per presentare deriva dal latino e richiama nel nome qualcosa "di cui non si può parlare", l'indicibile. Ovviamente, in senso negativo.

Nefando [ne-fàn-do] agg. Riferito a persona che si è macchiata di colpe gravissime, empio, scellerato; riferito a cosa, atroce, moralmente inqualificabile, orribile.

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Photo by Donald Tong from Pexels


Per illustrare questa parola ne avevo di antagonisti tra cui scegliere, e oltre a più di un antieroe... eppure, quando ho iniziato a definire in quale dei miei mondi fantastici ambientare il brano, ho scoperto che stavo usando questo aggettivo per un personaggio che appare in un altro brano come un protagonista benevolo e positivo. Fino a che non si scopre la verità sul suo passato perduto.


Il giorno in cui quella nefanda gente comparve nella Valle, capii fin da subito che avrebbe portato guai.
Mi ero unito ai Guardiani della Valle perché credevo nella pace e nell'armonia che professavano, eppure solo gli dei sanno quanto fu difficile restare al mio posto, non reagire mentre gli invasori spingevano i cavalli a calpestare i miei compagni che sbarravano il passo. Erano venuti da noi per la promessa di un tesoro che non esisteva, o almeno, non nel modo in cui lo intendevano loro. Il nostro tempio, la nostra terra, non custodiva né oro né pietre preziose, ma qualcosa il cui valore superava di gran lunga entrambi.
Avevamo cercato di spaventarli. Io, e altri novizi che come me erano stanchi di veder soffrire amici e fratelli. Di nascosto dai sacerdoti, di notte, avevamo rubato le loro provviste, messo in fuga i cavalli, appiccato il fuoco al loro accampamento. Ma non eravamo riusciti a dissuaderli.
Nessuno dei Guardiani aveva mosso un dito. Nemmeno quando i banditi avevano frugato il tempio in cerca di idoli d'oro. Non li avevano combattuti. Non si erano difesi.
Avevano lasciato ai malvagi la libertà di minacciare e distruggere e uccidere.
Si erano limitati a pregare il fuoco di drago affinché li aiutasse. Ma la Nostra Signora non era venuta a salvarci.
Non prima che il capo di quegli uomini, il peggiore tra loro, compiesse il più nefando dei gesti: scendere nel ventre della terra, nel più sacro dei luoghi, lì dove a nessuno era consentito andare.
Tentai di seguirlo dopo la comparsa della Nostra Signora, che solo a quel punto era intervenuta per renderli inoffensivi e permetterci di catturarli. Ma lei mi impedì di scendere i gradini.
– Sarà ciò che deve essere – furono le sue parole.
E ora dobbiamo inchinarci a lui, lui che a dispetto della sua scelleratezza è stato premiato con il fuoco di drago, e lasciargli decidere la sorte dei suoi vecchi compari.
I Guardiani dicono che ha già pagato, che dimenticare chi è stato è la sua condanna.
Ma io dico che non è abbastanza.

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