lunedì 24 giugno 2019

Personaggio: Sara dei Sortilegi

Era ovvio che tra veggente o messaggero, la mia scelta ricadesse sulla veggente. E tra le tante che popolano le mie storie, ho scelto quella che maggiormente incarna l'idea di un misterioso e onnisciente oracolo.

Immagine creata con Mega Anime Avatar Creator di Rinmaru Games


La storia di Sara dei Sortilegi è nata proprio dal suo nome. Dall'etimologia di sortilegio, da quella forma di divinazione che proviene dall'estrarre a sorte, ho tratto il personaggio di una ragazza privata del destino, bloccata nel tempo, a cui la Sorte ha offerto la possibilità di farsi sua messaggera, per continuare in qualche modo a esistere. Sara non poteva che essere una veggente, una talmente brava che è impossibile non crederle, nonostante l'apparente giovane età. Unico limite di Sara è che appunto lei legge la sorte, le possibilità e i cambiamenti che comportano le scelte individuali, e non i punti prefissati decisi dal Destino (nella sua storia, Destino e Sorte sono entità realmente esistenti).
Quella attorno a cui è incentrata la storia, la sua profezia più importante, la riguarda, perché in fondo si tratta di una richiesta di aiuto.
A differenza di altri personaggi non ho difficoltà a immaginare Sara, anche a distanza di tempo, perché il primo brano che ho scritto è proprio la sua descrizione: "Dire che è un tipo originale o bizzarro è decisamente dire poco. Vive da sola fuori dal paese, ma spesso la si vede passeggiare per le vie, indossando solo vestiti che lei stessa ha cucito. Esatto, come si faceva un secolo fa. E si dice che Sara fosse già qui ai tempi dei miei nonni, eppure, l'ho vista, sembra avere la mia stessa età. Sara, così antica e giovane... Ha lunghi capelli corvini che porta talvolta in una treccia spettinata, ma più spesso sciolti e liberi lungo la schiena. Raramente parla, a meno che non sia interpellata, e allora le sue parole valgono oro. Già, perché tutto ciò che lei dice avviene. O almeno questa è l'opinione di quelli che le hanno chiesto un consiglio. E un'altra cosa che hanno notato sono i suoi occhi, come due pozzi neri. Non che abbia gli occhi completamente neri, solo le iridi. Ma quando li fissi, cioè quando lei ti fissa... è come se in quegli occhi ci fossero tutte le cose del mondo, tutti i luoghi, i tempi, le saggezze e i segreti."


Questi i brani già scritti nel blog in cui compare Sara dei Sortilegi:
Primo incontro con Sara
Sara senza Destino
Sara e il destino di Mattia


L'esercizio richiede di scrivere un brano che riguarda la consegna di un messaggio o la rivelazione di una profezia, e la reazione in chi la riceve. La reazione è in parte già contenuta nel secondo brano tra quelli qui sopra, quindi ho scelto di scrivere la scena immediatamente precedente.


Ero stato altre volte da Sara. Lei mi parlava spesso di me: sembrava che le bastasse un'occhiata per scoprire tutto ciò che mi riguardava, anche le cose che ancora non erano successe.
Di lei, invece, io non sapevo quasi niente.
Eravamo seduti al tavolo della sua cucina, e lei stava spalmando la ricotta su una fetta del pane bruno che aveva sfornato quella mattina, quando Sara se ne uscì con quella domanda che in un primo momento mi parve strana, detta da lei.
– Mattia, rammenti la fiaba della bella addormentata?
– Eh? Oh, sì sì – borbottai dopo il primo attimo di smarrimento. Pensai che ero troppo grande per le favole, e lei pure.
– La fanciulla condannata a morire il giorno del suo sedicesimo compleanno... – mormorò Sara, prima di addentare il suo spuntino.
Io, che invece avevo scelto la sua marmellata di more per rendere commestibile quel pane troppo amaro, ripulii il coltello sul bordo arrotondato della fetta e la contraddissi: – No, non morire. Non si era addormentata? Lo dice anche il titolo.
Sara mi fissò con quei suoi occhi di un nero tanto intenso, due pozzi che contenevano tutte le storie del mondo. Un po' spaventato, distolsi i miei.
– Sì. Una delle sue madrine mitigò la maledizione, secondo quanto si tramanda.
Aggrottai la fronte. A sentire Sara, sembrava quasi che fosse accaduto davvero. Ma era solo una favola, ricordai a me stesso, giusto?
– Poni, piuttosto, che non sia stata salvata da altri – proseguì invece lei, tra un morso e l'altro. – Poni che la sua volontà sia stata così forte, da rifiutare ella stessa il suo destino. Da fermarne il corso. E così, l'alba del suo sedicesimo compleanno non sarebbe mai sorta su di lei.
L'ascoltavo ormai senza fiato. Non ero intelligente quanto Luca, ma avevo capito che mi stava dicendo cose che riguardavano lei, in qualche modo. Però non capivo in che modo.
Annuii con un blando "ah-ha", anche perché avevo la bocca piena.
Sara raccolse le briciole in una mano, si girò e si avviò alla finestra aperta di fianco al lavello. – Un simile gesto comporta, naturalmente, un prezzo. La fanciulla non aveva del tutto compreso il prezzo di ciò che aveva ardito fare. Fu il tempo a insegnarglielo, tenendola imprigionata in un'esistenza senza fine, eternamente consapevole dei moti e dei mutamenti che governano le vite altrui, e allo stesso tempo conscia che per lei nulla potrà mai accadere.
Sara gettò le briciole fuori dalla finestra e si girò. – E ora narrami, se non ti dispiace, come termina la fiaba.
Mandai giù il boccone. Non sapevo se Sara mi stava chiedendo come finisce la vera storia della bella addormentata, o la sua versione. Nel dubbio, recitai a memoria quella che conoscevo. – Allora, arriva il principe che la bacia, la bella addormentata si sveglia, si sposano e vissero per sempre felici e contenti. Fine.
Sara mi rivolse un sorrisino pietoso. Lo conoscevo: era lo stesso che faceva Rosa quando pensava di sapere qualcosa che noi maschi non sapevamo.
Sara avanzò e tornò a sedersi al suo posto. Appoggiò le braccia sul tavolo e si protese in avanti. – Se ti rivelassi che la persona destinata a destarmi dal mio sonno si trova esattamente qui, di fronte a me... tu che cosa penseresti?
– Be'... – esitai e deglutii di nuovo, anche se non avevo niente in bocca. La prima cosa a cui avevo pensato era che Sara non stava dormendo, ma quello era in pensiero stupido. Poi per secondo avevo pensato di chiederle "perché io?", e per terza mi era venuta in mente la domanda "intendi con un bacio?", ma non sapevo davvero se chiederglielo o no, anche se ne avevo tanta voglia. Di chiederglielo, voglio dire.
In qualche modo, come faceva sempre, Sara sapeva su cosa ero indeciso. Io so che lo sapeva, perché prima ancora di chiedere, lei rispose a entrambe le domande: – No, solo in una fiaba si può restituire una vita con un bacio. Nella realtà, per aggiustare un destino perduto serve coraggio.
Sara si raddrizzò, sbirciò la porta alle mie spalle e mi rivolse un sorriso vero, sorvegliato dai suoi occhi misteriosi e profondi. – Sapevo che eri tu fin dal primo giorno in cui hai attraversato la mia soglia. Ogni tua scelta, accettare la scommessa dei tuoi amici, rimanere dopo i primi due minuti, tornare di continuo nella mia dimora... tutto ciò ha lo scopo di spingerti in una sola direzione, verso un punto oltre il quale io non vedo. È il tuo destino, Mattia, di restituirmi il mio.
Non sapevo che dire. Tutte le domande che avevo si erano spente. Certo, non credevo in cose come il destino, ma quello era stato prima di incontrare lei.
Ne era rimasta una soltanto, di domanda, che si illuminò all'improvviso. – Ma, se io ti aiuto a fare quello che hai detto... tu muori?
Sara si limitò ad annuire gravemente, e io restai lì impietrito.
Nella sua fiaba non c'era un lieto fine.

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