sabato 8 giugno 2019

Ieratico

La parola di questo sabato viene dal greco, e se ti dico che il significato del termine da cui deriva è "forte", "vigoroso", difficilmente riuscirai a indovinare il senso che ha assunto oggi nella nostra lingua.

Ieratico [ie-rà-ti-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che) 1. Del sacerdote, specialmente delle antiche caste e religioni. 2. fig. Assorto, austero, solenne.

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Chi mi conosce ormai lo sa, non mi piacciono le soluzioni troppo semplici. E così ho scartato tutte le varie figure di sacerdoti e sacerdotesse che si muovono nelle mie storie, poi ho scartato gli elfi che anche quando non sono figure religiose un che di ieratico ce l'hanno per natura... e sono rimasta con il verso di una canzone: "I've the face of a sinner but the hands of a priest" ("Moon Over Bourbon Street", di Sting). E se sai di cosa parla la canzone, non ti sarà difficile indovinare che cos'è almeno uno dei personaggi che popolano questo brano.


La prima volta che lo vidi, il giorno in cui mi salvò, pensai di lui che fosse un prete. Non indossava un abito talare, non portava un collarino ecclesiastico, eppure tutto in lui, il suo portamento distinto, la sua voce pacata, la forza che emanavano i suoi gesti lenti, le parole ricercate che deponeva con cura nelle mie orecchie, sembrava indicare la sua appartenenza a un qualche tipo di clero. Era ieratico il suo incedere, ed era nobile il suo profilo, e fu casto quel primo bacio con cui mi sfiorò la fronte nel riaccompagnarmi a casa.
Avrei voluto chiedere se lo avrei rivisto, ma ero troppo scossa per parlare. Non mi girai nemmeno: preferivo immaginarlo lì, a seguirmi con il suo sguardo intenso dal cancello, piuttosto che voltarmi e scoprire che era svanito come polvere nel vento.
Una parte di me non voleva illudersi. L'altra, invece, aveva una certezza: lui sapeva dove trovarmi.
Vennero altri incontri, e altri baci, meno casti. Venne la rivelazione, sotto forma di un dagherrotipo, che mi chiarì la verità circa la sua natura. No, decisamente non era un prete.
Poi venne il giorno in cui mi presentò a sua figlia. Vanessa, pallida e regale quanto lui, mi attendeva al centro della stanza oscurata da tende pesanti e rischiarata dai lumi.
Non era affatto più vecchia di me, mi aveva assicurato lui; eppure il suo cipiglio austero e la postura ieratica mi fecero dubitare che la ragazzina in abiti di merletto nero avesse davvero l'età che dimostrava. Mi feci avanti per salutarla, ma Dimitri mi strinse forte una spalla. Padre e figlia si scambiarono uno sguardo feroce, senza parole. In un battito di ciglia, lui scattò e inchiodò la ragazzina al muro, sollevandola da terra con una mano sulla sua gola.
– Non farle del male! – strillai angosciata. Non m'importava che lei avesse in mano un pugnale, né che il suo sguardo feroce fosse rivolto a me.
Senza lasciarla, Dimitri si voltò. – Mia amata – disse, mellifluo come al solito. – L'unica che corre quel rischio, in questa casa, sei tu.

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