giovedì 17 novembre 2022

La yuki-onna e l'Infero


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Egor Kamelev da Pexels


Il crepitare delle lamiere del tetto e dei vecchi tubi che percorrevano il soffitto ricordava molto da vicino lo scricchiolio di un ghiacciaio nelle stagioni dei mutamenti, e gli echi misteriosi amplificati dall'ampio spazio vuoto, ciò che restava dei rumori di un traffico lontano attutito dagli spessi muri del magazzino, erano paragonabili al soffio di un vento gelido che spazzava il pack nelle lunghe notti polari. Tanto più che il pavimento del vecchio magazzino abbandonato era ricoperto davvero di una spessa coltre di neve, percorsa da una fila di impronte, e uno strato di ghiaccio foderava i muri di mattoni e ricamava un merletto di galaverna sui pilastri che si susseguivano regolari come le colonne di un tempio. Una serie di bianche e fredde luci al neon rifletteva un chiarore lunare sul paesaggio invernale.
Fuori era tutt'altra stagione. Non era strano dunque che la donna che aveva lasciato una scia di impronte nella neve fin dalla porta del magazzino fosse vestita assai poco, in maniera discinta e provocante: stivali neri sopra al ginocchio, una minigonna in pelle di una sfumatura cupa da cui salivano strisce di pelle in forma di fiamme che la congiungevano, senza coprire troppo del suo corpo snello e tornito, a un top in pelle rossa con le spalline abbassate sulle braccia. Strano era che la donna, nonostante il suo abbigliamento essenziale la lasciasse quasi nuda, pareva non patire in alcun modo il gelo accumulato nel magazzino, né il suo respiro si condensava in sbuffi di vapore come ci si sarebbe aspettati. Il vapore, piuttosto, sembrava emanare in una nebbiolina rossastra dalla sua intera figura, turbinando a ogni passo delle lunghe gambe.
La donna si fermò di fronte all'unica altra creatura vivente che osava sfidare il freddo di quel regno di ghiaccio.
La creatura minuscola, china su una bolla congelata, pareva una bambola di porcellana. Il corpo dalle proporzioni di donna, avvolto in cristalli di brina che formavano una veste aderente, non era più alto di quello di una bambina di sette anni.
L'ombra della donna calda oscurò la creatura del freddo. Gli occhi di quest'ultima, due perle traslucide dalla pupilla verticale, si sollevarono dalla sfera di ghiaccio e valutarono l'intrusa.
– Quale onore, un Infero nella mia dimora! – disse la donnina di neve, la voce stridente come lame di gelo. – Benvenuto. Ti piace il mio mondo?
La donna Infero sogghignò e non si diede la pena di guardare oltre ciò che aveva già visto, nonostante il gesto d'invito a braccia allargate dell'altra. – Un misero mondo per una fiera yuki-onna, un magazzino dimenticato dagli uomini. Una volta quelle come te abitavano le vette inviolate dei monti, ma suppongo che con l'andare del tempo il piccolo popolo sia diventato davvero piccolo.
Una smorfia di disgusto passò sulle labbra della creatura d'inverno, subito mascherata da un sorriso di scherno. – Non li hai letti i giornali? Non esiste più alcuna vetta inviolata. Intrusi privi di rispetto si vantano di aver conquistato le nostre antiche terre, e ogni anno nuove orde invadono le cime dei monti più alti. Non c'è pace, lassù, per noi.
La donna infero si piegò verso la più piccola. – E non li hai uccisi? Tu che sei l'incarnazione del freddo, non hai saputo liberarti di loro? Una volta, la ferocia della tua stirpe era leggendaria, ma come ho detto, a quanto pare vi siete ammorbidite, anzi, oserei dire... sciolte.
– Io non uccido! – ribatté la yuki-onna, le parole quasi indistinguibili nello stridore della sua voce. – Io preservo la bellezza.
Con un gesto stizzito indicò dietro di sé. La donna Infero si raddrizzò e lasciò vagare lo sguardo acceso di cremisi su quelle che a prima vista parevano statue incrostate di ghiaccio. Pallidi e freddi, i corpi appartenevano tutti a giovani uomini di bell'aspetto, immortalati nell'atto di fuggire o di abbracciare la figura assente di colei che li aveva traditi, strappando loro in un attimo la vita e il calore.
– Quegli intrusi che sciamano sui monti come formiche su una carcassa, per la maggior parte, sono indegni di essere i miei prescelti – concluse la yuki-onna.
La donna Infero fece spallucce. La sua voce suadente si fece all'improvviso fredda e tagliente. – Non sono qui per spingerti a tornare da dove sei venuta, o meglio, lo sono, ma... dopo che avrai portato a termine ciò che voglio, restare là o tornare a rifugiarti in questo buco è una scelta che non mi riguarda.
– Che cosa ti fa credere che io farò quello che...
La donna Infero zittì la replica dell'altra pronunciando un singolo nome, poche sillabe che avevano il sapore della neve che danza nell'aria e si accumula a terra in una candida fodera di silenzio. L'unica parola che poteva vincolare la yuki-onna all'obbedienza, il suo nome.
La yuki-onna fece uno scatto verso l'altra, le dita mutate in ghiaccioli aguzzi e una selva di zanne tra le labbra spalancate, ma subito dopo quello scatto d'ira chinò la testa e piagnucolò: – Chi te lo ha detto... come lo hai saputo? Il mio nome...
– Non ha importanza – tagliò corto la donna Infero. Si chinò di nuovo e le posò una mano sulla testa. – Ascoltami adesso. Devi andare sulla montagna che ti dirò, e cercare una casupola isolata, tra le nevi perenni, là dove i segugi infernali non possono andare. Vi troverai due esseri umani, due fuggiaschi, un uomo e una donna. Lui è uno degli ultimi sapienti, conosce le parole del potere, i nomi di alcuni Inferi e di creature altrettanto pericolose che potrebbe aver già evocato per tenerle al suo servizio, e i modi per trattenere gli esponenti del piccolo popolo e annullare la loro magia, perciò fai attenzione, non farti abbindolare. Di lui puoi fare quello che vuoi, ucciderlo, preservarlo, non mi interessa.
Un lampo di divertimento dipinse riflessi iridescenti negli occhi della yuki-onna, e le sue zanne si disposero in un ghigno affilato.
– La donna la riconoscerai per il ventre gonfio e la puzza da Infero che le aleggia attorno...
– Ma hai detto che era umana! – protestò la yuki-onna.
– Lei sì – confermò la donna Infero, e ciò che non disse fu altrettanto eloquente. – Devi portarmela intera e senza un graffio. Nemmeno un'ammaccatura al suo corpicino delicato, in nessuna parte di esso.
– Tu vuoi quello che ha dentro – indovinò la yuki-onna. – Ma non vuoi che si sappia che ce l'hai tu.
– Sai, sei quasi troppo intelligente per il tuo stesso bene, fanciulla della neve. Se non avessi il tuo nome, a questo punto saresti già morta.
La yuki-onna sapeva di essere in una posizione di svantaggio, perciò non disse nulla. Ma sapeva anche di essere paziente come il ghiaccio, e sapeva che un giorno, tra mesi, anni, o forse secoli, l'Infero sotto forma di donna si sarebbe pentito amaramente di aver usato il suo nome contro di lei, di averla minacciata nella sua stessa casa, di aver violato l'immacolata perfezione della coltre di neve con le volgari orme dei suoi stivali da meretrice.
Lei, l'incarnazione della neve che danza nell'aria e si accumula a terra in un silenzio ovattato, si sarebbe assicurata di diventare la sua rovina.

Nessun commento:

Posta un commento