giovedì 3 novembre 2022

Missione nel deserto


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Miles Hardacre da Pexels


Qualcuno mi urtò la schiena e tutt'a un tratto fui acutamente consapevole delle urla, delle risate, delle porte che sbattevano, dei ragazzi che andavano e venivano lungo il corridoio della scuola spintonandosi e facendo un casino della malora. Imprecai sottovoce, ferma in piedi in mezzo a loro. Non ero più dove dovevo essere, e in questo corpo avevo fame, essendo ormai quasi ora di pranzo. Era venerdì, e al contrario di quelli che ancora si aggiravano per i corridoi io non avevo attività pomeridiane o programmi per il fine settimana da discutere con i compagni di classe, quindi in teoria avrei dovuto camminare in modo automatico fino alla fermata dell'autobus, salire quando fosse passato, e lasciare che mi portasse fino a casa mentre ero immersa in un piacevole oblio, e impegnata a fare tutt'altro su Essensis. Non sapevo come fosse per le persone normali, avevo sentito dire qualche volta che poteva accadere anche a loro di fare qualcosa senza poi ricordarsi di averlo fatto, soprattutto se era qualcosa che facevano di continuo. Per me, che ero una duevite, questa sorta di pilota automatico era fondamentale, ma ancora lo stavo affinando in situazioni che potevano distrarmi così tanto come quel corridoio affollato. Era stato facile ignorarla prima, ma ora che la sentivo, tutta quella confusione, le voci che si sovrapponevano una sull'altra, le grida di chi voleva farsi sentire da un compagno che si era allontanato, le proteste per gli spintoni, e quelle dannate porte che nessuno chiudeva mai con un minimo di delicatezza, non riuscivo più a relegarle in un angolo della mia mente, e più le sentivo e più mi irritavano, e avrei tanto voluto prendere tutto il fiato che riuscivo a inspirare e poi urlare, più forte che potevo, sopra le voci di tutti: silenziooo!
Ma ero troppo timida per poterlo fare. Il mio mantra, in questa vita, era "non attirare l'attenzione".
La forte stretta di Hashum il Lupo sulla mia spalla mi strappò al corridoio affollato e mi riportò alle dune del Deserto Sordo di Essensis, e allora la caciara dei ragazzi nei corridoi di una scuola dell'altra vita divenne solo un lieve sottofondo nel retro della mia mente.
– Concentrati, Testablu.
Sbrigativo come al solito, gli era bastata un'occhiata per accorgersi che avevo perso la presa su questo mondo, e un gesto per restituirmi ad esso. Riprese poi a parlare con l'altro Bollatore, Ruras il Nomade se avevo capito bene il suo nome, che era l'esperto di catture nel deserto. Il suo apprendista, Kranio, un soprannome senza dubbio, era un ragazzo poco più grande di me, che mi lanciava occhiate beffarde.
Così mi sembrò, ma quando riprendemmo ad arrancare nella sabbia in direzione delle caverne dove con tutta probabilità si era rifugiato il nostro obiettivo, il terribile Sicario del Sud, Kranio mi affiancò e mi disse: – Io mi chiudo in bagno.
– Cosa? – mormorai, spiazzata da quell'affermazione.
– Nella mia scuola, in fondo, al piano terra, c'è un bagno che si può chiudere dall'interno. Mi metto là quando ho bisogno di isolarmi dal mondo, sai, per restare... – Il mormorio si smorzò nel silenzio strascicato dei nostri passi. – Quando ho finito, se è ora di andare a casa esco dalla finestra, così non do nell'occhio. È una finestra rotta, e nessuno ci fa caso se resta aperta.
Gli rivolsi un mormorio d'assenso. Io non avevo un posto del genere, e nemmeno lo volevo, quel che intendevo fare era diventare più brava nel mantenere la presa su un mondo o sull'altro a seconda delle circostanze, e a dispetto delle distrazioni.
Il mormorio nella mia testa si era affievolito quando raggiungemmo l'imboccatura delle caverne, segno che almeno dall'altra parte mi ero messa in cammino verso la fermata dell'autobus, quando da questa mi ero mossa attraverso il deserto. Non osai provare a dare un'occhiata, per paura di attirarmi un rimprovero da parte di Hashum e di Ruras, o ancora peggio di distrarmi proprio adesso che eravamo in vista dell'obiettivo.
Ruras diceva di essere certo che il Sicario si fosse rifugiato nelle caverne, quindi accendemmo una torcia fosforica ed entrammo. Esplorammo per bene quel labirinto di cunicoli, senza trovare traccia di chi stavamo cercando. O meglio, tracce che qualcuno fosse stato di recente nelle caverne ce n'erano, ma non potevamo essere certi che si trattasse del Sicario.
Almeno, finché il Sicario non ci attaccò.
Sbucò senza preavviso da una diramazione che avevamo già esplorato e si avventò su Kranio roteando una mazza ferrata. I lunghi chiodi di quell'arma rudimentale si conficcarono nella testa dell'apprendista, che fu sbattuta contro la dura roccia della caverna. Vicinissima a lui, lo vidi afflosciarsi e non potei fare nulla.
Quella fu la prima volta che vidi qualcuno morire durante una missione dei Bollatori. Sapevo che poteva accadere, era parte del mestiere, ma vederlo rese tutto all'improvviso molto più reale, e io mi bloccai. L'altro mondo, quello in cui ero al sicuro, quello in cui un autobus affollato fino all'inverosimile e vociante di ragazzi mi trasportava a casa era una tentazione troppo grande per non considerarla, e per un istante lo feci, ma poi mi ricordai che non potevo mollare alla prima difficoltà.
Ruras il Nomade nel frattempo aveva usato una pistola stordente sul Sicario del Sud, e Hashum il Lupo gli teneva bloccate le braccia mentre recitava i capi d'accusa e la sua condanna prima di imporgli il marchio che lo avrebbe rinchiuso in un bollo, una prigione delle dimensioni di un minuscolo quadratino di carta.
Quando tutto fu fatto, Ruras si avvicinò e rivolse uno sguardo pietoso a ciò che restava del suo apprendista.
– Tutto bene? – mi chiese, e anche se una risposta sincera non sarebbe stata quella, gli dissi di sì.
Mi ero consolata pensando che almeno a Kranio restava tutta un'altra vita da vivere, anche se non sarebbe mai diventato un bollatore. Ma la settimana dopo la notizia fece il giro di tutte le scuole, e per quanto lontana, arrivò anche nella nostra.
Da qualche parte, non sapevo bene dove perché a chiedere in giro tutti parlavano di una città e a volte anche di una nazione diversa, era stato ritrovato un ragazzo chiuso in bagno dopo l'orario scolastico. La porta non si apriva e quando erano entrati dalla finestra rotta, lo avevano trovato sul pavimento del bagno, in coma. Le voci dicevano che si fosse chiuso lì per drogarsi, che lo avesse già fatto in passato e che stavolta ci era rimasto, ma io sapevo la verità. Troppi dettagli che coincidevano per definirla una coincidenza. Quel ragazzo in coma io lo avevo conosciuto in un altra vita, in un altro mondo, con il nome di Kranio.
Quello che gli era successo mi rivelò che la posta in gioco era ancora più alta di quanto avessi supposto, perché se fossi morta in una delle mie due vite, non avrei avuto una seconda chance. Ma non mi fermò dal diventare un Bollatore e dal fare quello che feci.

Nessun commento:

Posta un commento