lunedì 31 ottobre 2022

Inferno Spa


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C'era un motivo per cui l'Azienda andava così bene, nonostante i colossali buchi nel nostro bilancio. Il merito andava tutto al nostro principale investitore.
Quando ero stato assunto, una dozzina di anni fa circa, non avevo capito esattamente di che cosa si occupava l'Azienda. Non avevamo un'officina né un magazzino, perciò non ci occupavamo della produzione di beni, utili o inutili che fossero. Nemmeno chi mi aveva assunto, un'altra rotella del grande ingranaggio, era stato in grado di spiegarmi esattamente lo scopo dell'Azienda. Si era limitato a dirmi quel che avrei dovuto fare io, un noioso, ripetitivo, infernale compito di inserimento dati; e per quanto riguardava il quadro generale, le sue parole erano state una nebulosa e inconsistente sfilza di orridi termini burocratici che non avevano definito alcunché di concreto. Aveva tutta l'aria di un discorsetto imparato a memoria, il che mi fece capire che nemmeno lui sapeva realmente di che cosa si occupava l'azienda.
Perlomeno pagavano il giusto per un lavoro d'ufficio, non una cifra eclatante ma nemmeno una miseria al di sotto del limite di sopravvivenza, cosa abbastanza rara di questi tempi, perciò avevo accettato. E da allora ero rinchiuso in questa bolgia dantesca dai pavimenti lucidi e dalle pareti bianche, nel mio ristretto cubicolo di fronte a uno schermo. I colleghi più vicini al mio minuscolo spazio vitale erano già qui da parecchi anni quando ero arrivato, perciò si erano ormai adattati ai ritmi dell'ufficio, e di scambiare due parole ogni tanto neanche a parlarne.
Odiavo il mio lavoro. Odiavo il ritmico ticchettio delle dita sulla tastiera che scandiva le mie giornate, odiavo il telefono che squillava in continuazione nei cubicoli delle centraliniste due file più avanti, odiavo il ronzio della stampante che mi forniva nuovi dati da inserire nelle schermate monotone del gestionale. Le uniche voci umane che udivo erano quelle delle centraliniste che ricevevano le telefonate, e quelle dei commerciali alle mie spalle, in fondo alla sala. Almeno, supponevo che fossero commerciali, lo avevo dedotto dal loro continuo parlare di clausole, contratti e pagamenti. Quindi, o erano commerciali, o erano avvocati.
Al lavoro non mi sembrava di fare nulla, nulla di utile perlomeno, eppure la sera tornavo sempre a casa stanco, svuotato, come se nel corso di quelle ore tediose qualcuno avesse spremuto da me tutto l'entusiasmo della mia gioventù. Mi sentivo, in realtà, molto più vecchio dei miei anni, pieno di acciacchi che non avrei dovuto avvertire. Non avevo la forza per uscire a divertirmi come un tempo, né la voglia. La sera, dopo cena, restavo sveglio unicamente per rallentare il tempo che mi rimaneva prima della prossima giornata in ufficio.
Da qualche tempo mi ero messo a indagare, un po' per l'ultimo guizzo di curiosità che avevo conservato, e un po' perché dopo anni quel lavoro era diventato talmente banale che avrei potuto farlo a occhi chiusi e per inerzia. Mentre le mie dita danzavano sulla tastiera, e lo sguardo passava dal foglio allo schermo, con una parte del mio cervello ascoltavo il mormorio delle centraliniste e dei commerciali, prestando particolare attenzione quando sentivo qualche parola che potesse condurmi a comprendere gli scopi dell'Azienda. Che compravamo e vendevamo dati era una cosa piuttosto scontata, ma a chi e per che motivo non mi era mai stato del tutto chiaro. Sarebbe stato molto più semplice venire a capo di qualcosa, se l'Azienda non avesse scoraggiato le relazioni tra colleghi, al punto da non prevedere pause caffè in un ambiente condiviso, e nemmeno una cena aziendale annuale. L'unica cena aziendale di cui ero venuto a conoscenza era quella a cui partecipava la dirigenza, i soci e gli investitori esterni sul finire del mese di ottobre, e l'unico dipendente ammesso a parteciparvi era il fortunato che stava per ricevere una promozione. Si rallegravano quelli che a metà del mese di ottobre ricevevano l'invito stampato a caratteri gotici inserito in una busta rossa, e il resto di noi plebei ruminava invidia in silenzio, ben attenti a non farsi cogliere in fallo dal nuovo futuro capo.
Io avrei tanto voluto chiedere a uno di loro dettagli sulla cena aziendale, ma il fatto è che dopo tale evento il fortunato non si mescolava più alla folla dei dipendenti. Non lo si rivedeva, e di lui o lei si poteva solo dire che era andato a stare in un posto migliore.
Quest'anno, finalmente, avrei scoperto io stesso che succedeva a una di quelle cene. La busta rossa, infatti, era arrivata a sorpresa nel mio cubicolo. Mi chiesi che avessi mai fatto per di essere scelto, non mi pareva di aver fatto nulla di particolarmente meritevole che attirasse l'attenzione della dirigenza. Ero puntuale, questo sì, poche assenze e molta cura nel non commettere errori, cosa che diventava difficile a un certo punto quando tutte le cifre e le lettere tendevano ad assomigliarsi e perdere ogni significato. Ma nulla che mi avesse mai fatto risaltare al di sopra dei miei colleghi d'ufficio.
Facevo la mia parte, da brava rotella di ingranaggio.
Le istruzioni nella lettera di invito erano di sgomberare il mio cubicolo il pomeriggio prima della cena e di presentarmi a un certo indirizzo a una certa ora in un completo elegante. L'indirizzo non corrispondeva a un ristorante di lusso come avevo supposto in un primo momento, bensì a una faraonica villa privata.
Il maggiordomo che mi accolse all'ingresso mi condusse verso una sala da pranzo immersa nella penombra rischiarata da innumerevoli candele rosse, e mi annunciò, trattenendomi per le spalle, con un discreto: – Signori, la vittima sacrificale è arrivata.
Pensai che scherzasse, in un primo momento. Una facezia da gente ricca e stramba, del tipo che cenava con caviale e aragosta a lume di candela, ma poi li vidi. Vidi i dirigenti in lunghe vesti cerimoniali e cappucci neri, e vidi Lui, il principale investitore, l'unico che camminava tra loro a volto scoperto, anche perché le corna non ci sarebbero certo state dentro uno di quei cappucci neri.
Nel vederlo capii in un lampo a che cosa si riferivano i contratti, le clausole e i pagamenti di cui parlavano i commerciali. Cercai di fuggire, ma ormai ero in trappola, quel gigante di maggiordomo che mi stava alle spalle mi spinse dentro e chiuse la porta a chiave, e in quella sala dalle candele rosse io ero l'unico che non aveva un coltello.
Il resto di quella serata non fu piacevole, perciò preferisco non parlarne, non pensarci neppure. Basterà dire che io a quella cena non mangiai niente.
La lettera però non mentiva sulla promozione. Ora lavoro nella filiale principale della nostra grande Azienda, che ha una succursale o a volte più di una in ogni nazione del mondo. Ora so di che cosa ci occupiamo, per che cosa sono stato assunto. Lo stipendio non è più un problema. Peccato solo che per arrivare alla pensione ci vorrà un'eternità intera.

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