giovedì 6 ottobre 2022

Ciò che spuntò un giorno nella Foresta Incantata


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Pixabay da Pexels


Non tutte le storie iniziano con un "c'era una volta". Alcune iniziano con un "non c'è mai stato". Non c'era mai stato, infatti, a memoria di fata (ed è una memoria molto lunga, badate, più ancora di quella degli elefanti) qualcosa di simile a ciò che spuntò un giorno nel giardino di Fata Violetta, ma all'inizio, seppure la cosa suscitò qualche curiosità tanto che giunsero fate e gnomi da tutto il bosco per ammirarlo e cercare di indovinare che cosa fosse, nessuno si diede più di tanto pensiero.
– Sarà una nuova varietà di fiore selvatico – si dicevano gli ospiti di Fata Violetta, e la vita scorreva più o meno come prima, lì accanto al ruscello che scrosciava gioioso, tra i canti delle fate accompagnate da zufoli suonati dai folletti e i magici giochi di luce che dipingevano il bosco d'arcobaleni.
Solo Fata Violetta era leggermente indispettita, poiché lei sapeva che non aveva mai parlato alla terra di quel nuovo fiore, se davvero la cosa era tale, né aveva mai desiderato che spuntasse nel suo giardino.
Dovete sapere, infatti, che la terra della Foresta Incantata era magica. Bastava piantarvi qualche seme mentre si descriveva ciò che si voleva veder crescere, e subito dalla terra cominciava a crescere ciò di cui si era parlato. La sua magia era tanto potente che non si limitava a far crescere alberi, cespugli, erba e fiori come fanno tutte le altre normalissime terre. La terra della Foresta Incantata aveva dato vita a tutte le case delle fate e dei folletti e degli gnomi che la abitavano, nelle forme che esse preferivano. Gli gnomi, quando avevano bisogno di una nuova casa, chiedevano alla terra di far spuntare un fungo gigante, cavo all'interno, con una porticina e finestrelle e tutta la mobilia. I folletti generalmente si accontentavano di un buco in un tronco d'albero, d'altra parte loro amavano gironzolare e non stavano quasi mai in casa. Le fate invece erano più esigenti, e parlavano alla terra di casette dipinte in colori sgargianti, o sfumature pastello, o ancora iridescenti e traslucide come le ali di una libellula, con tetti di marzapane o ricoperti da un prato fiorito, ciascuna secondo la sua indole e le sue esigenze. I giardini delle fate, poi, erano quanto di più bello si potesse vedere, profumati di gigli e rose e lillà e con mille tulipani colorati, narcisi e mughetti e campanelle che tintinnavano nella brezza. Oh, non potete nemmeno immaginare una tale bellezza. Pochi tra noi sgraziati esseri umani hanno avuto la fortuna di vederli, e tra essi, il contadino Girolamo, amico di Fata Margherita.
Dopo aver provato una immensa meraviglia di fronte ai giardini delle fate, Girolamo si era lamentato con la sua magica amica di un raccolto sfortunato dell'anno precedente, e di non essere in grado di curare come avrebbe voluto il giardino che sua moglie amava tanto. Fata Margherita allora gli aveva regalato un sacchetto di terra della Foresta Incantata, spiegandogli come parlare gentilmente alla terra di quel che voleva far crescere una volta seminato.
Ahimè, il rimedio fu peggiore del problema.
Mentre lavorava la terra con gli altri contadini infatti, capitò loro di chiacchierare del più e del meno, anzi, più del meno che del più. Sapete come siamo fatti noi esseri umani, no? Invece di parlare di cose belle, delle gioie che rallegravano le loro giornate, dei piccoli traguardi quotidiani e della bellezza che pure esisteva nel mondo, anche al di fuori della Foresta Incantata, costoro non fecero altro che brontolare per tutto il tempo, lamentandosi di guai, di malanni, di ingiustizie e di acciacchi. E così, furono guai, malanni, ingiustizie e acciacchi ciò che spuntò nel campo in cui Girolamo aveva sparso la terra magica. Non andò meglio nel giardino a casa di Girolamo, poiché la moglie, quando dalla finestra lo vide parlottare tra sé invece di darsi da fare a strappare erbacce e piantare bulbi, uscì di casa e subito prese a rimproverarlo a gran voce per la sua pigrizia e perché non faceva mai niente per darle una mano, e niente fu quello che spuntò nel loro giardino.
Insomma, per evitare la catastrofe, Fata Margherita dovette andare a riprendersi il suo dono granello per granello, e Girolamo riconoscere che gli esseri umani non ci sanno proprio fare con la magia. Fortunatamente per Fata Margherita, nessuna delle altre fate scoprì la disavventura del suo sventurato dono, poiché Fata Margherita aveva riportato di nascosto tutta la terra, e l'aveva poi suddivisa tra i vari giardini per evitare che un grosso mucchietto sospetto nei pressi della sua casa sollevasse domande inopportune.
Ma tornando alla cosa che spuntò un giorno nel giardino di Fata Violetta. Salvo una normale ondata di curiosità, questa non suscitò troppi clamori nella Foresta Incantata, almeno finché rimase un fatto isolato. Ma ben presto altre cose mai viste iniziarono a spuntare nei giardini di Fata Rosa, e di Fata Primula, e di Fata Elleboro, e in tutti gli altri giardini, compreso, sì, quello di Fata Margherita. E sebbene le "cose" fossero notevolmente diverse tra loro, alcune bianche e sottili, che si gonfiavano al vento, altre rigide e lucide, dal suono tintinnante se vi si battevano le nocche, altre tondeggianti e trasparenti, e altre ancora sfilacciate e opache, erano tutte accomunate da due soli fatti: erano spuntate soltanto dei giardini delle fate, e mai altrove, in nessun luogo della Foresta Incantata; e nessuno, né fata, né folletto, né gnomo, e neppure gufo, dato che erano stati interrogati perfino loro a riguardo, sapeva dire con certezza di che cosa si trattasse. Nuovi funghi, nuovi fiori, nuovi sassi erano state le ipotesi ripetute più spesso, ma non avevano mai convinto gli abitanti della Foresta Incantata.
Fata Margherita però aveva un sospetto. Mentre le altre ancora si interrogavano, si dileguò e lesta andò a chiamare il contadino Girolamo, supponendo che quelle nuove piante o funghi o sassi fossero ciò che Girolamo aveva tentato di coltivare senza successo quando Fata Margherita gli aveva, per così dire, "prestato" la terra magica. Quelle cose dovevano essere assai comuni lì dove vivevano gli esseri umani, poiché Girolamo non ci mise molto a identificarle.
– È immondizia – sentenziò il contadino, e poi dovette procedere a spiegare il concetto alle fate, avvampando d'imbarazzo. Perché era fin troppo semplice capire come fossero arrivati fino a lì sacchetti di plastica, lattine, barattoli di vetro e tutti gli altri rifiuti: li avevano portati gli esseri umani, con le loro parole incaute pronunciate sulla terra magica, restituita dopo che ormai aveva già assorbito il sudiciume di parole malsane.
Fu così che le fate scoprirono la verità sul dono che Fata Margherita aveva voluto tenere nascosto, e su quella che per loro era una incomprensibile bizzarria degli esseri umani, quella di creare cose che dopo poco non servivano più o che non si potevano più usare. Lo scoprirono perché per quanto a fondo si possano seppellire, la verità e i rifiuti tornano sempre a galla. E così si conclude la nostra storia.
...ah, e per quanti se lo stessero chiedendo: tranquilli, i giardini delle fate furono ripuliti per bene, Fata Margherita e Girolamo che avevano causato il problema si impegnarono a risolverlo e lo fecero senza usare nemmeno un briciolo di magia, e adesso nei giardini delle fate crescono solo bellissimi fiori profumati. E se ce l'hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi, no?

Nessun commento:

Posta un commento